Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Elogio della governabilità
Come uomo di sinistra, da sempre prodigo di domande di senso, cambiamento, progetto, disegno strategico, vorrei fare per un attimo autocritica. Guardando le cose dall’altro punto di vista: quello della stabilità, se non, ancor più provocatoriamente, del neutro, del grigio, del persistente, del funzionale. Ovvero della governabilità.
La Conferenza stampa di Conte dimostra un Premier tutt’altro che debole. Perchè è l’unico, in un paese tarato da un sistema di partiti ormai vacuo e acido come una maionese, ad avere in mano le chiavi della governabilità. E per questo sintonico con la richiesta profonda che viene dall’opinione pubblica ancorchè comune e che traluce malgrado il depistaggio mediatico. La governabilità, come capacità, possibilità e abilità di governare è il requisito di stabilità di ogni sistema, massimamente se con caratteri complessi e legalizzati, ovvero democratici. Dove la governance implica almeno tre dimensioni: una comprensione puntuale del quadro giuridico e dei vincoli sistemici, il senso del compromesso e della mediazione politica, la consapevolezza delle modalità procedurali nell’implementazione delle decisioni. Le due ore di Conferenza stampa sono state un esempio di come Conte, con il suo eloquio gentile ma puntuale, sappia muoversi al meglio nello spazio della premiership. Pur non avendo un partito alle spalle (dal quale guardarsi) nè interessi da ossequiare. E men che meno un cerchio magico intorno (al massimo il solo Casalino). Anzi proprio per questo.
Lo stile di Conte è la più evidente testimonianza dell’antisovranismo. Laddove il sovranismo si alimenta delle suggestioni del semplificazionismo, del direttismo, del decisionismo e del profetismo pseudocarismatico. Con tutte le sue tossiche derivazioni plebiscitaristiche, ideologiche e irrazionalistiche. Un mulino con più pale cui porta acqua non solo la manovra proiettiva ed espiatoria sulle ansie securitarie, ma anche l’abuso retorico del finalismo. Come da tempo vediamo in opera nella paradossale richiesta di ‘visioni’ ‘progetti’ ‘anime’ da parte di chi ne è totalmente sprovvisto. Quando è evidente come siano in gioco due visioni antitetiche dell’autonomia del politico: dalla parte del sovranismo una autonomia come forzatura di ogni vincolo in vista di una ristrutturazione gerarchica della società; dall’altra parte l’autonomia come capacità di bilanciamento fra vincoli e opportunità, cioè come governabilità democratica. Per usare categorie weberiane l’antitesi fra una politica gravida di elementi (pseudo) carismatici, ovvero fatta di forzature di regole col pretesto di una restaurazione ‘tradizionale, e una politica a base legale razionale.’
A suo tempo Renzi procedette alla rimozione di Letta esattamente perchè il suo governo, dopo lo sturm und drang dell’elezione del Presidente, stava incamerando la rendita di governabilità da parte di un paese per nulla incline a tornare alle urne. Lo stesso furto che adesso si ostina ad ordire. Una vera e propria tara maniacale del personaggio, che vive la politica come perenne orgasmo da congiura. Senonchè allora ebbe gioco facile di fronte a un Letta sbalordito dal tradimento e incapace di reagire, mentre adesso Conte si para come un baluardo ben più solido e abile allo scontro. In una condizione, peraltro, nella quale la stabilità di governo è un requisito assai più prepotente di allora.
Lo dimostrano le statistiche sul gradimento delle personalità politiche. Più le cricche mediatiche e di un ceto politico inetto si affannano nel voler distruggere l’immagine di Conte o trescano per dimidiarne il ruolo di governo più la sua popolarità cresce. Quasi a conferirgli un carattere provvidenziale malgrado la sua renitenza in materia. Ma anche a dimostrazione che la migliore propaganda di sè è quella di non farsela.
Conte non ha bisogno di emergere osteggiando i partiti. Provvede a tutto la loro vacuità. Ogni volta che Zingaretti invita a un rilancio dell’azione di governo, Renzi rilancia sul tavolo da poker. Ma sono le mosse di un enragé. Sollevare la critica dell’immobilismo per legittimare l’attacco alla stabilità col sabotaggio è una impudenza nota a chiunque. Come quei tipi che incendiano i cassonetti nella notte per dichiarare di giorno la necessità di legge e ordine. Ora che Conte si appresta a ‘vedere’ le carte si scoprirà che non c’è alcuno (Renzi men che meno) che ha in mano l’asso della governabilità. Attaccano il Premier col rischio di vederselo ingigantito (per ora solo in potenza) anche come leader. Persino incensato dal mana della provvidenza. Dopo di lui il caos. Sarebbe l’ennesimo e il più clamoroso degli effetti inintenzionali. Bel risultato.