Fonte: pagina99
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Dal numero di pagina99 in edicola il 23 dicembre 2016
John Maynard si risveglia 70 anni dopo. E ci spiega come uscire dalla crisi. Con infrastrutture. O con la guerra
Nel 1936, poco dopo aver scritto la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, John Maynard Keynes muore e viene ibernato. In questo scenario da fantascienza (nella realtà Keynes morirà dieci anni più tardi), il Guardian immagina che l’economista venga risvegliato nel 2016. E venga aggiornato su quel che è successo. La disoccupazione di massa degli anni ’30 è stata superata, ma solo grazie all’incremento della produzione di armamenti per la II Guerra mondiale. In seguito i governi hanno fatto tesoro della lezione della Grande Depressione, mantenendo alta la domanda per garantire la piena occupazione, a ridurre il gap tra ricchi e poveri, a incrementare la spesa in opere pubbliche grazie alle maggiori entrate fiscali ricavate da una robusta crescita.
La brutta notizia è che, col tempo, gli stessi governi hanno dimenticato la lezione di Keynes: invece di creare surplus di bilancio negli anni di “vacche grasse” e usare la leva del deficit in quelli di crisi, hanno sempre operato in deficit. Alla fine degli anni ’70 arriva la Thatcher e il monetarismo trionfa. A questo punto l’economista interrompe l’interlocutore e prosegue lui il racconto: il controllo sui capitali si allenta, la minore spesa pubblica porta a una riduzione della domanda, il costo del denaro si abbassa, gli investimenti produttivi crescono, ma poco, esplodono invece le speculazioni in Borsa e nell’immobiliare, fino a creare una bolla come quella del 1929. Ecco perché oggi i titoli dei giornali somigliano tanto a quelli di allora: l’elevata disoccupazione e la mancanza di crescita hanno alimentato il populismo dietro la Brexit, la vittoria di Trump, il referendum italiano, il sostegno ai partiti di estrema destra in Germania e Francia.
Per alleviare gli effetti della crisi del 2008 le banche centrali hanno ridotto il costo del denaro come mai prima, acquistando bond da istituzioni private, per ridurre i tassi d’interesse di lungo periodo e stimolare nuovi investimenti. Ben fatto, dice Keynes, ma non basta. Per ridare vigore agli “spiriti animali” del capitale lo Stato deve aumentare il deficit: lo sforzo sarà ripagato dalle maggiori entrate. Come farlo? Usando il quantitative easing per finanziare infrastrutture anziché manovre speculative e bolle immobiliari. L’alternativa, non consigliabile: quella che lui ideò nel 1936 e che si realizzò tre anni dopo, con la guerra.


