Fonte: Lucia Del Grosso
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Leggendo l’articolo del direttore dell’Istituto Gramsci Giuseppe Vacca “Gli elettori del PD si riconoscono nelle riforme del governo” su L’Unità mi sono chiesta come è potuto accadere che una cultura politica condivisa si sia potuta divaricare così profondamente in soli 7 anni.
Com’è possibile che io non mi riconosca in una sola riga dell’intervista di Vacca, pur provenendo dallo stesso partito, che oltretutto era ideologicamente molto coeso?
A cominciare dal titolo: due milioni di elettori si sono dileguati per la commozione di vedere realizzate le strabilianti riforme che avevano sognato per una vita?
Ci spieghi poi, Vacca, intendo a noi che eravamo nel PCI evidentemente senza avere capito cosa germinava nelle sezioni, se quando Togliatti parlava di “regime dei partiti” (L’Unità del 25 gennaio 1963, stesso giornale) usando il termine “regime” con valenza positiva, fermamente convinto che i partiti sono la democrazia organizzata, eravamo noi a capire male, perché non era per sempre, ma solo fino all’era Renzi del partito della nazione. Perché poi saremmo andati al governo e tutti sanno che “qualunque partito che aspiri a governare un Paese debba essere a suo modo un partito della nazione, cioè un partito capace di coniugare nei modi più virtuosi possibili i condizionamenti reciproci della vita politica nazionale e di quella internazionale“, mica si deve spiegare, eravamo noi poco acuti.
Però allora al governo c’era la DC, e perciò non capisco perché ci davamo tanto da fare per contenderle la maggioranza se, come partito di governo, era anche il partito della nazione. Bah, tempo sprecato.
E avremmo anche dovuto capire la superiorità, rispetto al togliattiano regime dei partiti, del modello del partito della nazione, che “risponde ad un concetto forte di partito emancipato dalle povere riduzioni sociologiche più o meno consapevolmente introiettate, in seguito all’egemonia culturale economicista impostasi nel dibattito sulla crisi della democrazia a datare dalla metà degli anni Settanta dello scorso secolo“. Buono a sapersi, che le differenze di condizioni economiche e sociali sono solo un riflesso ideologico, proveremo a spiegarlo a quelli che verranno sbattuti fuori dal lavoro grazie al Jobs Act: se siete rimasti disoccupati è perché è interesse della nazione, di cui è interprete il PD, e quindi pure vostro interesse, aumentare la flessibilità del mercato del lavoro, solo che non lo capite perché avete introiettato una riduzione sociologica.
Ma penso sia facile anche dare spiegazioni agli insegnanti deportati dalla Sicilia al Piemonte: siccome il partito della nazione li ha scontentati tutti, è evidente che gli insegnanti non fanno parte della nazione.
E non avevamo capito niente neanche sul ruolo dei partiti e sulla possibilità che hanno di incidere sulla realtà e di organizzare una comunità se è vero che “non è possibile discutere di come un partito si debba organizzare a prescindere dall’insieme delle leggi elettorali che regolano la partecipazione politica“. Noi credevamo che fossero i partiti a decidere le leggi elettorali, invece le fanno su Marte e poi i partiti si uniformano.
Comunque, benché pensi anch’io che “Renzi sia il risultato di 7 anni di storia del Pd“, ahimè, ma se io avessi saputo tutto questo ……. (Cit.) e concordi che “è auspicabile che prima o poi ci sia un congresso (quelli che abbiamo visto finora non erano veri congressi)”, ma è proprio vero che “quella è la sede in cui chi ha più filo da tessere è bene che dimostri come il Pd potrebbe servire il Paese più e meglio di quanto finora non abbia fatto“? Cioè l’unica sede, l’unico momento? 4-5 giorni al massimo ogni 4 anni? Non è la politica, e quindi pure la dialettica maggioranza-minoranza, un esercizio quotidiano, un dibattito assiduo e non un regolamento di conti alla scadenza?
Ma veramente io e Giuseppe Vacca eravamo nello stesso partito?