di Emanuele Cherchi 8 giugno 2016
Non ho seguito la campagna delle elezioni torinesi più di tanto, l’Appendino non mi convince e detesto i pentastellati che fanno sfoggio di idee di sinistra impreziosendole per il loro elettorato con idee di destra: trovo che se non spiegato “solidarietà e sicurezza” sia solo uno slogan e che la sicurezza non sia solo personale (anch’io dico che i ladri vanno arrestati) ma anche sociale (avere un lavoro dignitoso con uno stipendio dignitoso).
In questo intervento parlerò di Piero il Lungo, basandomi sulle sue parole per dire di non votarlo.
Il primo documento di accusa si chiama “Per passione”, libro scritto dal Sindaco di Torino, in cui racconta come se fosse naturale che il PCI torinese era contrario ai “terroni” troppo impegnati nel partito: racconta infatti senza vergognarsi che mentre la quotidianità politica veniva trattava in italiano quando si discuteva di questioni importanti (e Fassino NON specifica quali sono…) si passava al torinese.
Sempre da tale libro parte la mia seconda nota: a metà degli anni ottanta il nostro antieroe riceve la nomina a un’importante carica nazionale che gli permetterà di far carriera velocemente… racconta lui stesso che a tale incarico probabilmente aspirava anche Diego Novelli (uno dei politici del PCI più popolari) e che tutti rimasero stupiti che fosse stato messo da parte. Qui adesso mi baso sulle mie impressioni e sulle mie scarse conoscenze: Novelli aveva fatto scoppiare da poco uno scandalo che colpiva compagni e socialisti e così si era inimicato una parte dell’apparato e i craxiani, dunque sarà stato depennato per punizione. Fassino avrà capito che Novelli era stato ingiustamente escluso ma non si è tirato indietro.
La terza nota a suo carico è una frase attribuitagli dai giornali secondo la quale lui avrebbe lavorato per tutti: di certo non si riferisce al povero militante diessino che se lo è trovato segretario scelto da D’Alema, e poi che razza di spirito di servizio, aiutare chi ti aiuta ad avere incarichi più importanti…
E’ stato ochettiano, dalemiano, veltroniano quando questi erano al loro apice e quando ha visto la loro stella appannarsi ha appoggiato Renzi portando in dote la sua corrente e il suo prestigio.
Risulta che da Renzi si aspettava più riconoscenza e dunque si è reso disponibile per ogni incarico che lo allontanasse dalla sua piccola Torino (di cui era ed è – magari per poco – Sindaco) per diventare Presidente della Repubblica, Ministro degli Esteri, Ambasciatore all’ONU…
Insomma, questo piccolo funzionario è arrivato in alto per ambizione e da politico vero non può certo presentarsi come un “verginello” che lavora per gli altri.