Fonte: facebook
di Giampiero Ivaldi – 24 agosto 2014
Quattro modi distinti e distanti tra loro, di dire “ciao Stefano”.
Ciao Stefano Chiabrera, al secolo Fanein u ciclista. E’ passato mezzo secolo, ma tutti ricordano la sua attività in piazza, dove oggi ha sede la tabaccheria di Massimo. E tutti ricordano il suo esercizio, come ritrovo di tifosi del Toro, e anche qualcuno della Fiorentina. Tutti ricordano la sua attività nel senso giuridico e commerciale, perché il suo impegno costante consisteva principalmente nel sortire fuori dall’esercizio le biciclette la mattina, leggere e far leggere Tuttosport, accendere almeno due pacchetti di Colombo al giorno, accompagnare amici, rappresentanti e clienti al Centrale, per poi, al tramonto, rimettere dentro tutte le biciclette che aveva esposto al sole di giorno, senza mai ripararle. Sempre vestito con la sua tuta (u tone) blu e gli immancabili calzini infilati nei sandali da fraticello, a chi gli consegnava una riparazione urgente, rispondeva serafico: (lasciala lì). Fanein ogni giorno dava le picche alla fatica, e si accontentava di quello che la sua voglia ed il suo tempo gli consentivano di trasformare in lavoro e di conseguenza in reddito, ‘tanto non aveva nessuno da mantenere, se non il suo garzone estivo (ero io, nelle vacanze delle medie) che non costava più di 1500 lire la settimana. La sera, con la sua 500 azzurra, si girava per ritrovi di piacevole compagnia da Cremolino a tutta la costa di Ovada, ma solo per un caffè, un amaro o un saluto a simpatici baristi, o per una partita alle bocce nelle sagre del feudo di Ponzone, piuttosto che per un film datato, proiettato nelle sale di Gagein, disperse per la Valle Bormida. Era anche dolcissimo sentirgli cantare la canzone della sartina, con voce appena sussurrata, accompagnato dalla chitarra di Giulein il parrucchiere, che allora era in piazza, più o meno davanti al distributore di Moretti. Ciao Fanein, forsa Turein!
Ciao Stefano Moccagatta, Fanein ‘d Filippu, sempre elegante, nel vestire come nelle espressioni, responsabile dell’esattoria, di profonda fede sportiva nerazzurra, fiore all’occhiello dell’entourage politico di Gianni Briata, affezionato frequentatore del Bar Centrale ed esperto giocatore di Tarocchi. La sua eleganza e la sua statura sociale decisamente elitaria quasi mi impedivano di affiancarlo, tanto ero distante nella mia affannosa rincorsa ad un’adolescenza scanzonata, ma non mi impedì il tempo che scorreva, di scoprirlo tenero e dolce soprattutto nei suoi rapporti famigliari, e fummo anche amici, anche se per poco tempo, perché il destino portò via da Rivalta sia lui che la moglie, troppo presto, e molto tristemente. Ciao non ti dimentico.
Ciao Stefano Cavallero, ciao grande bambinone. Forse ciondolerai anche più in alto, col tuo sorriso, senza un gioco od uno scampolo di vita da raccontare, neanche al più curioso degli angeli che ti circondano. Col tuo peso avresti potuto schiacciare chiunque, ma il tuo peso è riuscito a schiacciare soltanto il tuo cuore. Riposa in pace, Stefanone, e sogna un compagno di scuola, un’amica, un pallone da rincorrere o una corda da saltare. Lì sarà più bello, e ti divertirai un mondo… Ti abbraccio con tutte le braccia di Rivalta. Ciao
Ciao Stefano Siciliano, ciao Stefano di Lella, ciao Amico. E non so per chi tu non possa esserlo stato. Come faremo a stare senza il tuo saluto, unito al tuo sguardo e al tuo sorriso, capaci di entrare nel cuore di tutti, ogni giorno, senza rumore, con la semplicità di gesti spontanei, privi di enfasi, e di rara intensità! Proprio mentre capivo quanto potevamo imparare da te, per poterci scrollare di dosso i nostri tanti difetti da inquilini in un’assemblea di condominio, te ne sei andato in punta di piedi, lasciando per l’alba solo l’abbaiare di un cane. Porta con te, insieme al rimpianto dei tuoi cari, l’abbraccio di un amico sincero e la sua stretta di mano da uomo, con i complimenti con cui sei stato un vero uomo fra di noi. Ciao Stefano, col cuore. Il treno dei ricordi fa sempre una fermata nella stazione della mia anima.
Giampierino