di Manuel Santoro, segretario nazionale di Convergenza Socialista
Per una convergenza progettuale, strategica, delle forze socialiste e di sinistra in Italia a valle del ‘Forum Europeo delle forze progressiste’ organizzato dal Partito della Sinistra Europea.
Premetto da subito che userò il termine ‘socialismo’ in senso largo, inclusivo, originario.
Il primo e ineludibile punto sul quale organizzare un ragionamento è racchiuso in una semplice domanda. Cosa è il socialismo, quali sono i suoi obiettivi politici e sociali.
Scartiamo da subito quella malsana idea secondo la quale il socialismo equivalga ad una sorta di riformismo centrista, annacquatamente moderato e blairiano. Non è quella la via.
Rispondere, quindi, alla domanda “cosa debba essere il socialismo” crea de facto una giusta e sana divisione nella galassia socialista poiché si forza l’emersione di chiari obiettivi finali diversi tra chi considera il socialismo alternativo al capitalismo e chi, invece, considera il socialismo come un velleitario esercizio appunto blairiano che renda il capitalismo umanizzato, accettabile alle fibrillazioni del moderatismo di sinistra e alla finanza internazionale. La chiarezza ideologica è prioritaria se si vuole avere alcuna possibilità di organizzare con successo una seria progettualità per la rinascita del socialismo italiano.
Tratto qui, in sintesi, dell’obiettivo ultimo del socialismo, del luogo temporale, cioè, dove i processi riformatori delle politiche socialiste debbano teoricamente fermarsi avendo esaurito la propria funzione edificante di emancipazione della persona all’interno di una società progredita. Penso che siamo tutti d’accordo sull’impronta progressiva, gradualista del socialismo. Penso altresì che proprio per il suo carattere evolutivo, il socialismo debba passare da fermate transitorie nelle quali si sollevino gradualmente le cittadinanze e i popoli dalle assillanti gabbie del capitalismo del 21-esimo secolo senza però perdere di vista l’obiettivo finale. In nessuna di queste fermate transitorie potrà considerarsi esaurito il nostro lavoro politico, anche perché abbiamo il compito attraverso l’azione quotidiana di incentivare una presa di coscienza generalizzata sull’alternativa ‘socialista’ possibile.
La questione che mi preme confermare è che il campo d’azione per la rianimazione della speranza socialista è nella sua alternatività, non certo in una vaga funzione emolliente nei confronti delle dinamiche del capitalismo. Una cosa è infatti intendere il socialismo come punto di arrivo puntellato da passaggi in cui gradualmente l’uomo si emancipa liberandosi dalle catene del capitale, altra cosa è intendere il socialismo come “animale domestico”, e addomesticato, del capitalismo. Su questo percorso dell’alternatività ci muoviamo e ricercheremo interlocutori consapevoli che il campo è largo ma i giocatori scarseggiano. Però la speranza è lì, non altrove, ed è lì che vive il futuro, è lì che si ricercheranno le ‘energie nuove’, non di certo nel mondo socialista pervaso da un riformismo centrista, o blairiano.
Chi è attento all’attualità, al contingente e non è indifferente alle dinamiche in atto nel mondo di cui fa parte avrà senza dubbio notato il cambio di paradigma, la crescente forza di riscatto dei popoli nei confronti del mondo “liberal”, il cui cuore è una classe dirigente globalista e transnazionale che va dalla politica all’informazione, dalle multinazionali alle banche. Il nostro problema è che tale forza di riscatto sfocia nei populismi di destra, catturata da forze sovraniste e nazionaliste, non certo da forze socialiste, internazionaliste e di sinistra. La pancia dei popoli vince a causa di un processo di annichilazione del ragionamento iniziato da tempo. Anche rimettere in moto il cervello sarà parte del nostro lavoro politico.
Se definiamo quindi, il socialismo come proprietà comune e controllo democratico dei mezzi di produzione e di distribuzione della ricchezza nell’interesse dell’intera comunità, come fecero i membri del Partito Socialista della Gran Bretagna nel 1904, ci rendiamo conto di quanta strada ci separi da quell’idea, di quanto l’evoluzione ideologica socialista si sia allontanata da quel ‘modello’, e di quanto sia doloroso assistere alle diatribe interne, ahimè di bassa cucina, del socialismo nostrano. Se assumiamo per un attimo che la definizione appena data sia l’obiettivo esistenziale del socialismo, il ‘sol dell’avvenire’ si diceva una volta, il percorso da intraprendere sarà sicuramente difficile, tortuoso e a tratti incerto, ma esso sarà fortunatamente diverso dai pellegrinaggi sulla via della effimera vanagloria ai quali ci tocca assistere da alcuni anni a questa parte, da parte di compagni ed ex-compagni. Niente è perduto. L’importante è evitare di essere tritati quotidianamente da diatribe malsane, senza progetto, e subire come banderuole il minimo cambio di direzione del vento all’apparire di un messia qualunque. La rinascita del socialismo italiano richiede metodo e perseveranza, chiarezza ideologica e volontà politica.
Il secondo punto sul quale spendere qualche parola è con chi portare avanti questa nobile opera di ‘rifondazione’ del socialismo italiano. Al netto della risultante dal primo scorporo politico-ideologico che abbiamo appena fatto ed entrando con entrambi i piedi nel nostro campo, il lavoro da fare è nel mare magnum del popolo italiano. Le energie nuove, dopotutto, sono da ricercare lì e solo un chiaro assetto ideologico può essere boa di salvataggio e trampolino di lancio insieme per la rinascita del socialismo italiano.