Fonte: Il Fatto Quotidiano
Da Vannacci a Toti è avanspettacolo
Roccella contestata dagli studenti abbandona il forum: “Io censurata”.
Poiché anche soffiarsi il naso può essere campagna elettorale, se non si hanno altri argomenti da spendere, domandiamoci quanti voti potrebbero spostare gli ultimi eventi finiti sulle prime pagine dei giornali.
Format Censura! Censura! Deplorevoli entrambi i casi ma come impatto mediatico non c’è paragone tra la Rai, servizio pubblico, che cancella la messa in onda del 25 aprile di Antonio Scurati e la ministra della Famiglia contestata e zittita da un gruppetto di studenti. Vicende di cui tra un mese quando si voterà per le Europee probabilmente si sarà persa memoria. Ma, soprattutto, la strumentalità del martirio politico spesso è così evidente che finisce per irritare l’opinione pubblica che non ama essere presa per i fondelli. Il direttore del Washington Post a cui chiesero che cosa avesse imparato al timone di una testata così prestigiosa, rispose: che tante volte i lettori ne sanno più di noi.
Format Vannacci volano gli stracci. Schiavo del personaggio il generalone è impegnato a spararle sempre più grosse per adeguarsi alla domanda di omofobia, razzismo, fascismo, becerume a vario titolo che proviene dai suoi potenziali lettori-elettori. Ma è come pestare la stessa acqua (sporca) nello stesso recipiente. Anzi, ai nazisti dell’Illinois certe sue timide prese di distanza dagli eccessi di mostruosità fanno storcere il naso. Possibile quindi che prenda meno voti delle copie vendute.
Format Così fan Toti. L’avanspettacolo delle istituzioni svendute sulla barca del riccone ha una sua originalità stracciona che tuttavia ci si chiede quanto potrà modificare il giudizio di chi ha già smesso di recarsi ai seggi, e perfino turandosi il naso? Sicuramente un altro brutto affare per la sorella d’Italia già gravata dal caso Santanchè che, pensiamo, fosse per lei sarebbe già andata a casa da quel dì. Ora ci si mette pure Toti a traccheggiare sulle dimissioni con il sostegno sempre biforcuto di Salvini. Per i guai della Meloni vale il detto: meglio una fine tormentosa che un tormento senza fine. Anche perché, oramai, la questione morale si è trasformata in modalità intrattenimento. Si osservano nei talk i piazzisti del garantismo pro domo loro con la stessa sadica curiosità di chi al circo attende la pagliacciata finale. Per non parlare dei contorsionismi dei giornalisti al seguito costretti a suonare il violino in un casino e a difendere gli indifendibili boss della Regione Liguria. Tanto che il prossimo 9 giugno se ci sarà il sole si rischia di correggere la famosa battuta di Pietro Nenni in: spiagge piene, urne vuote.