di Gian Franco Ferraris, 22 dicembre 2016
“Cerchiamo di rimanere obiettivi: se la giunta Raggi si sta impegnando per dimostrare che sono dei gran casinari, i disastri prodotti dal governo Renzi sono incomparabili.
1. Italicum: approvato e già spazzato via
2. Riforma Costituzionale: bocciata
3. Jobs Act: sottoposto a referendum
4. Trasformazione banche popolari in spa: riforma sospesa dal Consiglio di Stato
5. Riforma Pubblica Amministrazione: la Consulta ha bocciato il cuore della riforma
6. Restituzione del bonus degli 80 euro da parte di coloro che hanno percepito un reddito inferiore alla no tax area (8.150 euro);
7. Crescita mostruosa dei “buoni lavoro” (voucher)
8. Fallimento della legge 107 sulla “buona scuola”.
Sicuramente mi sono dimenticato qualcosa”.
Questo post pubblicato ieri da Stefano Sylos Labini coglie nel segno e evidenzia una crisi del ceto politico senza precedenti e senza via d’uscita.
Le tristi vicende della giunta capitolina a guida 5 Stelle, al di là dell’accanimento mediatico, hanno poco a che vedere con il fallimento delle ricette Pd/renziane per l’Italia. Tuttavia, un pensiero mi viene ripetutamente alla mente: era facile prevedere la vittoria del Movimento 5 Stelle alle elezioni comunali di Roma e sarebbe stato naturale che il movimento pentastellato avesse messo a disposizione della capitale le persone più competenti e dal passato ‘limpido’ oltre che le energie migliori per dimostrare in una città in crisi e davanti agli occhi del mondo la loro voglia tante volte proclamata di cambiare i metodi della politica e la capacità di risolvere i problemi.
Al contrario, sono state fatte scelte alquanto discutibili e gli esponenti più noti si sono mossi in lite tra loro, con una ferocia e una spietatezza esemplari. Io non ho pregiudizi nei confronti di Virginia Raggi, mi pare una giovane donna che nutre molte speranze sulla vita stessa – a dire il vero non ricordo nulla di quello che ha detto, mi ha colpito in positivo per la scelta di Bernini all’urbanistica e in negativo per quella di Marra. Ma quello che mi ha impressionato sono gli attacchi spietati di cui è vittima. Gli avversari interni poi si sono distinti per una cattiveria inspiegabile che rasenta il fanatismo, mentre chi l’ha sostenuta lo ha fatto senza convinzione. Mi è sorto il dubbio che nel momento in cui si avvicina la possibilità di vincere le elezioni politiche nel movimento 5 stelle prevalga il rifiuto di assumersi una responsabilità; mi viene in mente Ludwig, il re di Baviera che invece di assumersi la responsabilità del regno si ritirò sulle Alpi a costruire costosi castelli e impazzì sognando di essere un monarca assoluto.
Questa mancanza di responsabilità ricorda quello che è capitato nel Pd dopo la risicata vittoria alle elezioni politiche del 2013 grazie a una legge elettorale truffaldina, il Porcellum di Berlusconi-Calderoli. Appena insediatosi il parlamento iniziarono guerre intestine folli che portarono alla mancata elezione di Franco Marini prima e di Romano Prodi poi, alla rielezione di Napolitano (acclamato), alla mortificazione di Bersani e di Enrico Letta, sino all’avvento di Matteo Renzi. Lo statista di Rignano ha una voglia smodata di fare il sovrano, solo che si è comportato come un bullo, un capo Clan, un capitano di sventura del Medio Evo.
Il Pd è il vero carnefice di Virginia Raggi e non perde occasione per accanirsi contro la sindaca, ora sfrutta anche la bocciatura del bilancio da parte dei revisori, ma sappiamo che la Raggi ha ereditato un comune con un deficit di 15 miliardi di euro. Il Pd spera nel fallimento del movimento 5 Stelle a Roma per prendersi la rivincita alle politiche, ma è abbastanza ovvio che se fallisce il movimento di Grillo i voti non rientrerebbero al Pd ma si rischierebbe una frattura insanabile tra ceto politico e società dagli esiti non prevedibili.
Il re del Pd non è solo impazzito ma come nella favola di Andersen è nudo, incapace di affrontare i difficili problemi dell’Italia. Il partito è diviso tra chi spera di mantenere la gestione del potere il più a lungo possibile e la voglia di Renzi di prendersi la rivincita contro l’Italia intera.
