DI DEFUNTI E DI DIALOGO
Partiamo da un fatto a tutti noto.
Nel trascorrere della giornata la nostra coscienza può per brevi momenti immergersi nella memoria delle persone che ci hanno preceduto. Ciascuno nel suo intimo vive questo sentire: affievolito a volte, più intenso e ricco altre, e ci rassereniamo e rallegriamo per quell’irrompere della memoria, oppure trasportati altrove percepiamo con occhi inumiditi l’onda che ci avvolge e poi si ritira, quando la tirannia dei sensi ci richiama al mondo fisico e agli impegni che per momenti erano svaniti.
Sono istanti repentini, senza preavviso, senza data sul calendario o rituale domenicale o di visita cimiteriale. Sono quei momenti in cui il defunto è richiamato alla nostra attenzione. In un certo senso, bussa alla porta della nostra anima. Allora la memoria si volge su sé stessa e ricerca tra le condivisioni passate, e ne approfondisce il ricordo. E ne risulta, e ognuno potrà dire la sua esperienza al rispetto, ne risulta uno struggente desiderio di ritessere un discorso, di riprendere un dialogo, di passare altri momenti insieme. Di dire qualcosa che non dicemmo, di abbozzare un abbraccio se una volta ferimmo.
Una volta mi venne la balzana voglia di trascorrere un fine settimana insieme all’essere che lasciò in fretta questo piano, un altro ancora, solo un altro fine settimana! Immaginai poi la rinnovata sofferenza di un nuovo ineluttabile distacco, desistetti dall’idea e ne fui felice. A volte la saggezza mi accompagna.
Ma rimane quell’inquietudine e quel desiderio di rinnovato dialogo, di sguardo. Che sarà mai? Come calmarlo?
Vivendo qui sulla Terra noi percepiamo con gli organi fisici dei sensi. Quel desiderio struggente, com’è che mi raggiunge e chiede attenzione?
Nel mondo spirituale dove alberga il defunto non si può percepire con gli organi sensoriali, né emettere suoni o parole. Lì vi è impossibilità di percepire sensorialmente, ma allo stesso tempo al defunto non è annullata la sua coscienza, tutt’altro. La vita “sociale” là è come una espansione della coscienza e si è in contatto con molti altri esseri spirituali. Il defunto però sa di sé stesso, ma nulla più degli esseri con i quali è stato legato prima della morte fisica e che rimangono sulla Terra.
Il defunto sa quello che abbiamo sperimentato e vissuto con lui durante la vita terrena, ma con la separazione della morte quel legame si interrompe. Ora il defunto sa di aver vissuto con qualcuno qui sulla Terra, che questi continua a vivere, ma di lui conosce qualcosa solo fino al momento della morte. E’ un grande dolore: i defunti sentono la mancanza di quelli che hanno amato ma che non sono più vicini ad essi.
“Ero vissuto con qualcuno sulla Terra.” “So che egli continua a vivere, (se no, lo ritroverei qui con me come ritrovo altri) ma di lui so qualcosa solo fino al mio trapasso”.
Possiamo andare loro incontro. Possiamo stringere i legami con il defunto e allora per lui avviene come se noi lo guardassimo. E’ un segnale debole di percezione spirituale, da anima a anima, favorito dalla familiarità. Si percepisce perché il tempo trascorso ha creato in noi l’ambiente adatto, la sensibilità allertata. A volte la musica ci illumina e ci rapisce e ci riporta in atmosfere sottili donde si svela il mistero. In quei momenti respiriamo appena, la macchina del mondo si ferma e ci sembra di guardarci reciprocamente.
Ma che cosa fare, come intessere quel dialogo sottile? Certamente, in quei repentini momenti di contatto, siamo invasi da sentimenti e pensieri elevati, e ci viene spontaneo pensare qualcosa di bello e di vero che ci capita di stare vivendo, frutto di nostre acquisizioni sincere. In tal modo togliamo loro il dolore che non siamo più presenti, perché essi hanno bisogno di ciò di cui provano nostalgia.
