«Crollo ligure colpa nostra? Renzi vive in un videogame»

per Gabriella
Autore originale del testo: Daniela Preziosi
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://ilmanifesto.info/crollo-ligure-colpa-nostra-renzi-vive-in-un-videogame/

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Democrack. Lunedì la resa dei conti. