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Presentazione del libro di Sergio Gentili “Questo è un fatto e i fatti sono ostinati. Lenin e l’Ottobre ’17. Una lettura politica” (Ed. Bordeaux)
Registrazione video del dibattito dal titolo “Presentazione del libro di Sergio Gentili “Questo è un fatto e i fatti sono ostinati. Lenin e l’Ottobre ’17. Una lettura politica” (Ed. Bordeaux)”, registrato a Roma mercoledì 13 dicembre 2017 alle ore 18:03. La trascizione (sbobinatura) è di Giovanna Ponti
Dibattito organizzato da Bordeaux Edizioni.
Sono intervenuti: Chiara Geloni (giornalista), Massimo D’Alema (presidente della Fondazione Italianieuropei e presidente della FEPS, Articolo 1 – Movimento democratico e progressista (gruppo parlamentare Senato)), Michele Prospero (professore), Sergio Gentili (saggista e storico).
Interventi di D’Alema – Roma 13 dicembre 1917
trascrizione a cura di Giovanna PONTI
La Rivoluzione russa si stacca dal marxismo ortodosso tanto che Gramsci parlò di “rivoluzione del capitale”. Infatti contrariamente alle tesi di Marx secondo cui una determinata forma economica sociale non si estingue fino ad avere sviluppato le sue potenzialità produttive, la Rivoluzione di ottobre dimostra come la determinazione dell’azione può rompere questa regola . In Russia la storia della borghesia e del capitalismo al potere, che poteva occupare un secolo di storia, si sviluppò in pochi mesi e lì si concluse.
Fra Lenin e altre forze rivoluzionarie è proprio su questa questione che si consumò una frattura. Esse ritenevano che un’accelerazione così brusca della rivoluzione proletaria non fosse compatibile con la realtà della Russia e l’impostazione marxista.
L’ottobre russo dimostra invece come la potenza creatrice della politica possa forzare i tempi della storia, dimostra che la politica non è semplicemente lo svolgimento dei compiti che l’economia le assegna , ma è una forza che può sconvolgere i tempi della storia.
La vera grande creazione politica di Lenin non consiste tanto nell’aver saputo prendere in contropiede l’ondata reazionaria che si stava promuovendo e il colpo di stato che si andava preparando guidando l’insurrezione.
Il vero capolavoro di Lenin è precedente, nel periodo che va dalle tesi d’aprile fino all’autunno: è questo il momento in cui Lenin conquista la maggioranza. Prima di tutto Lenin vinse nel suo Partito, dove c’erano molti contrari alla sua linea (Kamenev ad esempio pubblicò sui giornali la sua opposizione all’insurrezione) e dove il CC del partito decise 10 contro 5 l’insurrezione (la storia rimanda anche l’incertezza e l’ambiguità della posizione di Stalin in quel momento). Fu Trotsky a sostenere la tesi leninista insurrezionale. Lenin conquistò la maggioranza dei soviet che i bolscevichi non avevano, con una piattaforma che fu in grado di convincere le forze motrici della rivoluzione. Forze motrici che non furono i contadini, ma gli operai e i soldati. Lenin colse il nesso fra la guerra mondiale e l’occasione rivoluzionaria: sostenne con maggior determinazione la tesi della pace conquistando un esercito che veniva mandato allo sbaraglio dai generali zaristi (in quegli stessi mesi prima di ottobre si ebbero 60.000 morti fra i soldati russi al fronte). Lenin conquista i militari che diventano poi una forza determinante per la rivoluzione e conquista parte della élite militare ( vedi ruolo dei marinai della flotta del Baltico). Quindi la parola d’ordine della pace unita alla parola d’ordine dell’orario di lavoro a 8 ore e della terra ai contadini sono le basi della piattaforma che consente a Lenin di conquistare la maggioranza.
Aggiungiamo che la Germania non era contraria all’uscita dalla guerra della Russia e questo consentì agli esuli bolscevichi di raggiungere la Russia con una certa facilità.
La Russia aveva affrontato la guerra mondiale in una drammatica condizione di impreparazione che le faceva pagare un prezzo altissimo di vite, quindi il desiderio di pace era fortissimo. Questa fu la chiave che rovesciò i rapporti di forza con i menscevichi.
Le conseguenze della rivoluzione russa furono molteplici: ha mutato i rapporti di forza mondiali, ha generato un campo di forze intorno all’Unione Sovietica, ha influenzato l’esito della seconda guerra mondiale e la storia dell’Occidente . In Occidente è innegabile che la storia dello sviluppo del welfare fu influenzato dagli esisti della rivoluzione d’ottobre. Naturalmente poi ci furono gli eventi negativi che conosciamo e che portarono Berlinguer a dire: “la forza propulsiva dei paesi nati dalla rivoluzione russa si è esaurita”.
