“Dobbiamo restituire fiducia ai mercati” Falso!

per Gabriella
Autore originale del testo: Andrea Baranes
Fonte: sbilanciamoci.info
Url fonte: http://sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Fiducia-ai-mercati-23304

DOBBIAMO RESTITUIRE FIDUCI AI MERCATI. FALSO!  – di ANDREA BARANES – ed. LATERZA

La finanza ci ha caricato sulle spalle un insostenibile fardello fatto di disoccupazione, precarietà, perdita di diritti. Per compiacere i mercati abbiamo cambiato la nostra Costituzione, inserendovi il pareggio di bilancio. Il cacciavite non funzionava. Abbiamo cambiato casa. Pubblichiamo un estratto dal libro di Andrea Baranes Dobbiamo restituire fiducia ai mercati” Falso!, edito da Laterza.

Da trent’anni siamo immersi in un pensiero economico che si fonda sull’idea dell’efficienza dei mercati, da cui discende la necessità di rimuovere vincoli e controlli pubblici che possano ostacolarne il funzionamento. In italiano l’efficienza indica la quantità di risorse necessarie per portare a termine una data operazione. Se compio un lavoro in tre ore e il mio vicino lo fa altrettanto bene in due, sarà stato più efficiente di me.

La finanza ha dimensioni decine di volte superiori all’economia di cui dovrebbe essere al servizio. Sul mercato delle valute posso cambiare degli euro con dei dollari se voglio importare un bene o andare in vacanza negli USA. Oppure posso farlo per provare a speculare, comprando e vendendo valute per guadagnare sulle loro oscillazioni. Il totale di beni e i servizi importati ed esportati nel mondo ammonta a 20.000 miliardi di dollari all’anno. Le transazioni tra valute hanno superato i 5.000 miliardi di dollari al giorno: circola più denaro in soli 4 giorni sui mercati finanziari che in un intero anno nell’economia reale.

Ci sono due possibilità. La prima è che la quasi totalità delle operazioni finanziarie sia pura speculazione. Nessun rapporto con l’economia reale, ma unicamente soldi che inseguono soldi per fare altri soldi. La seconda è che la finanza lavori con un’efficienza intorno al 1%. Che sia vera la prima o la seconda poco importa. Dobbiamo comunque cambiare strada.

Il discorso sull’efficienza non riguarda unicamente le risorse economiche, ma forse prima ancora le risorse umane. Molti dei migliori studenti di economia matematica, informatica, statistica sono attratti dagli alti stipendi verso i centri finanziari, per creare prodotti sempre più complessi, incomprensibili e rischiosi, o per limare poche frazioni di millesimo di secondo da algoritmi di calcolo. Già nella metà degli anni ’80, quando molti degli attuali strumenti e mercati non esistevano ancora, il premio Nobel James Tobin notava come “stiamo gettando sempre più risorse, inclusa la crema della nostra gioventù, dentro attività finanziarie lontane dalla produzione di beni e servizi, attività che generano alte remunerazioni private, sproporzionate rispetto alla loro produttività sociale”.

Alla stessa conclusione di completa inefficienza si arriva considerando le altre funzioni attribuite ai sistemi bancari e finanziari: gestire i rischi e i tempi. Per semplificare, da un lato quando apro un conto corrente i miei risparmi dovrebbero essere al sicuro e dovrei poterli avere indietro in ogni momento. Dall’altro, quando la banca eroga un mutuo, si fa carico dei rischi e del tempo necessario al mutuatario per rimborsare il prestito. Considerazioni su come il sistema finanziario non abbia gestito, ma al contrario abbia moltiplicato i rischi sono fin troppo evidenti, se guardiamo a cosa è successo unicamente pochi anni fa. Riguardo i tempi, assistiamo a uno spaventoso scollamento tra quelli del mondo “reale”, dove gli orizzonti sono di anni o decine di anni come avviene nel caso dei mutui, e una finanza che ragiona in millesimi di secondo, all’esasperata ricerca del massimo profitto nel minore tempo possibile.

La finanza dovrebbe essere il mercato dei soldi, per fare incontrare chi ha un risparmio da investire con chi ne ha bisogno per le proprie attività. Oggi abbiamo da un lato una montagna di denaro alla disperata ricerca di sbocchi di investimento. Dall’altro una montagna altrettanto alta di bisogni che non sono soddisfatti. Com’è possibile che di fronte a sterminati capitali che girano vorticosamente 24 ore su 24, in Italia sia praticamente impossibile ottenere un mutuo e le piccole imprese e gli artigiani siano strangolati dalla mancanza di accesso al credito? Com’è possibile che tramite strumenti quali i derivati o gli ETC ci siano enormi scommesse sul prezzo del cibo e delle materie prime alimentari, mentre decine di milioni di contadini sono esclusi dai servizi finanziari?

Sul mercato finanziario domanda e offerta non si incontrano. Non solo crea disastri, non solo è inefficiente, ma la finanza non riesce a fare incontrare chi ha soldi con chi ne ha bisogno. E’ inefficace nell’allocare le risorse. E’ altrettanto inefficace nel gestire i rischi e i tempi. Semplicemente, la finanza non fa quello che dovrebbe fare. E’ un caso macroscopico di fallimento di mercato.

Una possibilità per spiegare tale fallimento è che la colpa sia dei sistemi sanitari, scolastici, di gestione idrica. Sono loro a dovere cambiare. Privatizziamo la scuola, l’istruzione, l’acqua, e affidiamoli al libero mercato. I capitali andranno naturalmente dove vedono opportunità di profitto. Tralasciamo la terrificante visione di una scuola o dell’acqua in cui se puoi pagare quanto deciso dal mercato sei il benvenuto, altrimenti ne sei escluso. E’ davvero possibile pensare che siano i servizi di base a doversi adattare alle richieste e alle pretese della finanza? Da un lato parliamo di bisogni essenziali dell’umanità. Dall’altro di uno strumento creato dall’uomo per facilitare i processi economici. Se qualcosa non funziona, dobbiamo adattare i nostri bisogni essenziali allo strumento o viceversa? Se a casa stiamo eseguendo una riparazione e il cacciavite che stiamo usando non funziona, prendiamo un altro cacciavite o ci compriamo una casa nuova per adattarla a quello che abbiamo in mano?

