di Toni Gaeta 19 settembre 2016
Questo, purtroppo, accade sempre più velocemente da quando le transazioni finanziarie dominano sullo scenario economico dell’Occidente. La ragione é che una nuova classe sociale ha preso il sopravvento persino sugli imprenditori puri: quelli dediti a lucrare ricchezza, soltanto grazie all’estrazione del profitto, derivante dal plus-valore immesso nel prodotto aziendale dalla forza-lavoro.
Il potere oligarchico di questa nuova potentissima classe sociale é alla base della decisione di separare Governo e Banca Centrale, inizialmente solo in ambito nazionale, poi estesa anche alla BCE. Si tratta di decisioni affrettate, giacché funzionali solo ad una cerchia molto ristretta di esseri umani (che hanno assunto i caratteri tipici degli antichi dei), che ha procurato enormi cambiamenti nella vita sociale, professionale e privata di milioni di cittadini, ignari della provenienza dei sempre più onerosi e devastanti problemi, che sconquassano sempre più la loro vita quotidiana.
L’aver reso la Banca Centrale uno strumento al servizio dei grandi finanzieri é stata una decisione epocale (suffragata dalla creazione in Europa della moneta unica), che ha significato anche nell’Europa socialdemocratica la scalata al potere da parte dei capitalisti più forti ai danni di quelli più deboli.
Come predisse Karl Marx, la concentrazione capitalistica nelle mani di cerchie sempre più ristrette di persone rende le moderne società non più schiave soltanto della ingrata legge del profitto. Infatti, i cittadini sono succubi di decisioni che non sono più originate dalle istituzioni democraticamente elette, ma da un’oligarchia finanziaria, paragonabile ai “nuovi dei”, che imposero le loro volontà alle popolazioni dominate nella Grecia pelasgica. L’ironia della Storia ha voluto che di recente ancora una volta la Grecia sia stata la vittima privilegiata dei nuovi dominatori.
Infatti, come già allora, anche noi oggi siamo succubi di dominatori molto difficilmente individuabili, giacché protetti dai miti contemporanei, generati dall’alta finanza (ad esempio, il presunto “facile arricchimento”) e, quindi, resi inattaccabili. Questi miti, in realtà, nascondono molto bene le necessità di raccogliere adesioni al sistema di dominio finanziario. A tale scopo, quest’ultimo si fonda sulla capacità di rendere “fatali” condizioni di vita, che, invece, potrebbero essere modificate dal popolo, se questi fosse in possesso degli strumenti per individuare l’origine di ciò che viene percepito come ineluttabile e, quindi, come “fato”.
Il volere degli dei e il Dio Mercato
Ciò che mi preme evidenziare adesso é che da millenni ogniqualvolta il “fato” ha sconvolto vite singole e/o collettive, le culture delle civiltà dominanti hanno diffuso l’idea che le cause fossero riconducibili all’imprevedibilità del “volere degli dei”. Questo per fornire ai dominati spiegazioni plausibili, capaci di eludere quelle reali. Ancora oggi i “nuovi dei” dell’alta finanza fanno scrivere ai loro pseudo-economisti e pseudo-giornalisti che le “crisi” economico-finanziarie sono riconducibili all’imprevedibilità dei comportamenti del “Dio Mercato”.
Tuttavia, a cominciare dal dio monocratico, comunque attorniato da divinità minori o semidei (come i santi), emblematici per noi sono tutti i miti conosciuti: quelli che hanno attribuito ad uno o più interventi degli dei o semidei di maggior fiducia, la capacità di offrire spiegazioni, tali da non turbare gli assetti di dominio imperanti.
Come oggi accade nei confronti di un imprenditore puro, eroe caduto nelle disgrazie procurategli dal sistema bancario (quindi finanziario), é interessante notare come molte leggende diffuse nelle antiche civiltà mediterranee contenessero analoghe spiegazioni, basate sulla narrazione delle modalità dell’irrompere del “fato” nella vita di un aristocratico di quei tempi, giacché non adattato al veloce sopravvento dei sempre più potenti e “nuovi” conquistatori.
Sebbene sorvegliato dall’intervento di un dio protettore, volto a tutelare come un amoroso genitore l’innocenza del singolo eroe, ignaro della potenza e dell’atrocità del terribile “fato”, ordito per lui dal complesso degli dei dominatori, detto intervento “tutelare” si limitava a tentativi di influire sul suo “destino”. A volte era la trasformazione del malcapitato in un animale e in caso di morte in una stella.
Non diversamente accade all’imprenditore puro, costretto a chiudere (o svendere) la sua tanto curata azienda (spesso di famiglia), trasformato in un comune cittadino espropriato, nonché in caso di suicidio (o comunque di morte) in un abbagliante simulacro, avente il valore di un inutile simbolo. Allo scopo di avvicinare temporalmente gli scenari, il mito di Edipo ci soccorre ancora una volta.
Non diversamente accade all’imprenditore puro, costretto a chiudere (o svendere) la sua tanto curata azienda (spesso di famiglia), trasformato in un comune cittadino espropriato, nonché in caso di suicidio (o comunque di morte) in un abbagliante simulacro, avente il valore di un inutile simbolo. Allo scopo di avvicinare temporalmente gli scenari, il mito di Edipo ci soccorre ancora una volta.
[segue con l’articolo dedicato alle Distinzioni tra “fato” e “destino”]
Antonio Gaeta