E’ triste che in questo quadro desolato, la sinistra non sia in grado di fare una proposta credibile e/o competitiva. Quando il frutto è malato vuol dire che l’albero è malato, una malattia che proviene almeno dalle scelte di Occhetto. Con la fine del PCI, all’epoca Bobbio (che non è mai stato comunista) fu profetico: “la precipitazione con cui si sta buttando a mare il vecchio carico mi pare sospetta … c’è molta merce avariata in giro, molto materiale fuori uso che passa per nuovo”. (1)
Infatti, non si può dimenticare la fine politica di tanti ex comunisti finiti nella rete dei “diversamente” renziani: Fassino, Veltroni, Padoan, Poletti, Minniti, Finocchiaro e che in questi anni hanno sostenuto non solo la riforma costituzionale, ma il Jobs act, la buona scuola, ecc.
Nella campagna referendaria per il NO buona parte della sinistra ha dato il meglio di se stessa ma non si vede all’orizzonte la possibilità di costruire una forza politica in grado di incidere sulla realtò. Non è giusto fare di ogni erba un fascio; persone come Pippo Civati, Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina (pur non in accordo tra loro) si sono distinti per le scelte fatte, ma il risultato politico è di là da venire.
Il cammino, già difficile, è reso ancor più arduo dalla confusione: molti si propongono per far rinascere la sinistra, dall’enigmatico Cuperlo, all’inutile Pisapia, (che peraltro hanno votato si al referendum). Poi ci sono quelli che sperano ancora nella sinistra Pd, che pare più attenta a mantenere la cadrega (a parte Bersani e pochi altri) che a pensare ai destini dell’Italia. D’altra parte la sinistra radicale non può far altro che opera di testimonianza.
A mio modesto parere l’unica strada percorribile è costruire un’alleanza tra la sinistra e il centro; questa strada passa dalla sconfitta totale del PD o dalla separazione consensuale. Per costruire una nuova forza di governo è indispensabile partire da un programma essenziale e condiviso. Dieci, dodici punti che spieghino perché si sta insieme, e si sta insieme qui e non altrove sia una strada percorribile. Alla fine si tratta di fare una cosa che dovrebbe essere semplice “pensare a un programma”, uno strumento capace restituire alle persone la padronanza della propria vita a partire dal lavoro
Ps di Gian Franco Ferraris – 14 giugno 2018
Quella di Luca Lanzalone è la prima vera grana giudiziaria per il Movimento 5 Stelle perchè conferma il verissimo adagio di Tancredi nel Gattopardo “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?” Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
La verità è che i capi e gli amministratori del Movimento 5 Stelle sono molto onesti – onesti come coloro che li hanno preceduti del Pd, di Forza Italia, di Fratelli d’Italia, della Lega e ancora prima di quelli di Alleanza Nazionale e così via sino ai partiti della prima repubblica. Virginia Raggi ha avuto l’opportunità di cambiare per davvero la storia pelosa della nostra Capitale, tutte le persone inesperte all’inizio di un lavoro (ancor più difficile) fanno errori, ma per cambiare il corso delle cose avrebbe dovuto portare aria fresca, limpida a Roma e appoggiarsi a tutti quei funzionari, dipendenti, dirigenti che fanno il lavoro seriamente al contrario si è appoggiata ai soliti “Marra” e poi le cose sono andate ancora peggio quando i Capi del Movimento (ora ministri) le hanno affiancato personaggi come Luca Lanzalone per metterla sotto controllo. Per molti versi ricorda il caso dello sciagurato Ignazio Marino che girava in bici nel terribile traffico romano e il Pd lo ha messo sotto tutela.
Confesso di avere una simpatia istintiva verso Virginia Raggi e ho applaudito quando ha nominato assessore all’urbanistica Paolo Berdini che peraltro ha avuto il pessimo gusto di rilasciare discutibili e fastidiose dichiarazioni sui costumi della Sindaco, prima di essere dimesso.
Il problema vero dell’Italia è che manca il senso dello Stato da parte di tutti: capi e cittadini, tanto è vero che nessun italiano affiderebbe la propria azienda, la casa, la vigna o solo una ruspa a Salvini e Di Maio, nessuno acquisterebbe un’auto usata da loro ma con le elezioni gli hanno affidato il Paese….e uno Stato efficiente e imparziale serve per meritare il ripetto dal mondo intero e tutelare l’interesse generale dei cittadini in carne ed ossa mentre i ricchi i propri interessi se li curano da soli.