E’ un primo inizio. E qui ci accorgiamo di essere divenuti più sinceri, più trasparenti, e non ci passerebbe per la testa di essere artificiosi o superficiali, ma vorremmo offrire al defunto il meglio di noi in questo momento. E’ un momento in cui la verità, la sincerità e l’umiltà fanno irruzione nella nostra vita. E’ la nostra evoluzione spirituale, perché non c’è altra parola se non quella. Sono le lezioni di vita imparate che vengono fuori e possono essere condivise con semplicità, come se anche noi guardassimo il nostro caro.
Quindi avendo cura sulla Terra di coltivare pensieri morali possiamo procurare alimento ai defunti. Ma li lasceremmo affamati se non portassimo loro pensieri spirituali. Se chi è rimasto sulla terra si nutre molto di rado di pensieri morali, l’anima del defunto non vi trova accesso. Nel mondo spirituale, morire non si può, ma ci si può sentire soli, e queste sono le sofferenze che le religioni riconoscono.
Quel che diamo e quel che essi accolgono è ciò di cui hanno bisogno per la loro vita. Possono allora soffrire se la vita spirituale inaridisce sulla Terra e se noi rimaniamo indietro. Noi viventi dobbiamo creare le condizioni affinché i defunti ci percepiscano, e già con i pensieri possiamo illuminare la nostra vita spirituale. E’ un importante pensiero evolutivo sapere che il defunto è raggiungibile da noi pur avendo attraversato la porta della morte.
Noi sappiamo che i defunti vivono. Il ricordo è la delicata irruzione nella nostra coscienza di qualcosa soprasensibile. E’ un pensiero che mai e poi mai potrebbe nascere dalla nostra attività rivolta al mondo fisico sensibile.
Quello che custodiamo nelle profondità dell’anima è ciò che importa, ma spesso non ne abbiamo idea. Siamo tutti così immersi nell’era tecnologica che ci offre meraviglie ed artefatti ma siamo attorniati da dispositivi puramente elettronici e meccanici, da rumori e movimenti incessanti. Ciò produce un’immagine che può rimanere inconscia ma che pure agita l’anima e può rubarci la fede nella vita dell’anima dopo la morte del corpo.
Se qualcosa quindi deve passare nel mondo dei defunti attraverso di noi, deve essere mediante la nostra calma interiore e la tranquillità d’animo, come contrappeso all’agitazione del mondo fisico. Evochiamo nel ricordo del defunto tutto quegli aspetti che costituirono il legame. La rinnovata coscienza della scomparsa fisica sempre si presenta come una livella che annulla discussioni, affanni e preoccupazioni. Si sente come una chiamata a ricordare che la vita dello spirito è quello che conta, qui come là.
Allora siamo spinti a offrire il meglio di noi. La nostra vita attuale non è una ripetizione meccanica degli anni passati, ma contiene in potenza un innalzamento della sua esistenza. Da dove proviene ciò che si accoglie? Sono esperienze dell’anima che si danno per mezzo di relazioni nuove con i fatti che la vita ci presenta. Ci sono esperienze libere che entrano per la prima volta nel nostro orizzonte e che ci possono arricchire.
La compassione, il perdono, l’altruismo, l’umiltà dell’ego sono altrettante opportunità per sconvolgere l’ordine cristallizzato delle cose e di infondere vita e calore nella dedizione al mondo.
Forse una le racchiude tutte, ed è l’amore che ora ci avvolge impercettibilmente. Queste acquisizioni nel cammino di spiritualizzare la nostra vita sono precisamente quello che possiamo in qualche modo “trasmettere” al defunto. Sono piccole luci che illumineranno il suo cammino e rinforzeranno il nostro.
FILOTEO NICOLINI
Una lettura ispirata all’Antroposofia di Rudolf Steiner
Immagine: TERRA E CIELO