di Alfredo Morganti – 7 marzo 2019
Renzi si vanta di aver distrutto lui i 5stelle, con il suo ‘no’ all’alleanza e finanche al dialogo. Così facendo li ha messi in pasto alla Lega, che se li sta divorando. A Renzi poco importa di Salvini, dunque. Importa di più che i grillini franino. Poco importa anche che quei consensi scivolino verso la destra, che gonfino la bisaccia dei leghisti, oggi (da sondaggi) oltre il 30%, secondo taluni al 35%. Di cosa vantarsi, dunque? Cosa rivendicare, se la peggiore destra ha preso piede nel Paese, se quel ‘no’ ha significato spingere seccamente i 5stelle, i loro elettori, nel baratro leghista? Ecco perché bisognerebbe stare zitti prima di parlare, e pensarci cento volte dopo il profluvio di chiacchiere renziane che ci hanno travolto negli ultimi anni. Lui, in fondo, è ancora lì a inseguire il mito del 40%, è infatuato da questo mito, e sembra che al 16-17% il PD ce lo abbia portato chi a un certo punto ne è dignitosamente uscito, non quelli che il partito lo hanno guidato come se fosse cosa loro. Non l’uomo solo al comando, dunque, ma quelli che contestavano per primi questo stile di leadership. Il risultato è che la stampa ancora porge un microfono all’ex tutto.
E mi sa che una grande responsabilità della sua OPA ostile e poi della sua ascesa ce l’abbiano avuta anche i media. Non pareva vero che il ‘mangiacomunisti’ avesse assunto le fattezze di un ragazzotto toscano molto furbo e molto guascone, abile con i media, capace di occupare minutaggio tv e, di fatto, ennesimo venditore di carabattole. Si sa, il Paese merita sempre chi lo guida. E oggi la situazione è tale che Renzi, i grillini, i leghisti siano ben più che meritati e si siano dunque accomodati con agio sulle poltrone di governo. La sinistra la smetta, adesso, di affidarsi all’uomo di turno, ai media, ai social, alle battute, alle faccine, e affronti invece l’impervio lavoro della ricostruzione. Le questioni strategiche sopravanzino quelle tattiche, la visione politica il piccolo cabotaggio, lo studio la chiacchiera, l’agire il semplice fare tecnico. Dico di più, non importa quanti e quali partiti od organizzazioni solchino la scena. Conta l’unità di intenti, pur nelle tensioni. Conta lo stile politico, l’approccio, il dialogo con le figure sociali, il raziocinio e la passione assieme. E magari, piano piano, torneremo a essere importanti per le sorti del Paese, dopo anni e anni di galleggiamento, bonus, sgravi, mancette e vergognosi sipari televisivi.