Elly Schlein “Decreti Salvini: Un passo avanti, ma tante ambiguità Non si possono criminalizzare le Ong”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Niccolò Carratelli
Fonte: La Stampa

intervista a Elly Schlein, a cura di Niccolò Carratelli
in “La Stampa” del 7 ottobre 2020

La vicepresidente dell’Emilia Romagna: “La legge sulla cittadinanza è superata, ora serve lo ius
soli”
Aveva chiesto a gran voce la cancellazione dei decreti sicurezza firmati Salvini, fin dall’inizio del
secondo governo Conte. E ora, dopo più di un anno di attesa, Elly Schlein spiega: «Avevamo
chiesto più coraggio, alla fine è passato questo compromesso ovviamente è un passo avanti, ma restano diverse ambiguità, legate soprattutto al fatto che c’è una forza della maggioranza che quelle norme assurde le aveva votate».
Partiamo dalle note positive: ritorno della protezione umanitaria, ripristino dell’iscrizione
anagrafica per i richiedenti asilo, ampliamento della casistica dei permessi di soggiorno
convertibili per lavoro. Fin qui ci siamo, no?
«Senza dubbio positiva la reintroduzione della protezione umanitaria, anche se hanno deciso di cambiare il nome, fondamentale il fatto che vengano previste più possibilità di conversione per motivi di lavoro dei permessi, mentre l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo lo considero un atto dovuto dopo la pronuncia della Corte costituzionale. Poi è importante il ritorno ad un sistema di accoglienza diffusa, simile ai vecchi Sprar, aperto anche ai richiedenti asilo».
Ma non saranno previsti per tutti i servizi di inserimento lavorativo, che senso ha questa
differenziazione?
«È un errore, perché è importante che il percorso di orientamento professionale venga garantito a tutti, a prescindere dallo status di titolare di protezione o richiedente asilo. La procedura di asilo dura molto tempo, dopo due mesi il richiedente può lavorare, perché escluderlo? È una stortura da correggere, come pure l’aver portato da 4 a 3 anni i tempi di risposta per le domande di cittadinanza per residenza o matrimonio. Prima di Salvini il massimo era 2 anni, si doveva almeno tornare lì».
Altra criticità, l’approccio verso le Ong e il soccorso in mare. Sono state eliminate le multe
milionarie, resta però la possibilità di sanzioni sul piano penale. Da Open Arms e Medici senza
frontiere accusano di voler continuare a criminalizzare chi salva vite in mare. Che ne pensa?
«Hanno ragione, la criminalizzazione delle Ong è più che altro concettuale e non va bene. Le multe sono molto ridimensionate e c’è l’esimente penale per chi si coordina con le autorità preposte, cosa che le navi umanitarie fanno sempre. Poi è previsto che sia un giudice terzo a valutare eventuali violazioni, quindi diciamo che le multe sono abbastanza teoriche. Ma restano sul tavolo, probabilmente per salvare la faccia di chi tra i 5 Stelle in passato aveva dichiarato guerra alle Ong e parlava di “taxi del mare”. Spero che sui vari punti critici si riesca a migliorare il testo in
Parlamento».
Questa maggioranza è in grado di andare avanti verso una riscrittura più organica delle
politiche migratorie?
«È chiaro che questo sui decreti sicurezza deve essere solo un primo passo, si deve andare avanti, superando le contraddizioni interne alle forze di maggioranza. Non solo nel Movimento 5 Stelle, basti pensare al Pd sulla questione del memorandum con la Libia sui respingimenti. Ma serve una visione complessiva per riordinare la materia, non si può lasciare spazio alle aberrazioni della destra sovranista. Io sono fiduciosa, ho trovato diversi colleghi 5 Stelle sulle mie posizioni, ad esempio sulla necessità di superare la legge Bossi-Fini, che è il vero tema da affrontare».
Superarla come?
«È una legge criminogena, che di fatto non permette vie legali di ingresso in Italia, obbliga i migranti a rischiare la vita sui barconi. L’ipocrisia leghista dice: accogliamo chi arriva regolarmente.
Ma, in pratica, non c’è modo di farlo. Bisogna prevedere regole di accesso, ad esempio un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca del lavoro. E chiudere l’epoca delle sanatorie, che sono discriminatorie, perché basate sulla velocità di un clic online».
Via la Bossi-Fini, poi una legge sulla cittadinanza, il negoziato in Europa sulla riforma del
trattato di Dublino. Forse è chiedere troppo?
«Non credo, sono impegni prioritari. La legge sulla cittadinanza è del 1992, già superata dalla realtà del Paese, delle nostre scuole, serve lo ius soli. E in Europa bisogna dare battaglia, portare dalla nostra parte Francia e Germania sui ricollocamenti obbligatori, tornare alla proposta già votata dal Parlamento europeo nel 2017».

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