Dire che la degenerazione totalitaria era implicita nel leninismo è una tesi che non ho mai condiviso: sicuramente un peso lo ebbe la guerra civile che si sviluppò all’indomani della rivoluzione con l’appoggio delle potenze straniere. La controrivoluzione si trascinò per anni e anni. Mentre l’evento insurrezionale fu quasi senza spargimento di sangue perché il nemico si sfaldò, la guerra civile successiva fu invece terribile e questo ha avuto sicuramente una ripercussione sull’involuzione totalitaria. Il punto di svolta si ebbe a partire dal 1926 con la rottura dell’unità del gruppo dirigente e l’avvio dello stalinismo.
Che lo stalinismo sia la prosecuzione del leninismo io non lo credo proprio, è una mia convinzione che non rientra in questo dibattito. Gramsci, che fu certamente un critico dello stalinismo, non lo poneva in continuità con il leninismo e io concordo con lui.
Il senso del libro è che la politica può cambiare la storia, l’azione umana può essere determinante. La politica può dare risposte ai grandi nodi storici.
Oggi ci troviamo di fronte a un distacco tra la politica attuale e alcuni grandi problemi che si sono venuti ad accumulare nelle società avanzate del mondo occidentale.
Le democrazie occidentali hanno dovuto tenere conto del comunismo, hanno dovuto incorporare alcuni di quegli elementi di novità che erano contenuti nel punto di vista dell’avversario, per dirlo in termini gramsciani, per esempio stabilendo dei limiti all’esercizio della proprietà privata (come prevede la nostra Costituzione e che è un elemento del comunismo). Nel momento in cui l’assetto mondiale cambia e si afferma dal punto di vista culturale una sorta di unipolarità del mondo, il liberismo sfrenato si afferma e dimentica quegli elementi di giustizia sociale.
Crolla l’idea di regolare l’esercizio della proprietà privata, della finanza e il liberismo che ne consegue non ha nulla a che vedere con il pensiero liberale. Il pensiero liberale è parte della tradizione del pensiero politico democratico, questo liberismo moderno ha invece un profondo contenuto antipolitico fino a teorizzare il dominio dell’economia e della finanza sulla politica con le conseguenze che sappiamo.
La politica è ridotta a propaganda, nascono varie forme di populismo mentre nella società crescono grandissime domande che non hanno una risposta. Sono domande di giustizia sociale a fronte di una paurosa crescita delle disuguaglianze. E’ evidente che l’esercizio del potere economico finanziario senza regole né vincoli ha portato alla crescita delle disuguaglianze, della povertà, un diffuso malessere sociale. E tutto questo non trova risposte. Ci sono forze che cavalcano questo malessere, che lo indirizzano verso falsi obiettivi (la paura degli immigrati, la distruzione della politica e delle istituzioni, le campagne qualunquiste con effetti totalmente demolitori sulla struttura della democrazia italiana). Ora andiamo verso una campagna elettorale che nessuno può prevedere come possa essere. In un Paese dove non esiste nessuna forma di finanziamento pubblico della politica, neppure i rimborsi elettorali, si regalano favori alla politica più legata agli interessi del potere economico-finanziario e si va alla degenerazione plutocratica della politica.
Il problema che si pone è: o c’è una sinistra che è in grado di dare una risposta al malessere sociale, di trovare una via attraverso la quale tornare a uno sviluppo regolato oppure il rischio è quello di una crisi della stessa democrazia. Quello a cui stiamo assistendo è uno svuotamento progressivo della democrazia.
Per esempio il grande campione della democrazia Macron, cui tutti vanno a baciare le pantofole, è stato eletto con il 16% dei voti francesi. Il grande problema di Macron non è quello di convincere i tedeschi, ma è quello di convincere i francesi. Il doppio turno è un sistema artificioso che alla fine riduce la base reale di consenso per cui Macron è stato eletto da una minoranza ristretta di francesi .
La sinistra si è divisa fra una parte importante che ha subìto l’influenza culturale del neoliberismo e di una certa visione ottimistica della globalizzazione e una parte più ristretta che si è opposta al processo neoliberista con strumenti inefficaci. La sinistra quindi è frantumata fra subalternità all’esistente e un minoritarismo spesso velleitario. Occorre ricostruire l’unità della sinistra su un terreno alternativo che non può non prendere le mosse dalla scoperta delle ragioni fondative. Non è un caso che in questa crisi due anziani signori, abbastanza strani, Sanders e Corbyn parlino alle nuove generazioni.
