Per gli orientali il divenire è pura illusione. Per noi occidentali l’eterno divenire è l’unica costante del creato. Per gli psicoterapeuti, gli psichiatri e gli psicologi si può cambiare con l’analisi ed i farmaci. Tutto il loro lavoro implica l’idea che il cambiamento sia possibile e che possa verificarsi una evoluzione della personalità. Alcuni studiosi ritengono che non tutto il nucleo della personalità di base possa però mutare. Dovrebbe esserci un io statico ed un io dinamico, ma è molto difficile dire quali siano le invarianze. Gli innamorati dicono alla ragazza idealizzata di non cambiare mai. Al contrario alcune persone vorrebbero che cambiassimo in qualcosa. Alcuni possono dire di un tale che non è più lui e che è cambiato. Altri possono dire che un tale si è montato la testa oppure è imborghesito. In questi casi viene attribuito al mutamento una valenza negativa. Un tempo per gli psicologi le attitudini individuali erano le stesse per tutta la vita. Allo stato attuale delle conoscenze per i neuropsichiatri le attitudini non sempre sono le stesse nel corso della vita perché esistono le specializzazioni e la conseguente neuroplasticità. Il cambiamento individuale quindi è possibile. Non è facile cambiare perché ci sono diverse forze in gioco. C’è l’inerzia. C’è la resistenza al cambiamento che spesso non è dovuta all’intelligenza pura, ma è una questione prettamente psicologica(come alcune persone più in là con l’età ma ancora valide che non si sforzano e non vogliono imparare ad usare il computer). L’abitudine insomma è una forza rassicurante ed è nemica del cambiamento. Per molti il cambiamento è l’ignoto ed è per questo che lo considerano negativamente. Il più grande ostacolo al cambiamento è la paura dell’ignoto. Per Hegel l’esistente cambiava in tre fasi: tesi, antitesi e sintesi. Qualcosa di vero può esserci, anche se sappiamo bene ormai che non tutto ciò che è reale è razionale. Alcuni protagonisti dei romanzi di ogni epoca cambiano dopo essere partiti dal loro paese ed aver fatto molte esperienze: sono in sé, escono al di fuori di sé e poi ritornano in sé. È il caso del Candido di Voltaire. Ma ora parliamo dei mutamenti epocali. Forse è più difficile in questo Paese il cambiamento collettivo. Per Ivano Fossati qui da noi “il trasformismo è una esigenza”. Secondo il motto gattopardesco tutto in Italia cambia perché nulla cambi. Insomma sembra che i cambiamenti sociali, civili, politici qui in Italia siano solo apparenti. La classe dirigente è per il mantenimento dello status quo. I privilegiati restano con le loro prebende. Negli ultimi trenta anni il nostro Paese ha subito solo delle crisi economiche profonde come quella di Tangentopoli, quella dell’11 settembre, quella dei mutui subprime, quella del Coronavirus. I grandi cambiamenti sono stati solo negativi e addirittura oserei definirli catastrofici. C’è stato un impoverimento generale in queste gravi crisi, anche se qualcuno si è arricchito perché si è saputo adattare meglio, si è dimostrato più resistente, è stato bravo a fare l’avvoltoio o ha avuto la fortuna di appartenere ad una nicchia di mercato non toccata dalla crisi. Il ceto medio ad ogni modo è scomparso. La rivoluzione è impossibile. Molti sono rinchiusi nella loro comfort zona. Inoltre ci sono la televisione ed internet che avvelenano le menti. Alcuni sostengono che non si può cambiare il mondo e si fa prima a cambiare noi stessi. Questione di punti di vista e di rassegnazione a mio avviso! A conti fatti oggi c’è ancora troppo immobilismo per una palingenesi. Oppure è l’inverso: è troppo difficile per una serie di motivi la palingenesi per eliminare successivamente l’immobilismo. La speranza è che qualcosa o qualcuno cambi in questa palude.
Due parole sul cambiamento…
Autore originale del testo: Davide morelli
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