Elena Basile: Ora i bellicisti riabilitano i “brics” per avere la pace

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Elena Basile
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Ora i bellicisti riabilitano i “brics” per avere la pace

Sono stata piacevolmente sorpresa da Paolo Mieli sul Corriere della Sera del 14 ottobre. L’editorialista si aspetta che la pace possa venire dai Brics. Meglio tardi che mai. Ammette che gli Stati Uniti e l’Europa non sarebbero in grado di proposte credibili. Di fatto sono stati sostenitori di una guerra per interposta Ucraina e fino all’ultimo ucraino contro la Russia. Mieli rinuncia alle sue frasi più enfatiche sull’“intrepido Zelensky” e sulla “gloriosa resistenza”. Una colomba con un ramoscello di ulivo è la patetica immagine che corona l’articolo.

È senza dubbio una buona notizia che i falchi dello spazio politico-mediatico si siano accorti che un Paese è stato distrutto, con la sua economia, la sua dignità, che si sono seminati lutti e disperazione al fine di assecondare il progetto dei neoconservatori americani: erodere il potere di Mosca. Dovremmo consigliare al blob statunitense di assumere esperti e accademici competenti quando decide manovre di regime change. Bisogna conoscere il nemico per poterlo abbattere. Rallegriamoci dunque che dopo mesi e mesi, pagine e pagine a sostegno della guerra fino all’ultimo ucraino finalmente si riconosca che l’Ucraina ha perso e serve una proposta di mediazione. Ma non credo che le madri dei ragazzi morti al fronte o mutilati potranno rallegrarsi insieme a noi e stringere mani che grondano sangue.

I Brics si riuniscono a Kazan la settimana prossima. La presidenza è russa. Si conteranno in 30, forse, rappresentando il 40% del Pil mondiale. Stati sunniti e sciiti siederanno allo stesso tavolo. Il tradizionale antagonismo tra India e Cina sembra appartenere a un passato remoto. La Turchia, membro della Nato, ha fatto domanda di adesione. La cooperazione economica, energetica, le reti autostradali e marittime, gli scambi commerciali e lo sviluppo economico di Eurasia, le nuove catene dell’offerta e i nuovi hub tecnologici sono in agenda. Il cemento resta la rivolta contro l’autoritarismo Usa che vuole imporre le proprie regole con la forza. L’egemone, la potenza indispensabile, l’eccezionalismo statunitense (termini che continuano a deliziare lo spazio politico mediatico occidentale e i libri recenti dei commentatori persi nelle celebrazioni di un universo geostrategico di cui si vedono soltanto ombre moribonde) non sono di moda tra i Brics che hanno deciso di accelerare la tendenza, in corso almeno dal 2008, verso un mondo multipolare.

L’autonomia nella politica estera ed economica deve essere costruita contro la militarizzazione del dollaro e con la creazione di una moneta digitale che, sulla scia degli antichi insegnamenti di Keynes, possa non trasformarsi nel vantaggio di una potenza contro gli altri Stati membri del sistema internazionale. Essa dovrà tenere contro di scambi tra poli economici e potenze equivalenti agganciandosi a parametri oggettivi, forse a materie prime come l’oro e altre fonti energetiche. India, Filippine, Brasile ma anche Arabia Saudita ed Emirati, amici tradizionali di Washington, intendono perseguire il proprio interesse nazionale, economico e geopolitico in autonomia senza subire i diktat della potenza che non è più egemone, e non è mai stata benevola. Mentre il comico e pietoso Zelensky accumula pacche sulle spalle e tradimenti dalla classe dirigente occidentale che ha distrutto l’Ucraina (nel linguaggio orwelliano di moda oggi, i cosiddetti filo-ucraini) la cooperazione russo-iraniana si rinsalda. La Cina sorveglia affinché la diplomazia tra i Brics si rafforzi includendo l’Artico dove la competizione economica e geopolitica, tra Nato da un lato e Russia dall’altro, continua. Mieli ha anche scoperto che i conflitti russo-ucraino e in Medio Oriente sono collegati. Avrà letto di nascosto il libro L’Occidente e il nemico permanente? Attende ora la proposta di pace degli emergenti. Si augura che gli emergenti, persuasi dal potere ricattatorio dei valori liberali da Washington, costringano il vincitore, Mosca, ad accettare il piano di vittoria del perdente Zelensky, in modo da salvare l’Iran da un nuovo conflitto. Non lo dice, ma mi sembra lo faccia intendere. Ancora una volta il film autistico di un mondo unipolare si affaccia prepotentemente all’orizzonte. È tuttavia solo un film di un impero in declino. La mediazione è possibile alle stesse condizioni se non più dure di quelle negoziate dalle delegazioni russo-ucraine grazie alla mediazione turca e israeliana nel marzo del 2022 e respinte dall’Occidente. In Medio Oriente pure è possibile: basta votare al Consiglio di Sicurezza sanzioni a Israele e riconoscere simbolicamente lo Stato di Palestina, convocare una conferenza di pace, porre fine ai finanziamenti e ai rifornimenti di armi a Tel Aviv e negoziare con gli attori principali dello scenario internazionale una soluzione equa del conflitto israelo-palestinese.

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