di Fausto Anderlini – 21 ottobre 2017
Ciò che fa sorridere, se non sghignazzare, in questa vicenda, è il comportamento dell’establishment. Tutto d’un tratto l’enfant prodige portato in palmo di mano fino a che si trattava di rottamare la sinistra si palesa a lor signori come un isterico bisognoso di cure neurologiche, mentre si denunciano come demenziali escogitazioni le deliberazioni solo un attimo prima celebrate come prove di realismo. Gli apprendisti stregoni indaffarati attorno al pentolone degli ‘interessi sistemici’ si avvedono con sgomento d’aver allevato un branco di sfegatati irriducibili ad ogni misura e cautela, che delle loro avvertenze se ne fottono e che vivono il potere come un’avventura esistenziale personale in certo senso senza ritorno. Come una unica, irripetibile occasione.
Una delle cose più sorprendenti è che la biografia di questa giovane e adrenalinica fauna politica affonda le sue radici nella mediocrità subalterna della provincia democristiana. Della quale costituisce una sorta di revanche eroico-banditesca, come a redimere una tradizione familiare di mercimoni e accomodamenti poco onorevoli. A tutti gli effetti il gruppo renziano si muove attorno al capo come una banda cementata da un culto romantico per l’azione. Il gioco d’azzardo come ‘politica pura’. Un piacere in sè, mentre i padri, pure decisivi nella trasmissione dei valori e come tali meritevoli della protezione filiale, ne erano tributari deboli e meschini. Gente che si vive come in un film sapendo che il lusso sovrano che ha assaporato sta per finire.
Renzi e la Boschi come Bonnie and Clyde. Era destino che la loro vicenda si concludesse in uno scenario di razzie di banche locali andando all’assalto della Banca Centrale. Impresa dopo la quale non resta che aspettare che passi a raccoglierli il carretto del solfanaio, degna conclusione della rottamazione come parodia del terrore giacobino.
1 commento
Il gioco d’azzardo come ‘politica pura’: that aroused me! Thanks.