Diritto naturale e diritto positivo – Capitolo III

per Giorgio Pizzol

Capitolo I https://www.nuovatlantide.org/diritto-naturale-e-diritto-positivo/

Capitolo II https://www.nuovatlantide.org/diritto-naturale-e-diritto-positivo-capitolo-secondo/

Riteniamo utile ora svolgere qualche altra osservazione per sottolineare che l’etica minima ha come proprio fondamento la “logica primaria” (d’ora in avanti diremo solo “logica”): quella regola che appare di per se stessa sempre presente (innata) nella mente umana e che presiede alla formazione di tutti i pensieri. Quella regola, diremo qui in breve, che ci prescrive di pensare, ad esempio: 1+1=2 e 1-1=0; se A=B e B=C allora A=C; se dico “sì” non posso intendere “no”; se dico “uguale” non posso intendere “diverso”.

La logica, come chiunque può constatare da sé, non ha bisogno di essere appresa ed è conosciuta da ogni soggetto pensante praticamente dalla nascita; in base ad essa ogni soggetto può comprendere ogni altro ed essere compreso da ogni altro.

Facile per chiunque rilevare che i concetti di pari libertà e pari responsabilità, come illustrati nei precedenti capitoli, sono fondati sulla logica.

Noteremo ancora che il principio “pari libertà e pari responsabilità” è tale da garantire nello stesso tempo libertà e uguaglianza per tutti i componenti la società. Esso comporta infatti che le particolari capacità di ogni soggetto trovino la possibilità di svilupparsi senza mai entrare in conflitto con le differenti capacità di ogni altro in quanto: al crescere della libertà di alcuni particolari soggetti cresce, nella stessa misura, la loro responsabilità nei confronti di tutti degli altri.

Per questo motivo la libertà dei singoli può crescere fino alla sua massima realizzazione senza mai diventare dominio, arbitrio, prevaricazione, oppressione, vessazione nei confronti degli altri.

Chiariremo il concetto usando una metafora. Immaginiamo di consegnare ad ogni componente di una società una bilancia a due piatti. Su un piatto vengono caricati per ogni soggetto le libertà, i diritti, i poteri mentre sull’altro le responsabilità, i doveri, gli obblighi. I piatti della bilancia devono rimanere sullo stesso piano. Se sulla bilancia di Tizio viene caricata una quantità 100 sul piatto della libertà , allo stesso viene caricata una quantità 100 sul piatto della responsabilità; ugualmente per Caio 50 di libertà su un piatto e 50 di responsabilità sull’altro e cosi via per ogni altro componente. Il rapporto fra libertà e uguaglianza rimane sempre di 1 (uno). Pertanto ciascun soggetto, caricando sulle sue spalle la propria bilancia, rimane “uguale” agli altri pur portando un carico “diverso”.

Come è facile comprendere, il principio in esame contiene in sé stesso (per la sua struttura logica), i seguenti principi normativi.

  1. Nessuno deve recare danno alla vita altrui (neminem laedere); nessuno opprime (prevarica), nessuno è oppresso, (prevaricato);
  2. Lo sviluppo della personalità di ciascuno non deve essere di ostacolo (ed anzi, per quanto possibile, deve essere di aiuto) allo sviluppo della personalità altrui;
  3. Ad ognuno è riconosciuto il diritto di ottenere un compenso in relazione al contributo che egli fornisce all’utilità del vivere della società nel suo insieme (suum cuique tribuere);
  4.  Ognuno ha il dovere di rispondere dei danni causati dalle sue azioni ai componenti la società e alla società nel suo insieme;
  5. Ad ognuno è assicurato, in misura uguale a tutti gli altri, il diritto di partecipare alle decisioni che riguardano la società nel suo insieme (principio democratico);

Possiamo così notare che, l’etica minima, può costituire “logicamente” (naturalmente) il fondamento di qualunque “regola” dei rapporti umani: qualunque sia il numero delle persone che entrano in rapporto tra loro. In sintesi, possiamo dire che l’etica minima è la regola di tutte le regole sia morali che giuridiche.

Per questo, alla stessa etica può essere attribuita la funzione “naturale” di “fonte primaria” di qualsiasi forma di “diritto positivo”: di qualunque insieme di norme espressamente dettate da qualunque “autorità costituita” per permettere una convivenza stabile e in un qualsiasi gruppo sociale organizzato (polis, res publica, stato, ecc.).

Chiunque è in grado di comprendere sul piano teorico e di osservare concretamente sul piano pratico che in una qualsiasi forma di convivenza (di un gruppo qualsiasi di persone): quanto più l’etica minima viene rispettata tanto più aumenta il vantaggio (la convenienza, e l’utilità) del vivere di ciascun componente e tanto più aumenta nello stesso tempo il grado di coesione del gruppo nel suo insieme. Mentre, al contrario, quanto più questa regola viene violata tanto più le condizioni di vita individuali e del gruppo si deteriorano.

Ogni membro di un ordinamento giuridico che consapevolmente abbia assunto a fondamento del proprio agire l’etica minima troverà “autonomamente” (spontaneamente) nell’etica minima la ragione, dell’obbedienza alle leggi.

Si può quindi ritenere corretto affermare che l’etica minima è in definitiva la stessa “cosa” (lo stesso concetto) e merita di essere denominata anche come “diritto naturale”: in quanto si tratta del concetto “originario e costitutivo sia della morale che del diritto”; il concetto a partire del quale si forma e si deve formare (per per il bene, di ciascuno e di tutti) qualunque regola dei rapporti umani e quindi anche qualunque regola di una qualsiasi forma di diritto positivo.

Da quanto sopra esposto si constata che l’etica minima consente di superare definitivamente l’antitesi tra le dottrine giusnaturalistiche e giuspositivistiche.

Osserveremo ora che la teoria dell’etica minima ci permette di individuare un punto di incontro  (un’area concettuale comune) in diverse teorie della morale che spesso vengono considerate come antitetiche. Crediamo di poter affermare che l’etica minima è individuabile in ognuno dei seguenti indirizzi filosofici.

    “Razionalistico” perché trova il proprio fondamento nella logica, la prima legge, innata nella mente umana, che rappresenta il funzionamento della “ragione”: la facoltà del comprendere e del comunicare universale, comune tutti i soggetti pensanti in ogni tempo e luogo.

    “Idealistico e spiritualistico” perché propone un “ideale di giustizia” nei rapporti umani fondato sul pensiero consapevole, un ideale che può realizzarsi nello svolgimento del processo storico come superamento e sintesi di esperienze culturali diverse e anche antitetiche.

    “Positivistico, empiristico, materialistico, fenomenologico” perché le norme dell’etica in questione sono “osservabili” e “sperimentabili” nella realtà oggettiva come “elementi costanti” del fenomeno costituito dal vivere insieme degli esseri umani.

    “Esistenzialistico” perché trova la sua radice nell’intuizione primaria della coscienza umana intorno alla condizione dell’esistere dell’essere umano “limitato nel tempo”.

    “Personalistico” perché assume come proprio valore fondamentale il riconoscimento del diritto di ogni singola persona umana, senza alcuna distinzione, al pieno sviluppo delle sue capacità vitali.

Nel prossimo capitolo esporremo varie osservazioni dalle quali potremo rilevare che nella storia dell’umanità si è concretamente messo in moto, sia pure con un percorso tortuoso e contraddittorio, un cammino rivolto alla progressiva attuazione dell’etica minima.

 

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.