di Gianfranco Pasquino – 10 febbraio 2018
“Fare i conti senza l’oste”. Dirigenti di partito, commentatori italiani e straneri, sondaggisti vari sono coloro che fanno i conti. Nel frattempo, l’oste, vale a dire l’elettorato italiano, è in tutt’altre faccende affaccendato: lavora o cerca un lavoro, studia, si occupa dei figli e, magari, dei genitori a carico. Ha poco tempo per pensare alla politica e ancora meno tempo per leggere indiscrezioni, gossip, retroscena. Si sta comunque facendo un’opinione di massima che il 4 marzo tradurrà in un voto oppure in un’astensione motivata e spesso irritata. Solo molto tangenzialmente pensa a quale maggioranza di governo uscirà dalle urne. Fra le cose che sa, qualche volta più di quelle che i politici credono, c’è che il governo dovrà avere una maggioranza e scaturirà da un accordo fra i partiti. Sa anche che ci sono partiti e dirigenti che non vorrebbe proprio vedere al governo del paese e teme che ancora una volta ci saranno parlamentari trasformisti pronti a trasferirsi in partiti e gruppi accoglienti e generosi nella consapevolezza che non ci sarà nessuna punizione elettorale né con la legge Rosato né con quella prossima ventura (che nessuno conosce, ma “l’oste” teme che non sarà congegnata per dargli potere effettivo).
I conti dovranno essere fatti in Parlamento, pensa l’oste, quindi tutti i voti conteranno per dare forza anche a raggruppamenti e partiti pur non grandi, dall’appeal attualmente non conoscibile. Non gli è facile, all’oste, immaginare come il suo voto, quello dei suoi famigliari e amici, dei suoi collaboratori e dei suoi clienti, sarà utilizzato. Vorrebbe che servisse a costruire una maggioranza governativa non troppo eterogenea, sufficientemente stabile, capace di dare rappresentanza politica effettiva agli elettori e di tradurre almeno in parte, meglio se in gran parte, le promesse elettorali in materia di lavoro, di istruzione, di governo dell’immigrazione. Gli piacerebbe ascoltare qualcosa di più sui rapporti con l’Europa e di cogliere maggiore impegno di tutti nella lotta alla corruzione. L’oste pensa anche che le persone contano in politica, con la loro carriera, il loro bilancio di cose fatte e non fatte, anche fatte male, con la loro biografia personale, forse con la loro coerenza politica. Terrà conto anche di questi fattori.
Poi, l’oste getta un’occhiata meno distratta del solito ad alcuni quotidiani e nota che è già cominciato quello che editorialisti e commentatori non particolarmente originali definiscono “totogoverno”. Con grande sussiego gli raccontano che nessuno dei tre schieramenti principali avrà, da solo, la maggioranza assoluta dei seggi né al Senato né alla Camera. Legge tanto pesanti quanto tardive critiche alla legge elettorale Rosato, anche da parte di chi in Parlamento l’ha scritta e approvata, pardon, imposta con voti di fiducia. Peraltro, lui aveva capito da subito che quella legge era stata elaborata non per migliorare le modalità di formazione del governo, ma per consentire a capipartito e capicorrente di “nominare” parlamentari i seguaci più fedeli e ossequienti ovunque candidabili, anche in più circoscrizioni. Non essendo interessato alle lacrime dei coccodrilli, che pure la loro abbuffata di collegi sicuri se la sono fatta, l’oste pensa che la settimana precedente le elezioni cercherà di saperne di più. Sente che la (grande?) coalizione adombrata fra i due protagonisti, Renzi e Berlusconi, del Patto nel Nazareno, che portò a brutte riforme costituzionali poi bocciate da un cospicuo numero di elettori, non riuscirà neanche a raggiungere la maggioranza assoluta di seggi in Parlamento. Quindi, è un’invenzione mediatica, comunque indigeribile. L’oste conclude che il conto glielo servirà lui ai partiti e che, alla fine, come sta scritto nella Costituzione, sarà il Presidente della Repubblica a decidere chi e come trarrà vantaggio da quel conto o dovrà pagarlo completamente. Tutto il resto dovrebbe essere, l’oste concorda con Amleto, silenzio e non manipolazione.
Pubblicato AGL 8 febbraio 2018