di Fausto Anderlini – 28 novembre 2017
Dopo aver letto l’ennesima psicanalata pro-renziana di Recalcati che in venti righe penetra un secolo di storia (da Turati a Renzi), passando per la psiche divisionistica della sinistra gramsciano comunista, sintetizzata nella fulminante coincidenza di conservatorismo-massimalismo-paternalismo, incrociando su questo sbalorditivo percorso cortei funebri, cadaveri insepolti, prefiche piangenti e altre rutilanti mostruosità, sino a vedere in Renzi la stessa necessità storica di un forno crematorio per l’intero ‘900’, viene la curiosità di applicare le stesse categorie di analisi alla psicorecalcomania renziana. Mettendosi dall’altra parte del lettino. Con questo risultato. Renzi è obiettivamente un massimalista di centro e un populista di potere malato di zelighismo, ora obamiano ora macroniano ora berlusconiano, secondo tira il vento e il culo alla bisogna, che col gradualismo turatiano c’entra dunque come i cavoli a merenda. Mentre Recalcati, che vorrebbe psichiatrizzare i renitenti alla leva con gli specchietti ustori della psicoanalisi, figura come il leccaculo naturale attratto dal risucchiante magnetismo del tiramento renziano, e che cerca in queste marchette giornalistiche la soddisfazione di sordidi impulsi sadico-anali. Non ho elementi per dimostrarlo ma la coerenza formale dell’interpretazione regge alla perfezione. Del resto la psicoanalisi ha uno statuto epistemologico incerto. Procede per approssimazioni empirico-descrittive e interpretazioni metaforologiche. E qui, almeno, la correlazione confusionaria fra paraculo e leccaculo è auto-evidente.
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sullo stesso argomento, Peppino Caldarola ha scritto su Lettera 43 del 28 novembre il seguente articolo
La vera lezione di Turati e la distanza col renzismo
Massimo Recalcati sulla Repubblica di oggi invita la sinistra, quella che sta dando vita alla lista unitaria, a ispirarsi a Filippo Turati, una delle più grandi personalità del socialismo italiano. Il Turati che Recalcati oppone ai massimalisti è un leader riformista gradualista che cercò di fermare la scissione di Livorno dei comunisti nel ‘21 e cercò nell’alleanza con Giolitti una via d’uscita alla crisi italiana.
L’ABISSO TRA RENZI E TURATI. Ma di quale Turati parla Recalcati? Il Turati reale era sicuramente un leader riformista, il massimo esponente del riformismo italiano, ma era anche il massimo esponente socialista del Paese con una formazione marxista molto esplicita pur nell’ambito delle divisioni che nei primi del Novecento esistevano fra marxisti e marxismi di varie scuole.
LA VIA MENO TRAUMATICA AL SOCIALISMO. Quello che Recalcati trascura – piccolo particolare! – è che il riformismo e il gradualismo di Turati non furono al servizio di un accordo alla meno peggio con la borghesia liberale ma l’indicazione della via meno traumatica per giungere al socialismo. Mentre Recalcati rimprovera alla sinistra attuale un neo-massimalismo utopico, fa riferimento al leader indiscusso del Psi che voleva arrivare all’obiettivo utopico del socialismo democratico che avrebbe trasformato la società. Se è discutibile che la sinistra attuale sia debitrice del vecchio massimalismo, è del tutto escluso che il renzismo sia un figlio, ancorché degenere, del socialismo turatiano essendo tutta un’altra cosa.
Se è discutibile che la sinistra attuale sia debitrice del vecchio massimalismo, è del tutto escluso che il renzismo sia un figlio, ancorché degenere, del socialismo turatiano
Infine, Recalcati ignora che lo stesso massimalismo italiano, incarnato nella splendida figura di Giacinto Menotti Serrati, non rappresenta, almeno fino all’adesione alla terza Internazionale, una via estrema ma la richiesta dell’attuazione del programma massimo. Stiamo cioè parlando di due leader e di due correnti che avevano nel loro obiettivi la trasformazione della società. Quella che la corrente di Livorno, guidata da Gramsci, tradusse poi nel modello della rivoluzione e nell’adesione all’Internazionale comunista. Se è plausibile una contro-storia in cui si può manifestare il dubbio (nel mio caso una certezza) che il ‘21 fu un errore, nessun è autorizzato a dire che il riformismo storico italiano possa ritrovarsi nel liberismo temperato del renzismo.
L’UTOPIA NEO-LIBERALE. Non è una discussione scolastica perché la scelta di Recalcati porta a certi risultati, quella che io propongo ad altri. Seguendo Recalcati la sinistra che oggi si va riunendo attorno a una lista di sinistra (vi prego non mettete alcun nome di persona nel simbolo, è una cazzata!) dovrebbe scendere dalle nuvole dell’utopia e frequentare la realtà della società d’oggi. A mio avviso sulle nuvole ci sono proprio i neo-liberali anche quelli come Renzi che descrivono società che non ci sono più. Il loro elogio dell’innovazione e dei robot è quanto di più conservatore si possa immaginare perché sfugge al loro orizzonte il tema della condizione umana, della libertà e dignità del lavoro, del colmare le diseguaglianze.
PICCOLI LIBERALI CHE VANNO A MESSA. Queste condizioni tratteggiano la realtà non lo scontro fra un massimalismo utopico e un realismo tardo-turatiano. Io insisto fino alla noia, da ex comunista, nel dire che la fonte di ispirazione di questa fase della vita della sinistra va cercata in altre figure del passato lontano e recente, del socialismo italiano, Turati compreso. E il mio rimprovero alla lista unitaria è di usare con reticenza parole come “sinistra” e “socialismo” e di personalizzare uno gigantesco sforzo collettivo. Renzi ama i teorici che guidano Macron che con Turati con c’entra proprio niente. Come non c’entra proprio niente con alcuna tradizione sociale del cattolicesimo democratico. Siamo di fronte a piccoli liberali che vanno a Messa, forse.