Dalla sinistra ai serial tv

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 10 aprile 2017

La destra è sparita dal radar del PD renziano. Lo ha ammesso l’ex premier stesso, secondo quanto racconta la Meli (“Ragazzi la vera partita è con i 5 stelle”), ma era chiarissimo e lo si evinceva dal tutto il resto. Renzi, i suoi comunicatori e i suoi ‘volontari’ parlano solo di Grillo, di Di Maio e della Raggi. Per certi versi fanno bene, visto che oggi ‘5Stelle’ ha 6-7 punti percentuali in più delle elezioni del 2013. Mica pochi. Poi dice che Grillo con Renzi sarebbe finito: roba da ridere. Per altro verso, però, questo parlare dei grillini come dei veri e soli avversari del PD, appunto, lascia intuire che la destra è davvero fuori mirino, se si escludono alcuni accenni annoiati ai populisti-fascisti, che nemmeno si capisce bene che cosa si intenda effettivamente con questa formula: Salvini? Meloni? E Berlusconi, che fine ha fatto? Magari è già al Nazareno, in incognito, pronto a stilare qualche altro patto segreto

L’assenza della destra dall’orizzonte renziano ci dice anche altro. Se è vero, come è vero, che la coppia destra-sinistra esiste in termini oppositivi, ignorare la prima vuol dire che nemmeno si dà più la seconda. Semplice. Non pronunciare mai la parola ‘destra’ è la stessa cosa che dire ‘noi non siamo affatto di sinistra’. Anzi, ‘mai stati’, parodiando Veltroni. Al più il PD è contro i ‘populisti’, senza nemmeno che ci spieghino il significato esatto che si vuol assegnare a questo termine altrimenti generico. Lo scontro politico insomma è vago, liquido, gassoso. È scontro personale, soprattutto. Persone che non esprimono identità di schieramento, non si ancorano ad alcunché. Ma vestono i caratteri di una sceneggiatura cinematografica: c’è l’eroe che ha un sogno da realizzare, la cui azione è contrastata dal ‘cattivo’, l’ ‘antagonista’, l’anti-eroe. Le funzioni narrative prevedono anche un aiutante, ovviamente, e pure un oggetto salvifico.

Nel plot renziano è Renzi stesso l’eroe; il suo sogno è rinnovare l’Italia; gli si oppongono il cattivo Grillo, e in subordine Salvini; e poi c’è l’aiutante dell’eroe, il Cavaliere, che agisce sullo sfondo e ha già stretto un patto con lui. Oppure Casaleggio stesso (colpo di scena) con cui farci la legge elettorale. E l’oggetto magico? La nuova App renziana che è pronta a inondarci di immagini, video ed enews. Un mondo parallelo, insomma, come nei serial televisivi, e nulla che somigli più alla politica in senso stretto. Uomini politici che sono soltanto personaggi, e che rappresentano solo se stessi. Non più un elettorato, non più un’opinione pubblica, né soggetti politici o sociali attivi come una volta. Solo funzioni narrative, solo ‘storie’, solo narrazioni che danno forma alla realtà. Siamo oltre la videocrazia temuta da Sartori. Lì era la tv ad agire sull’elettorato, che subiva passivamente i videocrati, ma almeno era fuori dall’apparecchio. Qui l’elettorato, invece, è ormai dentro la tv (o in rete), come in gabbia. Una volta dietro la politica c’era la storia. Oggi ci sono squadre ben pagate di sceneggiatori, che si battono a colpi di plot twist elettorali.

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