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commenti
Paolo Marchesani Sicuramente la imbecillità politica di Renzi, è stata la causa diretta delle sue sconfitte seriali che hanno aperto la strada alla disfatta del 4 marzo u. s. Renzi non ha mai fatto politica, forse non ne è capace. Ha fatto tutto come gestione del potere. Non si sa bene in virtù di che cosa ma, lui riteneva di essere indiscutibile. Persino nelle ultime elezioni, pur sapendo che Gentiloni aveva più favore di lui, ha giocato ancora in prima persona. Sul piano politico puro, la politica renziana, ha fatto cose che ha portato l’elettorato a riconoscere il PD come sistema dal quale derivano le sofferenze dei ceti sociali più deboli. Il problema della sinistra però è ben più ampio del renzismo. Esso deriva dal fatto che negli ultimi 20 anni, man mano che il capitalismo globale prendeva forma e ampliava le disuguaglianze sociali, creando nuove e più ampie povertà, la sinistra in Italia ma,anche in Europa assumeva o la collocazione di tipo Blairiano, ovvero, come Renzi, in pratica dei neo liberali, oppure correva dietro a posizioni di sinistra del secolo scorso, quindi non utile. In questa situazione, entrambi i modi di essere sinistra, hanno perso il contatto e,anche la fiducia di quote significative dell’ elettorato storico e, dei giovani. Ora la sinistra PD o L&U o altri sono li che cincischiano attorno alle leadership e/o qualche tema su come rendere un po più digeribile qualche intervento sul piano sociale. NELLA PRATICA, NON SONO IN GRADO DI PRODURRE NULLA DI SIGNIFICATIVO! Se penso che, nonostante il risultato elettorale, il PD non ha nemmeno fatto una analisi delle cause della disfatta (se lo facesse dovrebbe disfarsi di Renzi ) ed è li che aspetta gli errori degli altri, da la cifra esatta della inadeguatezza della sua classe dirigente. Il resto della sinistra, per il momento non produce nulla, vedremo con il congresso di L &U. Sicuramente, al momento di idee nuove non ne vedo. Circa l’accordo con i moderati, se non si costruisce un retroterra di idee, temo che alla fine si finisca per incoraggiare Renzi ad accordarsicon Berlusconi e i rimasugli di forza Italia
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Roberta De Santis A distanza di un anno e mezzo la situazione non ha invertito la rotta, è peggiorata un po’. Non tanto per la povera Raggi, ormai patetica maschera tragica, ma -quel che è peggio- per l’irreversibile abbrutimento del corpo elettorale del quale Salvini è causa ed effetto. Al fondo di tutto resta la responsabilità individuale dei comportamenti e del voto, e il fallimento del PD non può essere l’alibi per votare/legittimare una classe politica disumana. Il fascismo e il nazismo non nacquero dal nulla ma trovarono, in qualche modo, un humus sociale fertile, e temo che la storia si ripeterà. Non ho umana comprensione per chi -benché disoccupato, sfruttato, abbandonato- ha votato i nuovi mostri.
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(1) “Sono moderato, perché sono un convinto seguace dell’antica massima in medio stat virtus. Con questo non voglio dire che gli estremisti abbiano sempre torto. Non lo voglio dire perché affermare che i moderati hanno sempre ragione e gli estremisti sempre torto equivarrebbe a ragionare da estremista. Un empirista deve limitarsi a dire “per lo più”. La mia esperienza mi ha insegnato che nella maggior parte dei casi della vita pubblica e privata, “per lo più” le soluzioni, se non migliori, meno cattive sono quelle di chi rifugge dagli aut aut troppo netti, o di qua o di là. Io sono un democratico convinto. La democrazia è il luogo dove gli estremisti non prevalgono. La democrazia, e il riformismo suo alleato, possono permettersi di sbagliare, perché le stesse procedure democratiche consentono di correggere gli errori. L’estremista non può permettersi di sbagliare, perché non può tornare indietro. Gli errori del moderato democratico e riformista sono riparabili, quelli del estremista, no, o almeno sono riparabili solo passando da un estremismo all’altro. Il buon empirista, prima di pronunciarsi, deve voltare e rivoltare il problema… di qua nascono l’esigenza della cautela critica e…. la possibilità di sbagliare. Dalla possibilità dell’errore derivano due impegni da rispettare: quello di non perseverare nell’errore e quello di essere tolleranti degli errori altrui.”
