di Anna Falcone – Intervento all’assemblea del 20 dicembre a Milano.
Care compagne e compagni,
vi ringrazio per l’invito alla vostra assemblea di oggi e mi scuso se, per motivi familiari, non posso essere presente. Vi invio i miei auguri di buon lavoro, certa che, il coraggio e determinazione con cui avete giustamente preteso l’attuazione degli impegni presi in campagna elettorale ispireranno la costruzione di percorso realmente democratico e partecipato: quello che fino ad oggi è mancato a LeU e alla Sinistra italiana tutta.
Insieme a un doveroso atto di generosità e responsabilità da parte di chi, avendo interpretato un passato che ha segnato il declino della Sinistra, di questo Paese, ha preteso di interpretarne il futuro, senza alcuna autocritica, né reale volontà di cambiamento, di linea politica, di metodi, di leadership.
Non possiamo più permetterci nulla di tutto ciò: non dobbiamo, non vogliamo. Non solo perché non c’è futuro senza un reale e radicale rinnovamento, ma le strategie di mera autoconservazione o protezione di una “riserva indiana”, tanto inutile quanto, spesso, autoreferenziale, contrasta con gli obiettivi ambiziosi di chi fa politica per costruire un mondo più giusto e più uguale.
Sono questi obiettivi che devono ispirare la nostra azione. E’ per questi obiettivi che nessuno può pensare di essere, di per sé, autosufficiente. Come dissi già a Roma, in conclusione del mio intervento, del cui vi ringrazio, sono certa che le vostre assemblee sapranno costruire quel dialogo costruttivo che è mancato nella prima fase di LeU.
L’attuale debolezza della Sinistra, la sua sostanziale assenza dal dibattito e marginalità nell’opposizione è tale che solo dall’apertura della Sinistra politica a quella sociale, solo dalla contaminazione dei buoni esempi con le buone pratiche, dall’innesto di idee “lunghe” su un metodo partecipativo realmente democratico si può costruire un progetto politico credibile e convincente: si tratta, a mio avviso, di condizioni di coerenza e serietà di un siffatto percorso.
Ma questo non può realizzarsi cercando di mettere insieme i cocci del vecchio e di quanti la propria credibilità l’hanno persa da tempo: occorre costruire un progetto nuovo che miri a lavorare per le prossime generazioni, non per le prossime elezioni. Alle Sante Alleanze non crede più nessuno. Neanche noi.
La mia speranza è che questa e da tante altre assemblee, plurali e aperte, possano emergere quegli obiettivi e indirizzi comuni su cui costruire una convergenza di forze sociali e politiche capaci di interpretare con credibilità e concretezza l’idea di un mondo nuovo, di una democrazia finalmente compiuta, di uno Stato promotore di diritti e libertà uguali per tutti, e non più spettatore passivo, se non asservito, alle logiche dei mercati e del capitalismo globale. Noi vogliamo globalizzare diritti e possibilità per tutti.
Questo passa non solo da un nuovo ruolo dello Stato, attivo e propositivo in economia e nella creazione del lavoro e di nuovi lavori, coerente con quelle funzioni assegnategli dalla Costituzione, ma anche dal cambio radicale di alcuni paradigmi. Non solo rivendicazione del diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, riduzione dell’orario di lavoro, equa e uguale remunerazione, riconversione energetica, ecc., ma la ricostituzione di un patrimonio pubblico e di investimenti pubblici in settori cruciali, a partire dalla ricerca e sviluppo, che sono la prima ed ineliminabile garanzia per la sostenibilità e l’ampliamento dello Stato sociale.
Dobbiamo lavorare a un modello pensato per le persone e per l’ambiente, per le generazioni presenti e quelle future, non subito e imposto per l’arricchimento di pochi e lo sfruttamento dei più. Dobbiamo lottare, con tutte le nostre forze, per l’affermazione di nuovi diritti, a partire del diritto al tempo, ad una informazione realmente libera e plurale, alla mobilità sociale e ad un lavoro adeguato ai talenti e alle capacità delle persone, ad una carriera flessibile, garantita ed economicamente protetta, non per sottostare alle esigenze della produzione, ma per venire incontro alle esigenze di vita di ognuno, al diritto a costruirsi un futuro, una famiglia, ad avere dei figli, senza doverla “pagare” per aver preteso di essere felici.
Ambiziosi? Sì, guai a noi, se in questi tempi bui non lo fossimo. Perché in una fase politica in cui qualcuno ha saputo costruire le sue fortune politiche sulla paura, solo chi sappia smontarle e sostituirle con il progetto comune di una felicità possibile e praticabile, ha qualche chance di convincere l’elettorato, soprattutto quello più giovane, e di invertire gli equilibri politici in atto.
Tutto questo è in netto contrasto con qualsiasi strategia di mera sopravvivenza, di sterile isolazionismo, di conservazione di vertici e apparati a scapito della partecipazione di base e dell’apertura a quanti, nella società, danno vita, ogni giorno, ai più ammirevoli esempi di solidarietà e risorse messe al servizio degli altri, a partire dagli ultimi. Dobbiamo ripartire da quegli esempi e da quella credibilità, di chi lavora per un ideale senza chiedere il conto, ma perché semplicemente è giusto fare così.
So che, nel vostro percorso, nelle vostre assemblee, non tradirete queste speranze, perché sono le vostre, le nostre, le speranze di quanti, come noi non solo non si arrendono, ma vogliono, tenacemente, responsabilmente, generosamente costruire quel mondo nuovo, quel’ “umanesimo sociale e globale” che è l’unico futuro possibile per tutti noi.
Buon lavoro e buoni orizzonti a tutti voi. A tutti noi.