Sanders avrebbe forse potuto vincere le primarie, e forse le ha anche vinte, e se fosse andato al ballottaggio non si sa come sarebbe andata perché l’America cercava volti nuovi.
Corbyn è sempre rimasto nel Partito laburista perché il partito laburista, anche quello di Blair, non ha mai rottamato, ha sempre tenuto e valorizzato le minoranze al suo interno. Anche chi ha pensato che Blair fosse proprio il peggio si è quindi sbagliato. Blair ha sempre tenuto all’unità del suo partito perché sapeva che l’unità era la sua forza.
Che cosa unisce questi due anziani signori? Il fatto che hanno rilanciato la sinistra a partire dalle ragioni fondative della sinistra.
Corbyn sta sfidando il governo sul tema della comodità abitativa. Nella sua campagna elettorale ha puntato sulla questione che i figli dei ceti meno abbienti non possono studiare. Problemi quindi, problemi reali.
La sinistra deve quindi dare una risposta ai bisogni, alla sofferenza della società perché se non si trovano le risposte ai propri problemi tutto ripiega o nella rinuncia (vedi astensione al voto) o in voti puramente distruttivi dovuti alla seduzione di demagoghi e raccontatori di favole. In Italia c’è un giornalismo servile diciamo e, per la prima volta nella mia vita, mi capita di leggere che noi veniamo considerati esponenti di una formazione di estrema sinistra. Non me lo ero mai sentito dire. Io sono stato in una posizione robustamente centrale, all’interno del mio campo naturalmente, e oggi mi sento definire estremista.
In realtà vi è una sostanziale omologazione politica di tutti i partiti: tutti e tre i maggiori partiti propongono di ridurre le tasse per tutti ad esempio: La questione fiscale vista da sinistra è sempre stata affrontata come una questione in grado di ridurre le disuguaglianze: chi ha di più paghi di più. Invece oggi tutti sono per una diminuzione delle tasse a tappeto.
Un’altra questione che domina il dibattito politico è che bisogna tenerli a casa loro perché siamo “invasi” e tutti e tre i maggiori partiti sostengono che bisogna arginare queste invasioni magari facendo delle cose che fanno dire ad Amnesty International che noi siamo complici della tortura e dello schiavismo.
Questo tipo di linguaggio demagogico prescinde quasi sempre dalla realtà.
In un Paese dove ci sono 100 miliardi di evasione fiscale è un discorso quantomeno carente di qualche parte pensare di ridurle a tutt;, in un Paese in cui il 20% della popolazione detiene il 70 % della ricchezza forse bisognerebbe dire che bisogna che le grandi ricchezze o gli evasori paghino le tasse o più tasse.
Così come sul tema dell’immigrazione non siamo assolutamente invasi, anzi siamo un Paese che si spopola ogni anno di 40/50 mila unità. Un Paese che si spopola e invecchia.
Dice che bisogna mettere al bando le fake news, no, bisogna cercare le poche notizie vere che circolano perché il dibattito pubblico è dominato da una uniforme demagogia basata sulla menzogna, sulle paure e le percezioni dell’opinione pubblica che vengono alimentate e sostenute.
Non saprei come definire una nuova forza: più a sinistra? Basterebbe dire più seria e più ragionevole che già è una posizione quasi eversiva, estremista direi nel nostro paese.
Se si dice che stiamo crescendo, ma non si spiega che il mondo cresce del 5%. l’Europa del 3% e noi del 1,7% , La domanda dovrebbe essere: perché non riusciamo a crescere come gli altri?
Oppure: è cresciuta l’occupazione. E allora come mai sono diminuite le ore lavorate del 5%? Quale lavoro si considera?
Ieri Mdp ha presentato in Parlamento un ordine del giorno per chiedere che venga discusso il riconoscimento dello stato palestinese, come peraltro hanno fatto diversi paesi europei. Ebbene questa risoluzione è stata bocciata da tutti i partiti. Solo alcuni parlamentari, come Gianni Cuperlo, hanno votato a favore a titolo personale , mentre il monopartito (Pd, Fi, 5S,ecc) ha votato contro. Questa votazione mi conferma la omogeneità negativa nel quadro politico e l’esigenza che nasca questa nuova forza politica e mi ripaga dello sforzo che stiamo facendo.