Autore originale del testo: Stefano Sylos Labini,
Fonte: globalist
Url fonte: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126813
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di Stefano Sylos Labini, 13 novembre 2016
Il fenomeno Renzi può essere considerato come la risposta dell’establishment all’ascesa folgorante del M5S: banche, Confindustria, Marchionne, De Benedetti e lo stesso Berlusconi hanno puntato sul ricambio del vecchio gruppo dirigente del PD ormai logoro e privo di qualsiasi spinta propulsiva. E così è stato creato Renzi il gran Rottamatore, una delle figure più reazionarie del periodo repubblicano.
Renzi aveva il compito di fare esattamente quello che hanno fatto Monti e Letta però doveva sembrare diverso agli occhi della gente perché il tracollo di Monti alle elezioni del 2013 scottava ancora. Renzi è stata una mossa giusta per le élite. Ha retto 3 anni che è moltissimo per qualcuno incaricato di attuare politiche impopolari. Sparirà probabilmente nel 2018 se non prima ma ha fatto quello di cui aveva bisogno chi l’ha messo lì: oltre ad aver ricoperto le imprese di incentivi che non sono serviti a rilanciare la nostra economia, ha finalmente spazzato via i diritti dei lavoratori.
Il problema è che la classe dirigente italiana non ha né coraggio né progetti, ma si muove con una strategia tipicamente opportunistica, di corto respiro e contraddittoria. Al riguardo sono illuminanti le dichiarazioni di Carlo De Benedetti: «la politica dell’austerità europea è una scelta folle ma non bisogna aumentare il deficit pubblico» [1].
Così come sono indicative le affermazioni del nuovo Presidente della Confindustria: «L’errore, in questo momento storico, sono le azioni sulla domanda che prescindano dal resto» [2].
Ma come? Noi ci troviamo in una crisi di domanda da cui non riusciamo ad uscire perché le politiche di austerità impediscono qualsiasi azione espansiva, mentre la storia ha già dimostrato che non è possibile conseguire la riduzione del debito durante una fase di stagnazione economica. Infatti, lo stesso De Benedetti aveva affermato in un’altra intervista al Corriere della Sera che Renzi avrebbe dovuto ribellarsi alle regole europee nazionalizzando le banche in difficoltà e sforando il vincolo del 3% per fare investimenti nella banda larga e nel sapere [3]. L’esatto contrario di ciò che ha detto qualche mese dopo.
E oggi noi dobbiamo essere riconoscenti al M5S se ci sarà il probabile suicidio politico di Renzi: nel momento in cui il M5S ha vinto le elezioni comunali a Roma e a Torino è diventato chiaro all’élite che il combinato disposto della modifica costituzionale e di una legge elettorale pensata per un sistema bipolare in un sistema tripolare poteva consentire al M5S di prendersi tutto, dalla Camera al Quirinale. Ma dobbiamo ricordarci che il M5S è il prodotto dello sfascio culturale della società italiana: se non fossimo caduti così in basso e se fosse esistita una vera forza socialista di massa il M5S non sarebbe mai nato. Per questo ci sono grandi interrogativi sul fatto che un movimento così eterogeneo e poco strutturato abbia le capacità di far riemergere dagli abissi la politica e l’economia del nostro Paese.
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