Fonte: Il Fatto Quotidiano
L’estremismo israeliano alimenta l’antisemitismo
I mercanti di guerra stanno vincendo. La società civile consapevole è terrificata, indignata, impotente. È triste vedere criminalizzati i movimenti degli studenti nati sulla base di un impulso morale: l’indignazione di fronte a una carneficina in streaming a Gaza, considerata dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu un possibile genocidio.
È vero, alcune organizzazioni pro-Palestina esprimono posizioni radicali. Sfiduciati nella politica e nella possibilità che l’Occidente collabori a una soluzione giusta del conflitto israelo-palestinese, tendono a rifugiarsi nel mito della purezza della lotta armata contro la potenza occupante. Il sionismo viene rigettato in toto e il male viene identificato con la presenza di Israele nella regione. Si tratta di una posizione perdente, che scaturisce dall’inesperienza di giovani che considerano il destino atroce dei palestinesi senza soluzione diplomatica ed esprimono la loro empatia verso il dolore di un popolo, insorgendo contro l’oppressore. Naturalmente, così facendo, assecondano il gioco perverso dei benpensanti che vogliono criminalizzarli. Ed ecco che i carnefici divengono vittime. Il Likud, partito israeliano apprezzato dai progressisti di sinistra come da quelli di destra, è radicale quanto i ragazzi che scagliano pietre contro la polizia in tenuta antisommossa. La destra israeliana non riconosce lo Stato di Palestina. La Knesset lo ha recentemente reso evidente con il suo voto contrario. Netanyahu cita la Bibbia per screditare le risoluzioni Onu che obbligherebbero Israele a ritirarsi da tutti i territori occupati nel 1967. Non solo i fanatici religiosi, ma anche il Likud chiama “liberate” le terre occupate.
Chissà perché molteplici commentatori strabici non dicono una sola parola sull’estremismo israeliano, che non è soltanto quello di Netanyahu, ma ha purtroppo conquistato la maggioranza degli israeliani che si esprimono al 70% contro l’arrivo di aiuti umanitari a Gaza. E dibattono seriamente se sia lecito stuprare e torturare detenuti palestinesi. Chi sulla stampa accusa di antisemitismo gli studenti che manifestano per la Palestina e denunciano i crimini di guerra del governo israeliano fomenta di fatto la discriminazione contro gli ebrei, perché fa percepire la comunità ebraica quale complice degli assassini in Cisgiordania, della violenza dei coloni e dell’esercito sui ragazzi palestinesi, del massacro dei martiri di Gaza e della nuova strage di civili iniziata in Libano.
Bisogna far tacere questi mercanti di morte e di guerre. La diaspora ebraica, come non mi stanco di ripetere, ha una storia illustre, l’intellighentia ebraica ha dato un grande contributo all’arte e alla cultura, ma anche agli ideali di giustizia e libertà. Nulla ha a che vedere con i crimini israeliani. Lo spiritualismo ebraico è una parte del nostro umanesimo. Persino il mito dello Stato di Israele, soluzione a secoli di persecuzioni del popolo ebraico, aveva una sua giustificazione e ha incluso magnifiche storie di collaborazione e di costruzione di una società nuova. Tuttavia sin dalla nascita del primo focolare ebraico deciso nel 1917 dal ministro degli Esteri inglese Balfour, l’ingiustizia contro il popolo arabo e la violenza sono state presenti. Riconoscere in modo equo e imparziale le ragioni di Israele, come quelle cancellate della Palestina, sarebbe essenziale per evitare l’antisemitismo, per ridare fiducia nella politica ai palestinesi e ai giovani che li sostengono. Così si eviterebbe il proliferare di posizioni radicali, violente e antipolitiche dei pro-palestinesi. Lo spazio politico mediatico, con i suoi doppi standard e il suo connaturato strabismo a favore della forza, a favore del vincente, semina odio. La lobby di Israele, che esiste e non è una proiezione antisemita: influenza la politica americana ed europea, esercita pressioni sulla stampa come sugli altri poteri. Essa poco ha a che vedere con la comunità ebraica, nascendo e prosperando anche grazie a sionisti cristiani e donatori evangelici, non solo ebrei. Essa non opera a favore della politica occidentale: ne cancella i pilastri liberali e laici. Non fa neanche l’interesse di Israele, Paese in crisi economica e morale, abbandonato dalla metà della sua popolazione e la cui sicurezza mai è stata in pericolo come oggi.
Le guerre di Netanyahu che, dopo avere colpito il Libano, lo Yemen, la Siria e l’Iraq, si accinge a sferrare l’agognato attacco all’Iran, stanno distruggendo la reputazione e l’identità del Paese, ponendolo per la prima volta sotto l’attacco legittimo di Teheran, la cui difesa è oggi rafforzata dagli aiuti militari di Mosca ed economici di Pechino. I neocon sono riusciti a dividere il mondo in blocchi armati e vicini allo scontro nucleare. Naturalmente tutto in nome della democrazia e della nostra libertà.