Elena Basile: Urgono sanzioni a Israele (e non alle sue università)

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Elena Basile
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Elena Basile: Urgono sanzioni a Israele (e non alle sue università)

Sembra non ci sia limite al peggio. Nell’indifferenza dei politici moderati e progressisti, con la compiacenza degli editorialisti dei giornali principali e dei direttori di think tank (che sono cassa di risonanza delle veline della Cia e non certo istituti di ricerca), di una società civile stordita dall’intrattenimento propagandistico dei talk show, stiamo gradualmente abbandonando la democrazia liberale. Il divario esistente tra le decisioni delle élite, i principi della nostra Costituzione e gli interessi dei popoli europei appare evidente. Gli ideali di prosperità e di pace che hanno guidato la costruzione dell’Ue sono stati rinnegati.

La Nato impone agli alleati l’invio di armamenti e finanziamenti all’Ucraina, Paese non membro e in guerra con la Russia, in spregio delle Costituzioni democratiche europee che impongono il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Il ministro Tajani dichiara a priori il proprio sostegno alla proposta di Stoltenberg che rende obbligatori gli aiuti a Kiev. Il ruolo dei Parlamenti appare inesistente. Sebbene i sondaggi dimostrino che la maggioranza degli italiani e degli europei è contro la guerra e auspicherebbe una canalizzazione dei finanziamenti su Sanità, Istruzione pubblica e altri beni comuni, i governi abdicano al principio democratico relativo alla rappresentanza della volontà degli elettori e si auto-obbligano all’invio di armi e di finanziamenti a Kiev, dove oggi vige un regime che ha abolito l’opposizione e le elezioni e applica la legge marziale.

A Gaza continua il massacro di innocenti costretti alla fame e alla carestia dal governo israeliano, accusato di fronte alla Corte internazionale di giustizia di plausibile genocidio. L’Occidente, nonostante la retorica buonista e l’indignazione verbale, non isola Israele, non adotta alcun tipo di sanzione di fronte alla più proterva disapplicazione delle norme internazionali. La Risoluzione del Cds delle Nazioni Unite che chiedeva il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi, resa possibile dall’astensione Usa, è rimasta lettera morta. Washington ha addirittura affermato contro il diritto onusiano che essa non è vincolante. Tel Aviv intanto allarga il conflitto colpendo Libano, Siria e il consolato iraniano a Damasco. Mentre l’Occidente difende e legittima nella sostanza le azioni di Israele contro il diritto internazionale, confidiamo paradossalmente nelle autocrazie e negli stigmatizzati regimi dittatoriali affinché l’escalation si fermi. Il governo Meloni, diversamente da quelli di Spagna, Irlanda, Belgio, Francia e persino Germania, è maggiormente reticente nella condanna delle azioni illegali e immorali di Israele, colpevole di forme di apartheid in Cisgiordania oltre che di crimini di guerra a Gaza.

Sono sempre stata contraria a macchiare con la politica la cooperazione culturale e tra i popoli. Sono infatti rimasta esterrefatta quando le democrazie europee hanno discriminato gli artisti russi, le università russe, gli atleti russi. Per coerenza non credo che tocchi agli studenti e alle università il boicottaggio di Israele. Non tagliamo i ponti tra studenti e professori europei e studenti e professori israeliani. Battiamoci invece per sanzioni economiche e per la condanna politica di Netanyahu, per il riconoscimento immediato politico-simbolico della Palestina, per la sospensione immediata degli aiuti militari ed economici a Israele. Il governo Meloni e l’Eni devono annullare il contratto di sfruttamento del gas nelle acque che appartengono a Gaza. Denunciamo la complicità occidentale con i crimini di guerra israeliani, contro i quali si è sino a oggi levata soltanto una stucchevole retorica.

Se la mia posizione è contraria, per le ragioni menzionate, a sospendere collaborazioni scientifiche e culturali con i popoli governati da regimi sanguinari, questo non significa che non comprenda l’indignazione degli studenti e non nutra ammirazione per i rettori e i professori che, rischiando il prevedibile linciaggio dei benpensanti, hanno voluto reagire a favore delle vittime contro le stragi di Gaza, dato l’immobilismo politico dei governi europei.

La speranza è che di fronte al rischio nucleare delle guerre, alla barbarie evidente a Gaza, alla retorica bellicistica delle classi dirigenti occidentali neoliberiste e asservite alla finanza internazionale, al graduale e terrificante abbandono della democrazia liberale, confermata dalle menzogne propagandistiche di una buona parte dello spazio politico-mediatico, quel 60 per cento di cittadini che non votano faccia ascoltare la propria voce e torni a partecipare alla res publica premiando i partiti e i movimenti di opposizione, scacciando dal Parlamento la maggioranza guerrafondaia di Ursula von der Leyen.

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