Mentre Cuba ed Ecuador vivono giornate scandite da blackout e tensioni legate alla crisi energetica, la narrazione mediatica che raggiunge l’Europa disegna due realtà completamente diverse.
Sebbene entrambi i paesi si trovino ad affrontare blackout prolungati e mancanze infrastrutturali, i media occidentali, con notevole perizia, applicano due pesi e due misure che dipingono Cuba come un’apocalisse imminente e l’Ecuador come una nazione che lotta per una quotidianità compromessa.
### 1. Cuba: tra catastrofismo e demonizzazione
La copertura della crisi energetica di Cuba da parte dei media europei, in particolare spagnoli, si può descrivere come un bombardamento di titoli apocalittici: “Cuba si affaccia su un baratro senza fondo”, “Un’isola immersa nell’oscurità infernale”. Testate come *El Mundo* o *El País* trasformano le difficoltà dell’isola in una continua discesa negli inferi, insistendo su un presunto “fallimento sistemico” e sull’inevitabilità di un collasso. Il messaggio, velato o meno, è chiaro: la crisi è il risultato di una “rivoluzione fallita”.
Questa rappresentazione di Cuba come paese allo stremo, avvolto nelle tenebre, trascura in modo deliberato le cause reali della crisi, specialmente il blocco economico imposto dagli Stati Uniti. Il quotidiano *El País* etichetta l’embargo come una “scusa perpetua del nemico esterno”, senza mai accennare al fatto che si tratta di un assedio condannato 32 volte dalle Nazioni Unite e unanimemente denunciato come una violazione dei diritti umani. Ignorando questo elemento, la stampa europea finisce per legittimare, o quantomeno minimizzare, le conseguenze di un’aggressione economica dichiarata che colpisce direttamente la popolazione civile.
### 2. Ecuador: tra umanità e normalizzazione
Al contrario, la crisi energetica in Ecuador viene descritta con toni comprensivi e misurati. *El País* e altre testate mettono in luce come le difficoltà nei blackout influenzino l’“umore, l’organizzazione del tempo” e la routine quotidiana. Non si tratta di toni allarmistici, ma di riflessioni empatiche su persone che cercano ristoro in caffetterie e centri commerciali, con connessioni Wi-Fi e aria condizionata.
La narrativa mediatica giustifica la crisi energetica in Ecuador come un risultato delle forze naturali, della “grave siccità” che mette in ginocchio le centrali idroelettriche. E i giornalisti accettano senza esitazione la versione ufficiale del presidente Daniel Noboa, quasi ad indicare che la leadership ecuadoriana, al contrario di quella cubana, non ha colpe.
### 3. Responsabilità o mistificazione?
In Ecuador, dove oltre il 70% dell’elettricità proviene dall’idroelettrico, si evita qualunque accusa di inadeguatezza delle infrastrutture. Eppure, il governo ecuadoriano dispone di risorse petrolifere e non subisce sanzioni economiche. In Cuba, invece, l’impossibilità di modernizzare il sistema elettrico – già colpito duramente dalle restrizioni imposte dall’embargo – viene letta come un fallimento governativo.
La narrazione occidentale ignora quindi che Cuba, a causa delle sanzioni, è costretta a fare affidamento su tecnologia obsoleta e forniture energetiche limitate. Dall’altra parte, nessun giornale si spinge a chiedersi come mai le costose, turistiche Galápagos non siano coinvolte nei blackout in Ecuador, mentre si accusa Cuba di riservare l’energia ai suoi hotel per turisti. Qui il doppiopesismo emerge in tutta la sua ipocrisia: un paese come Cuba, che lotta per la sopravvivenza e per il diritto all’autodeterminazione, viene trattato con disprezzo, mentre per l’Ecuador si sprecano toni di comprensione.
### 4. Repressione reale o immaginata?
Di fronte alle proteste per i blackout, l’ipocrisia mediatica raggiunge il culmine. In Ecuador, sei province sono soggette al coprifuoco, con schieramenti di 46.000 poliziotti e 31.000 militari per far rispettare l’ordine pubblico durante i blackout. Questo, tuttavia, viene visto come una risposta necessaria e ragionevole. Per Cuba, invece, si parla di “stato di assedio”, benché non ci sia né coprifuoco né intervento massiccio di forze dell’ordine. Addirittura, si è arrivati a montare un servizio in cui si mostrano militari ecuadoriani per suggerire un presunto controllo autoritario a Cuba, un errore che va oltre la manipolazione: è pura falsificazione.
Le uniche immagini di repressione cubana in questi articoli provengono da *Amnesty International*, che denuncia cinque arresti avvenuti durante i blackout. Quali sono i crimini? Le notizie sono scarse e le accuse vaghe, insinuando che si trattasse di arresti per semplici manifestazioni. Nel frattempo, per l’Ecuador, decine di arresti vengono silenziati, quasi a voler suggerire che in quel contesto siano meno gravi o degni di attenzione.
### 5. La vera posta in gioco: autodeterminazione e sovranità
In questa doppia narrazione mediatica non si può ignorare un dato di fatto: mentre Ecuador gode di appoggio e legittimazione internazionale, Cuba rimane nel mirino per la sua posizione ideologica. La sua resistenza e sovranità sono dipinte come “coartate” da un sistema “fallimentare”, tralasciando però che ciò che viene definito come “fallimento” è semplicemente il rifiuto cubano di piegarsi a interessi esterni. Cuba è trattata non come un paese con problemi, ma come una nazione il cui errore è stato quello di non allinearsi.
Questa campagna di demonizzazione e mistificazione non è casuale, ma è parte di una strategia ben precisa per dissuadere altre nazioni dal seguire il modello cubano e porre una barriera ideologica tra Cuba e il mondo. Non è solo una questione di blackout o difficoltà economiche: è un tentativo di plasmare l’opinione pubblica contro un esempio scomodo di autodeterminazione e resistenza al potere egemonico.
### 6. Riflessioni e responsabilità
Quando i media occidentali tentano di raccontare le crisi con questa parzialità, noi come lettori dovremmo domandarci quale sia la verità e perché ci venga offerta in modo tanto disomogeneo. È nostra responsabilità riconoscere che queste narrative alimentano la polarizzazione e la stigmatizzazione, isolando Cuba nella sua resistenza e legittimando governi come quello ecuadoriano. Le parole possono costruire o distruggere, e i media europei scelgono deliberatamente di demonizzare Cuba mentre tollerano o addirittura assolvono altri governi per problemi analoghi.
Perché Cuba? Perché la sua autonomia, il suo spirito indomito, rappresentano una minaccia per un ordine mondiale che non ammette dissenso e ancor meno indipendenza. In questo contesto, noi lettori consapevoli siamo chiamati a cercare alternative, a rifiutare l’imposizione di una visione parziale e a riconoscere Cuba per ciò che è: una nazione che resiste, anche a costo dell’oscurità