Fonte: Il Manifesto
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di Anna Maria Merlo, PARIGI, 13.1.2015 su Il Manifesto
Fine del semestre italiano. Renzi a Strasburgo chiede “fatti” e non solo parole a Juncker. Aggressivo, ricorda che l’Italia paga più di quanto prenda a Bruxelles. Un bilancio modesto: né neutralità del Net, né difesa del “made in”, neppure il roaming. Ma – forse – l’Italia riuscirà ad evitare le sanzioni a marzo, sfruttando i margini di flessibilità nell’applicazione delle regole
Un piccolo cambiamento di rotta, che ora aspetta di tradursi dalle parole ai fatti. “Da oggi il Patto di stabilità è più intelligente” ha affermato ieri Valdis Dombroviskis, vice-presidente della Commissione e responsabile dell’euro. La Commissione, ha precisato il commissario agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici, permetterà che la messa in opera del piano Juncker (i promessi 315 miliardi di investimenti, a partire da soli 21 miliardi reali) “non sia contradetta dalle nostre stesse regole”. In altri termini, gli investimenti che i singoli stati membri decideranno di collocare nell’Efsi (Fondo europeo di investimenti strategici) saranno certo calcolati nel deficit, ma non verranno tenuti in conto per stabilire il rispetto della regola del 3%. Il bizantinismo significa che il corsetto resta, ma che i paesi “virtuosi”, cioè quelli che hanno fatto sforzi per rispettare i parametri, potranno avere più tempo a rientrare nelle regole se si impegnano su programmi rigorosi di riforme strutturali – da cui non c’è scampo.
E’ questo che la presidenza italiana porta a casa. “In questi mesi ci pare di aver visto un cambiamento profondo nella direzione, ma non ancora nei fatti” ha affermato Matteo Renzi nel discorso di chiusura del semestre italiano a Strasburgo, di fronte all’Europarlamento riunito in seduta plenaria. “Siamo pronti ad essere generosi con il Fondo”, ha precisato il primo ministro italiano, che spera di poter sfruttare questo spiraglio. Ed evitare le sanzioni per non rispetto delle regole: l’Italia, assieme a Francia e Belgio, è sotto esame. Questa settimana c’è una “missione tecnica” di Bruxelles all’opera nei tre paesi e per l’inizio di marzo è atteso il verdetto.
Sarebbe la prima volta che delle sanzioni verrebbero applicate a degli stati membri. Renzi ieri ha difeso l’Italia, con uno stile aggressivo che di solito è poco apprezzato nelle istituzioni europee. Il primo ministro ha sottolineato che l’Italia fa quello che deve a casa propria, senza aspettare gli altri, “cio’ che serve all’Italia lo fanno gli italiani”. E ha precisato: “gli europei devono sapere noi abbiamo dato più risorse di quante ne abbiamo prese, l’Italia ha contribuito a salvare stati e istituti di credito di altri paesi, senza prendere un centesimo per i propri istituti, che hanno dovuto mettere capitali dopo gli stress test, perché crediamo nell’Europa”.
Su altri fronti, il bilancio è modesto. Non c’è stato un accordo sulla neutralità del Net, come era in programma, è bloccata da alcuni stati – per Renzi “è incomprensibile” — una normativa a tutela del “made in” (etichette sull’origine dei prodotti), non è stato neppure possibile eliminare il roaming sulla telefonia mobile nello spazio dell’Unione europea. L’Italia ha anche difeso l’accelerazione dei negoziati con gli Usa sul Ttip, ma anche qui i tempi si allungano (ed è una buona notizia). Anche per la Tassa sulle transazioni finanziarie, prevista in 11 paesi, c’è stato un blocco ma, forse, su questo punto, le cose potrebbero muoversi.
Nel discorso di chiusura, Renzi ha evocato gli attentati di Parigi, rigettando “una demagogia della paura” di chi “vorrebbe rinchiuderci in una fortezza”, riferendosi all’estrema destra (Fronte nazionale e l’alleato Salvini), che chiedono la sospensione di Schengen. Il presidente dell’Europarlamento, Martin Schultz, ha soprattutto condannato l’attacco antisemita all’HyperCacher della Porte de Vincennes.
Ma il braccio di ferro attorno al feticcio del Fiscal Compact si gioca fuori dell’Europarlamento in questi giorni. Oggi è atteso il parere della Corte di giustizia sull’Otm, il programma di acquisti del debito pubblico sul tavolo dal 2012. Dal 22 gennaio, la Bce potrebbe mettere in atto un programma di Quantitative easing per lottare contro la minaccia di deflazione. Draghi gioca grosso, contro il parere della Bundesbank. Il ministro dell’Economia francese, Emmanuel Macron, ha chiesto alla “coppia franco-tedesca” di appoggiare l’iniziativa di Draghi. Ma Berlino potrebbe obbligare la Bce a limitare gli acquisti di debito solo con rating AAA. L’Italia sarebbe esclusa.