D’Alema, cosa pensi? del campo largo, della guerra in Ucraina, di Israele…

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Antonello Caporale
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Avanzare pretese, ambire a riconoscenze sono figlie del tempo dell’egoismo. A una certa età si diventa molesti. A me infastidirebbe rivestire i panni di quello che dice: io, io, io. Non nascondo però che qualche volta mi sarei aspettato dal Pd una domanda: ma tu, D’Alema, cosa pensi?

E lei cosa avrebbe risposto?

Che non ha senso, per esempio, questa guerra in Ucraina, innescata – bisogna sempre ricordarlo – dalla Russia, e destinata a non avere fine. È necessario che l’Europa riconosca che i grandi della terra non sono al di qua degli Urali, ma al di là. E che la Cina si interroga su come risolvere il conflitto. Settanta personalità sono state convocate a Pechino, di cui sette europei, e io tra questi.

Tornato in Italia le hanno chiesto di Xi Jinping?

Zero carbonella.

Ora siamo alla festa dell’Unità. Lei è l’ospite d’onore. Hanno voglia di ascoltarla. 

Siamo però qui a parlare di Enrico Berlinguer, non del Pd.

Lei è stato il cocco di Berlinguer. 

Sono stato cooptato nelle funzioni alte, diciamo. Devo ammettere che il merito c’entra fino a un certo punto. Quando morì Jurij Andropov (il segretario del Pcus, ndr) Berlinguer decise che fossi io ad accompagnarlo a Mosca. Fummo ospiti dell’aereo di Stato sul quale viaggiavano Sandro Pertini e Giulio Andreotti.

Sull’aereo giocaste a scopone e lei ebbe Andreotti come compagno.

Me la cavavo bene a scopone, io e Andreotti piegammo Pertini e Berlinguer per ventidue a zero.

Berlinguer si incavolò. 

A dire la verità fu Pertini a prenderla malissimo. Berlinguer mi redarguì. Mi disse: le persone intelligenti non sono arroganti. Io mi ero mostrato tale al tavolo da gioco.

Cosa direbbe Berlinguer della trascuratezza con la quale la sinistra assiste al conflitto israelo-palestinese?

Ogni tre ore, non ogni tre giorni, mi giungono sul telefono le foto agghiaccianti di quella guerra, del massacro dei bimbi palestinesi, della disgrazia assoluta di quel popolo. Certo, l’orribile massacro del 7 ottobre ordito da Hamas contro Israele ha dato la spinte decisiva a questa spietata escalation. Sapere che i bambini vengono colpiti in testa utilizzando proiettili esplosivi, sapere che vengono incendiate le case, sapere che viene sabotato l’acquedotto, mi fa dire che l’Occidente usa il solito doppio standard: gli amici hanno la mano libera, gli altri devono subire.

La platea sta applaudendo le sue parole. Vede? Conferma la distanza che separa gli eletti dagli elettori.

Ai miei tempi per vincere le elezioni c’era bisogno di conquistare venti milioni di voti. Oggi Meloni è a palazzo Chigi con dodici milioni di voti.

Il popolo resta al bar o sciama nei centri commerciali.

I salariati, gli operai, la fascia sociale con più problemi è quella che per nostra colpa è divenuta più distante, ci ha lasciati.

La sinistra per vincere ha bisogno di arare un campo largo? Qui a Pesaro, su questo stesso palco, Matteo Renzi è stato applaudito. Dall’odio indiscutibile all’amore indistruttibile. La questione da politica si fa psicanalitica.

Mettiamo le cose in fila. Ognuno peserà per i voti che ha. È un errore sopravvalutare l’apporto di questo o quello. E prima di arrivare a fare l’alleanza ci saranno molti test, ci sono elezioni regionali e amministrative, bisognerà dare prove di coerenza. Fa bene dunque Elly Schlein a non cadere nella trappola dell’inutile gioco della torre. Ai miei tempi con Lamberto Dini facemmo l’alleanza nelle ultime ore, scegliemmo di farlo partecipare.

Quando Berlusconi l’accusava di essere comunista lei si schermiva, quasi volesse dimenticare il passato.

Adesso mi sta scambiando con qualcun altro. Non è così? Sono stato sempre fiero di essere stato comunista.

Se il Pd la richiamasse in servizio?

Sto bene dove sto. Ma se chiedono un consiglio, un’idea…

La aspettano alle cucine della festa per un saluto.

Eccomi qua.

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