« Noi fummo i gattopardi, i leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene; e tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra. »
(Principe Don Fabrizio di Salina)
Sono arrivato a Milano sabato sera all’assemblea di Articolo Uno – Movimento Democratico e Progressisti appena in tempo per andare a cena ai navigli con quattro compagne unite da una grande stima nei confronti di Massimo D’Alema, che a un occhio cinico potrebbe sembrare quasi culto della personalità.
La cena è stata gradevole come quella di molte compagne e compagni che hanno partecipato alla tre giorni di “Fondamenta – L’Italia nel mondo nuovo” e questi momenti conviviali sono stati una delle cose migliori dell’assemblea per la voglia di reincontrarci di nuovo, di stare insieme in amicizia a discutere di politica come ai vecchi tempi.
Arrivati al caffè ho introdotto l’argomento che ci univa di più, cioè l’intervento di D’Alema sulla globalizzazione.
Marina Grazioli ha detto “un grande D’Alema, una bella lezione di politica internazionale, il giro del mondo in meno di un’ora, dalla Cina all’Iran, all’Egitto, al Libano, al Kosovo, all’America”. Ognuno ha sottolineato vari aspetti dell’intervento di D’Alema, le contraddizioni del governo italiano nei rapporti con l’Egitto, il ricordo dei genitori di Regeni, la politica estera italiana da tempo appiattita sulle posizioni del governo israeliano, che reca danno agli interessi degli stessi israeliani, i quali avrebbero solo vantaggi da una politica di pace in Medio Oriente, i pericoli della politica di Trump che aiuta l’Arabia Saudita in funzione antiiraniana con conseguenze di instabilità in tutta l’area…”
Maria Grazia Bonicelli, ha ricordato che D’Alema si è assunto tutta la responsabilità dell’intervento italiano nella guerra in Kossovo, anche se capo del governo era Prodi. D’Alema ha detto “non sono un pericoloso pacifista” e ha rivendicato che anche grazie alle missioni di pace italiane l’ONU ha riportato la pace in Libano.
Ho chiesto “non avete preso appunti?” e Maria Grazia mi ha risposto con un aneddoto raccontato tempo fa da D’Alema, di quando giovane segretario della FGCI fu invitato alla segreteria del PCI e si mise a prendere appunti, gli si avvicinò Pajetta il quale gli disse “compagno, solo le spie prendono appunti”.
Ho chiesto se D’Alema ha parlato della situazione politica italiana, e le mie compagne all’unanimità hanno risposto che l’argomento era un altro e tutte sono rimaste colpite da una frase: ” anche se si è in pochi, quando si ha una meta, un pensiero “lungo”, non si è minoritari; la sfida oggi è tornare a una visione umanistica che ridia un’anima alla globalizzazione”.
D’Alema ha evidenziato che è mancata una guida politica del processo di globalizzazione, anzi ha prevalso l’idea che la politica non serviva e che doveva cedere il posto all’economia. Il nazionalismo e il populismo sono risposte sbagliate a un bisogno reale; nella società industriale il luogo di produzione della ricchezza coincideva con l’industria, luogo di conflitto lavoratori/padroni, ma era anche luogo di controllo sociale da parte della classe lavoratrice.
Marina dice “D’Alema è un vero leader, ha una grande capacità di analisi e chiarezza di esposizione; ho trovato molto interessante anche l’intervento di Pierluigi Bersani e non vorrei mai dover scegliere tra Bersani e D’Alema (anche per affetto verso Maurizio Bruni)”.
D’Alema è visto come il “cattivo” contrapposto ai “buoni” come Veltroni e Prodi; in realtà tutte le donne presenti, forse per istinto materno, concordavano nel dire che è fin troppo buono.
Maria Grazia confessa di essere riuscita a impossessarsi dell’origami appena fatto da D’Alema, anche se Enrico Rossi (che lo ha seguito sul palco) lo ha un pò pasticciato.
Finita la cena abbiamo camminato nei navigli e un velo di tristezza ha avvolto tutto il mio paesaggio interiore. I racconti di gioventù delle mie occasionali compagne hanno aperto uno squarcio di dolore nei miei ricordi di speranze e fallimenti politici e umani, qualcosa che non c’è più e non potrà più tornare ma che è ancora vivo dentro ognuno di noi. Mi è venuto alla mente Carlo Cattaneo, il risorgimento a Milano e due film che ho rivisto di recente “Noi credevamo” e “Il gattopardo”, quei patrioti che hanno combattuto per 50 anni, hanno litigato tra loro, quasi sempre velleitari, hanno collezionato soprattutto dolenti sconfitte, con i Borboni, gli austriaci, i francesi, il papato. E dopo 50 anni si sono ritrovati uniti dalla monarchia più ottusa del mondo – i Savoia – che per ringraziamento per l’unità dell’Italia li ha fatti prendere a fucilate dall’esercito “dei piemontesi” sull’Aspromonte.