(N. Bobbio, De senectute, Einaudi, Torino, 1996, p. 148).
5 commenti
Bel pezzo, condivido in toto.
Angelo d’Orsi titolava su Micromega:
TRA CITTADINI E PALAZZO UN ABISSO SEMPRE PIU’ GRANDE
e concludeva: “…In fondo non ha senso lamentarsene.”
Esatto! Non ha senso lamentarsene! Ha solo senso ragionare su come “rimandare a casa ad occuparsi d’altro, Renzi e la casta”
Il prof. Rodotà in un intervento su la Repubblica titolava:
LA POLITICA E L’ETICA PERDUTA
e concludeva: “…Ma questa constatazione porta ad un interrogativo: come restituire alla politica l’etica perduta?”
Due
aspetti dello stesso problema e quindi la soluzione è unica: sostituire
col RIGORE la MEDIOCRITA’ che intossica il Parlamento. Come? Con la
Costituzione!
Dando per scontato che la mediocrità
non può che riprodurre se stessa, solo un po’ peggio per non farsi danno
da se’, diventa indispensabile una netta cesura, una mossa del cavallo,
uno scarto democratico, per interrompere la trasmissione di quella
mediocrità da un Parlamento al successivo, da una leva politica ai
delfini designati.
E se il suffragio universale,
irrinunciabile conquista di democrazia, ci ha portato a questo percorso
di degrado e declino che pare non aver fine, diventa necessario fare
ricorso per arrestarlo ed invertirlo, ad un “occasionale” ricorso alla
Costituzione dove Essa offe alla Cittadinanza la possibilità di
intervenire DIRETTAMENTE qualora i delegati al Parlamento, si fossero
rivelati incapaci, indegni o complici.
Ancora una
volta devo ripetere su questi spazi accoglienti, ma sordi e ciechi
(MicroMega online), che lo strumento di efficacia assoluta sono gli
artt. 71 e 50, che consentono la Democrazia Diretta Propositiva, che
diventa “Impositiva” se esercitata, in funzionale congiunzione
sinergica, da una Sovranità Popolare REALIZZATA , non solo enunciata.
Il
COMITATO del NO, nato come COMITATO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE,
parrebbe l’entità perfetta per attivare questo processo che potrebbe
rispondere anche alla domanda sull’etica del prof. Rodotà, portando in
Parlamento, da subito attraverso un’agenda di progetti di legge e di
riforme, elettorale compresa, il rigore morale e culturale, le
competenze e l’orientamento al Bene Comune dei suoi promotori. E alle
prossime elezioni politiche direttamente le Persone con una Lista Civica
Nazionale che porti perfettamente le insegne del COMITATO per la
DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, per continuare da quel luogo-istituzione
l’opera avviata sul territorio e consentire alla politica di rigenerarsi
migliore con un po’ di sana astinenza dall’esercizio del potere.
Vogliamo
approfondire un’idea COSTITUZIONALE e funzionale…? Il 21 gennaio il
COMITATO sarà in assenblea a Roma: facciano che si parli del CAMBIAMENTO
REALMENTE POSSIBILE!
Paolo Barbieri
Che meraviglia questa battuta dei “dieci, dodici punti condivisi” ed oplà, ecco fatto il Governo! Degno di Cetto Laqualunque, Quest fenomeni del “detto fatto” sono la piaga inrimarginabile della politica italiana, faccio un paragone comprensibile usando la gastronomia : Che si mangia stasera? In coro “Risotto con i tartufi! ” Benissimo! “Posso fare una domanda ?” “Prego! ” Dove li troviamo? Chi li va a prendere? Quanti ne prendiamo? Chi li cucina ? E soprattutto CHI LI PAGA? Risposta: ” Ah bè se ci fermiamo ai dettagli, io ho dato la linea, sono un intellettuale di sinistra questo è il mio compito il resto mi annoia!”
sarebbe l’ora che invece di ululare al disastro decidessimo di dare la fiducia attraverso elezioni ad un governo migliore dei governi possibili. la classe politica ha tutta la responsabilità dell’orrore politico economico culturale morale in cui versa l’italia ma questa classe politica che ci governa è scelta dal voto popolare cioè noi scegliamo i nostri governanti tra i malandrini corrotti parassiti ecc…. ecc…. quindi noi cittadini siamo correi con questa orribile classe politica colpevoli del disfacimento politico culturale economico morale dell’italia.