In ogni ambito della nostra vita naturalmente cerchiamo risposte che si adattano a un dato bisogno o necessità. All’opposto, l’insieme delle attività umane deve adattarsi alle richieste e ai dettami di una finanza che ha dimostrato un’assoluta incapacità di operare nell’interesse generale. Ci ha caricato sulle spalle un insostenibile fardello fatto di disoccupazione, precarietà, perdita di diritti. Ci ha gettato nel fango di una recessione globale. E ora lo stesso sistema finanziario ci dice che con questo fardello e in questo fango dobbiamo metterci a correre, perché altrimenti si arrabbia e ci toglie la fiducia. Per compiacere i mercati abbiamo cambiato la nostra Costituzione, inserendovi il pareggio di bilancio. Il cacciavite non funzionava. Abbiamo cambiato casa.

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Pubblichiamo la prefazione del libro, tratta dal preziosissimo blog di Gianni Girotto, che ringraziamo

ANDIAMO AL MERCATO

Andiamo a comprare della frutta. Chiediamo due chili di quelle mele laggiù, quelle rosse e brillanti che fanno venire l’acquolina in bocca.
Ma il fruttivendolo ci dice che non possiamo averle, e subito dopo si gira verso il collega vicino. I due iniziano a contrattare e a scambiarsi casse di mele, quintali di mele che passano di mano prima tra pochi fruttivendoli, poi in tutto il mercato. I commercianti sono preda di una inspiegabile frenesia. Comprano e vendono sem-pre più velocemente, sempre e solo tra di loro. I prezzi salgono e scendono, grossi fasci di banconote passano di mano. Non siamo i soli clienti al mercato, moltissime altre persone vorrebbero le mele. Ma non riusciamo ad acquistarle. Finalmente un commerciante ci degna della sua attenzione e ci racconta che le mele che vengono vendute non sono che una piccolissima parte degli scambi che si realizzano al mercato.
Il grosso degli affari si fa puntando sul prezzo futuro di un chilo di mele. Possiamo partecipare a questo gioco, scommettendo con lui su quale sarà il prezzo al quale venderà le mele al banchetto vicino la settimana prossima. Gli facciamo notare che noi volevamo semplicemente comprare frutta per mangiarla, e comunque che le possibilità di vincere sono praticamente nulle se lui da una parte fissa i prezzi e dall’altra è una delle parti in causa nella scommessa.
Un po’ infastidito, il commerciante ci dice che ha smesso con la vendita al dettaglio, perchè per lui è molto più conveniente continuare con i suoi giochi. E ce ne propone un altro. Possiamo comprare una busta di carta, nella quale lui ha messo qualche mela. Non ci dice quante sono e nemmeno se sono bacate. Possiamo comprarle a scatola chiusa a un prezzo che fissa lui.
Proviamo a dire che anche questo gioco sembra piuttosto ingiusto, ma non ci sta più a sentire: ha ricominciato a comprare e vendere quantitativi enormi di mele, sempre e solo ad altri suoi colleghi.
La storia si ripete, giorno dopo giorno. Nessuno che voglia mangiare una mela può acquistarla. Abbiamo fame e le mele stanno iniziando a marcire. Il prezzo sale perché sono sempre meno quelle commestibili. Quando sono marcite, i venditori iniziano a lamentarsi, a piangere miseria. Se non interviene qualcuno dovranno dichiarare fallimento, e non potranno più vendere mele a noi consumatori.
Il giorno dopo è difficile arrivare al mercato a causa di un ingorgo di Tir che stanno andando a scaricare. Sembra che il governo, sapendo che i clienti non riescono a comprare la frutta, abbia deciso di regalarne tonnellate ai fruttivendoli.
Quando arriviamo, i banchi sono letteralmente invasi, montagne di mele talmente alte che quasi non se ne vede la fine. Speranzosi, ci avviciniamo, ma la storia non cambia. I commercianti le comprano e vendono tra di loro, noi non possiamo averne.
Nel frattempo ci viene chiesto di saldare la fattura dei camionisti che hanno scaricato la frutta. Dobbiamo pagare le mele che non possiamo comprare. Non solo. Dobbiamo aspettarci che comunque ne arriveranno di meno, perché i banchi sono ancora pieni di quelle marce del carico precedente. Lo Stato inoltre si è indebitato con i fruttivendoli, dobbiamo rimborsare anche questa spesa. Per saldare i debiti dobbiamo abituarci a mangiare un po’ meno mele e stringere la cinghia. Guai a protestare. Il mercato è per defìnizione efficiente. Proviamo timidamente a far notare che se chi vuole comprare le mele non ne ha la possibilità, ovvero se domanda e offerta non si incontrano, è difficile parlare non solo di un mercato efficiente, ma anche semplicemente di un mercato e basta. Ma è tutto inutile. Dobbiamo accettare sia il funzionamento di questo mercato sia i sacrifici, perchè è l’unico modo per sperare di avere, in un futuro remoto, forse una fettina di mela. Anche se non riusciamo a capire perchè, ci viene detto che la situazione attuale è colpa nostra. Ci siamo abituati a mangiare troppa frutta in passato, ora non ci sono alternative, dobbiamo accettare misure di austerià. Dobbiamo restituire fiducia ai mercati.

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