Fonte: huffingtonpost
di Alessandro De Angelis – 26 ottobre 2017
Alla dieci di mattina, nell’Aula di Palazzo Madama, si materializza il fantasma. Ecco Denis Verdini, tono solenne, voce a tratti emozionata: “Una volta c’era l’appoggio esterno, adesso c’è l’appoggio fantasma coniato appositamente per noi. Un neologismo tartufesco. Perché lo sanno anche i sassi che qui dentro non c’è mai stata una vera maggioranza politica”. Il faccione dell’ex plenipotenziario di Berlusconi, l’uomo degli accordi indicibili, squarcia l’ipocrisia “che ha fatto comodo un po’ a tutti”, di ciò che è stato, ciò che è, e ciò che sarà, in un “teatrino degli equivoci durato anni”: “Noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura. Certo, siamo quattordici ministri senza portafoglio. E lo rivendichiamo!”.
Evviva la franchezza, dicono un po’ tutti i senatori, nei capannelli del Salone Garibaldi: “Parliamoci chiaro, ha detto le cose come stanno”. Unico guizzo in una giornata moscia. Gaetano Quagliariello, sorride sornione: “Un discorso che spiega tutto. Ha teorizzato la continuità tra berlusconismo e renzismo e poi ha scimmiottato Macron sulla fine di destra e sinistra, tranne poi dire che voterà lo ius soli perché vuole fare l’alleanza con Renzi. Un ideologo….”. Passa Mario Mauro: “Ha fatto una rappresentazione perfetta di quel che è”. L’imbarazzo, nel Pd, è tangibile, tra i non renziani che non subiscono il fascino delle consorterie toscane, direbbe De Bortoli.
Poco dopo, in Aula, interviene per Mdp Maurizio Migliavacca, e si capisce che la frattura a sinistra è irreversibile: “Con questa legge contribuite a una crisi della Repubblica, senza uno sbocco chiaro se non una deriva pericolosa. Un macigno che segnerà un passaggio d’epoca”. Poiché i macigni non si rimuovono è l’annuncio che la sinistra presenterà candidati in ogni collegio.
È il senso politico di questi anni: la rottura a sinistra, il blocco della Nazione. Ecco Verdini, dunque, alle dieci di mattina in Aula, nell’unico suo discorso di questa legislatura. Si descrive “tirato per la giacca”, “insultato”, azzarda addirittura un paragone con l’altro Nazareno, quello della Bibbia: “A chi mi insulta non rispondo. Dovrei dire ecce homo”. Parla proprio ora, proprio oggi, dopo mesi, anzi anni di un rapporto clandestino con Renzi, cene con Lotti, soccorso in Aula, strategie sui dossier che contano, senza mai ricevere una patente di presentabilità pubblica e politica, alla vigilia della legge di stabilità su cui batterà cassa e alla vigilia delle prossime politiche.
L’impresentabile rivendica una legge che “dicono è figlia mia, e non mi dispiace, ma semmai è mia nipote”, nel senso di figlia di un figlio, ricorda i voti su Def, abolizione dell’Imu, unioni civili, insomma la “lealtà” di questi anni, annuncia che sosterrà lo ius soli. Insomma, ci sono, e nelle sue parole c’è anche una sfida, perché – arrivati a un certo punto – amor con amor si paga. E l’amore, dopo anni di clandestinità, è un’alleanza alle politiche.
Non lo dice apertamente ma lo spiega, partendo da Berlusconi “grande innovatore” e arrivando a Renzi: “La sfida nelle democrazie occidentali non è più tra destra e sinistra, ma tra apertura alla modernità e chiusura nel passato”. I dietrologi ricordano, proprio in quel passaggio del discorso, il piano “Rosa tricolore”, rivelato nel lontano 2012 da Tommaso Cerno e Marco Damilano sull’Epresso. Il documento messo a punto da Marcello Dell’Utri e Denis Verdini, prevedeva l’azzeramento del Pdl e la creazione di una lista civica nazionale per sostenere l’allora sindaco di Firenze. In versione ridotta il documento il cui sottotitolo era “Per vincere le elezioni del 2013” è buono anche per il 2018, parecchi anni e parecchi guai giudiziari dopo. Una lista centrista, liberale, magari depurata dalle facce più imbarazzanti, alleata del Pd. E, dopo, di Berlusconi perché lo zio sa che la nipotina (questa legge elettorale) è birbante. E favorisce dopo il voto la grande ammucchiata delle larghe intese.