Fonte: Il Fatto Quotidiano
Israele “siamo noi”: e “noi” stiamo devastando Gaza
Tomaso Montanari – In questi giorni terribili, nei quali il massacro accelera verso esiti ancora più mostruosi, Gaza scompare dai siti dei grandi giornali, dalle aperture dei telegiornali, dalla coscienza mainstream. Non vediamo, non sentiamo, non ce ne curiamo: i dazi, la Groenlandia, le sanzioni alla Russia. Questo ci riguarda, Gaza no. Come non ci riguardano il Sudan, il Myanmar o il Congo. E la ragione, come ha scritto con la consueta precisione Paola Caridi, è “il razzismo sostanziale” con cui guardiamo: “Non solo non sono bianchi, ma non contano nelle dinamiche politiche internazionali, perché ci sono ‘gli interessi occidentali’ che debbono essere protetti. Anche fuori da un indefinito occidente. Sono massa, sono poveri, sono sfigati, non sono rilevanti. La politica-politica si fa da altre parti”. Per tutti questi pezzi di mondo non vale il paradigma ‘un aggredito e un aggressore’, perché ce n’è un altro, sovraordinato: ‘noi e loro’.
Gli storici del Medioevo hanno deplorato, “in un testo destinato a indicazioni (cioè orientamenti, tracce per la programmazione didattica e per il lavoro in classe), la pretesa di inseguire le verità ultime”, la Società Italiana di Didattica della Storia ha denunciato il fatto che il documento “subordina la storia a un progetto politico”, cancellando “la storia, intesa come ricostruzione scientifica del passato, per sostituirla con un racconto che la storiografia conosce come ‘biografia della nazione’ e che annovera da tempo fra le tradizioni inventate. Questo testo non prescrive di studiare la storia italiana, ma una sua versione mitologizzata”. Come tutte le mitologie, anche quella dell’identità occidentale è pervasiva: non domina solo i discorsi delle destre, ma anche di altri che pensano sé stessi come alternativi. Per esempio, quello di Roberto Vecchioni in piazza del Popolo, un impressionante rigurgito di razzismo culturale: “Socrate, Spinoza, Cartesio, Hegel, Marx, Shakespeare, Cervantes, Pirandello, Manzoni, Leopardi. Ma gli altri le hanno queste cose?”. Il cerchio si chiude quando, dallo stesso palco, uno scrittore dice che noi europei “non siamo gente che invade paesi confinanti, non siamo gente che rade al suolo le città, non massacriamo e torturiamo civili con gusto sadico”. Ebbene, non è esattamente quello che sta facendo Israele a Gaza? Ripetiamo, come un atto di fede coloniale, che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente, l’unico baluardo di civiltà: la nostra. Che Israele ‘è come noi’, anzi: siamo noi. Siamo dunque proprio noi che radiamo al suolo l’antica città mediterranea di Gaza, le sue persone, i suoi monumenti, la sua storia. Ma guai a dirlo, perché ‘noi queste le cose non le facciamo’ anche quando è evidente che le stiamo facendo qui e ora. Cosa potrebbe essere più illuminante di questo clamoroso ritorno del rimosso, compiutosi in piazza di fronte a decine di migliaia di persone? Ci indigniamo per il Manifesto di Ventotene, ma abbiamo costruito un’Europa che è il suo opposto; difendiamo le radici cristiane della nostra civiltà, ma la nostra morale di rapina e guerra è violentemente anticristiana; ci appropriamo di Socrate, ma chiamiamo traditore chi disobbedisce al pensiero unico della guerra e delle armi. Occidentali, non umani: ‘Gaza non siamo noi’. Che il massacro continui.