In fondo l’Italia non è cambiata da quei tempi, come nel film Il gattopardo, quando il Principe di Salina si sente rassicurato dal nipote prediletto Tancredi che, pur combattendo nelle file garibaldine, cerca di far volgere gli eventi a proprio vantaggio e cita la famosa frase: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Specchio della realtà siciliana, questa frase simboleggia la capacità di adattamento non solo dei siciliani ma di tutti gli italiani, sottoposti nel corso della storia all’amministrazione di molti governanti stranieri, hanno dovuto per forza sviluppare. E anche la risposta di Don Fabrizio è emblematica: “…E dopo sarà diverso, ma peggiore.”
Il trasformismo politico ci ha accompagnato in tutti questi 150 anni (tranne durante il periodo dei grandi partiti di massa) a partire da Francesco Crispi da mazziniano a ultimo e quindi più fedele sostenitore dei Savoia, fino ai giorni nostri con Orfini, Fassino, Verdini, Martina e c.
D’Alema è l’esatto opposto di Tancredi/Renzi. Si è sempre opposto a questo “destino” dell’Italia, ha sempre tentato di cambiare le tristi sorti della politica italiana, e forse questo è il motivo per cui è così “divisivo” e odiato. Recentemente ha detto di aver sentito il “richiamo della foresta” e ancora oggi quello che lo muove è la passione politica, il rispetto per il popolo e per la sinistra, non certo il potere. Un vero guerriero biblico.
Il giorno dopo lo osservavo mentre ascoltava in silenzio tutti gli interventi, alla fine i giornalisti lo hanno incalzato alla ricerca della battuta d’effetto. Il nostro mondo di speranze, nato negli anni ’70, è vivo solo dentro di noi, una generazione che aveva ideali e che ha fallito. Combatteremo sempre e perderemo sempre – combatteremo ancora. Ma la storia dell’uomo, che è una storia di dolore, di fatica e di brutture, nelle onde lunghe è una storia di fallimenti, di sconfitte di classe ma anche di progresso dell’umanità.
Ps di Gian Franco Ferraris del 4 luglio 2017
D’Alema va impiegato al contrario
Massimo D’Alema deve essere schierato in prima fila nel campo del centrosinistra, ovvero occorre mettere al centro del dibattito politico un punto di vista di sinistra per affrontare i gravi problemi del Paese derivanti dal ritorno al feudalesimo per lo strapotere del mondo finanziario rispetto alla vita delle persone.
Occorre affrontare senza altri ritardi i problemi veri del Paese, invece di perdere tempo a parlare di schieramenti. Metà dei cittadini disertano le urne, non è questo un problema serio? a me pare di sì, è un insieme di protesta, cinismo, disagio sociale, disoccupazione giovanile. Una forza politica seria dovrebbe porsi l’interrogativo di come fronteggiare questa tragica e profonda frattura tra la politica e le persone.
A Brancaccio come in piazza Santi Apostoli era assente una critica approfondita dei Poteri e delle scelte in materia economica dei neoliberisti che sono la causa principale dei problemi del mondo attuale. Ma come ha scritto Laura Lauri queste due comunità hanno l’obiettivo comune di: “affermare una forza a sinistra che torni a dare rappresentanza a chi non ce l’ha più da tempo e si è rifugiato nell’astensione.”
Ascoltate il video con l’intervento di D’Alema a Milano alle fondamenta di Articolo Uno e confrontatelo non solo con l’intervento di Pisapia in piazza Santi Apostoli ma anche con i comizi di Renzi e degli altri politici sullo scenario politico attuale. D’Alema ha capacità di analisi e chiarezza di esposizione al cui confonto gli altri politici paiono i Presidenti delle Pro loco dei miei poveri paesi.
I Poteri preferiscono che a governare ci siano simpatici giullari e teatranti, così fanno con facilità quello che vogliono, ma agli interessi della collettività servono politici antipatici (anche se D’Alema è pure simpatico) ma competenti e “di sinistra” non perchè si autodefiniscono di sinistra ma concretamente si preoccupano della qualità della vita delle persone
2 commenti
la tristezza di vedere questi “leoni” da poltrona tornare sempre, senza dignitosamente fare i conti con il loro passato non certo glorioso, prevale quasi sulla tristezza di essere tornati a galleggiare sulla vecchia palude delle mille sinistre velleitarie e delle sconce destre…
Paola Calabrini, di D’Alema si può dire tutto tranne che velleitario. Poi è molto meglio di quello che tanti commentatori influenzati da La Repubblica è da atri media, scrivono.