Fonte: Pickline
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I sogni, le aspettative della “Generazione di fenomeni” sono svaniti. Quei “ragazzi del muretto” sono stati traditi da quello in cui credevano e i loro desideri non si sono avverati. Oggi si potrebbe parlare di “Generazione senza lavoro”, ma sono sempre eroi
Un termine che sintetizzava il successo e la fiducia nel futuro – Quanto sono lontani i tempi in cui gli Stadio cantavano “Generazione di fenomeni”, una vera e propria colonna sonora per le leve tra gli anni ’80 e i primi anni ’90. Una canzone che ha segnato un’epoca, un termine che era stato coniato dal giornalista televisivo Jacopo Volpi, per descrivere con ottima sintesi comunicativa l’insieme della nazionale maschile di pallavolo dell’Italia guidata da Julio Velasco. Giovani, belli, atletici e con una gran voglia di vincere e farsi notare nel mondo. Erano queste le caratteristiche dei ragazzi che hanno scritto la storia della pallavolo italiana. Stesse caratteristiche, seppur in un contesto diverso, erano quelle delle ragazze e dei ragazzi citati nella canzone degli Stadio. «Generazione di fenomeni, tutti eroi; generazione di fenomeni, come mai?», è l’orecchiabile ritornello del noto gruppo di musicisti. Un brano che sintetizzava una generazione che stava crescendo, tra la scoperta dell’amore e cambiamenti di costume rispetto all’epoca precedente.
Da una generazione all’altra, sempre eroi – L’obiettivo era sensibilizzare quella generazione a guardare con occhi diversi la realtà circostante e a comportarsi di conseguenza. I ragazzi del muretto avevano grandi aspettative, immaginavano un futuro pieno di soddisfazioni tra studi universitari e lavori gratificanti. Pensavano a un’Italia migliore, quella che si sforzavano di creare, con gesti semplici, ogni giorno su quel muretto che era una sorta di diario comune, uno scrigno dei loro sogni, delle loro aspettative. A distanza di 18 anni, però, tutto è cambiato. Quel muretto, come gli altri muretti sui quali centinaia di gruppetti di quella generazione si riunivano per parlare, scherzare, amare, sono pieni di erbacce, siringhe, scritte volgari. Nel peggiore dei casi non esistono più e hanno dovuto far posto a edifici di viario genere. Adesso si parla di meno e quando lo si fa si utilizzano altri contesti, ma in generale è meglio non parlare, non pensare a un futuro che potrebbe essere ancora più angosciante del presente. Se l’incertezza è la protagonista dei nostri giorni, il futuro fa paura e genera inquietudine. È l’assenza di lavoro a renderci precari nella via e in ogni suo aspetto. Anche se esistesse ancora quel muretto non potremmo più andarci. Cosa diremmo, cosa faremmo? Meglio tenerlo nel cassetto dei ricordi e così dalla “Generazione di fenomeni” si è passati alla “Generazione senza lavoro”, ma gli eroi sono sempre tra noi e nonostante tutto non hanno smesso di sperare.