di Alfredo Morganti – 6 febbraio 2018
Il voto ci consegna un Paese terremotato a livello sociale e istituzionale, com’era ampiamente prevedibile. Le possibilità di formare un governo omogeneo sono nulle. E siccome tutti i raggruppamenti politici si sono adoperati a dire che mai faranno un governo disomogeneo, adesso è come se si fossero legati le mani da soli. Per di più, essendo probabilmente vicine nuove urne, i comportamenti politico-istituzionali saranno condizionati da una campagna elettorale strisciante. È l’esito conclusivo della Seconda Repubblica: nata dal disprezzo della rappresentanza, e tutta concentrata sui maggioritari e sui mandati diretti, vede oggi la ‘frantumazione’ politica come esito finale di un processo ormai pervenuto a maturazione. È questo lo scenario su cui si staglieranno le manovre politiche dei prossimi mesi. È una specie di contrappasso: avete voluto i premi maggioritari e il mandato leaderistico, adesso vi tenete una rappresentanza frantumata e priva di senso politico. Io credo che siamo all’interno di una crisi della democrazia rappresentativa come mai si era avuto in Italia. Una crisi pericolosa. Ragionare senza tenere contro di queste macerie attorno è limitante.
Di certo c’è un bel pezzo di Italia che si sente ai margini, che non vede lo Stato come casa propria, che è priva di una propria rappresentanza politica e sociale (di destra, di centro e non solo di sinistra) e che reagisce sostenendo quelli che questa assenza di rappresentanza gliela hanno segnalata con più intensità e che ne hanno fatto un emblema politico su cui chiedere consenso. I ‘contenitori’ (centrodestra/centrosinistra) figli della Seconda Repubblica, ormai dissolti, con la loro dissoluzione hanno prodotto gli effetti di un vaso di Pandora, creando uno sfarfallio di forze e una tremenda dispersione dei consensi. Ripeto, è un paradosso. Il regno della polarizzazione ha prodotto alla fine una dispersione caotica di parti con scarse possibilità di collegamento omogeneo. Si è puntato tutto sull’esecutivo, sulla vittoria ‘sin da domenica sera’, per pervenire infine all’assenza di risultato e alla morte dell’idea stessa di governo, accompagnata dalla trasformazione del Parlamento in un coagulo di nulla e poc’altro. È anche la vittoria della comunicazione, siamo in campagna elettorale permanente e le istituzioni appaiono poco più che il campo in cui posizionarsi per governare a colpi di ratifiche e di fiducia, sotto gli auspici di un Capo mediale.
E meno male che la sinistra di ‘LeU’, pur con un risultato sotto le attese, ha conquistato una rappresentanza parlamentare. A un certo punto non sembrava scontato. E meno male che la campagna elettorale ha prodotto un specie di connessione sentimentale tra donne e uomini che hanno combattuto fianco a fianco. È in questi frangenti che si piantano dei semi, nella prassi quotidiana e nella battaglia comune, non tanto riflettendo in sedi distaccate o progettando il futuro in termini quasi asettici o fuori contesto. Abbiamo un tesoretto di rappresentanza e di sentimenti, ora serve un lavoro di riflessione ampio e di larga scala sul contesto in cui siamo, sulle forze che vi operano, sugli attori che vi recitano, sui soggetti in campo. Indicando un percorso da seguire e una prospettiva di medio-lungo termine. Nessuno si illudeva che fosse facile, e nemmeno che bastasse una campagna elettorale a dirimere la questione. Ma non si spicca nessun salto senza una base su cui poggiare i piedi.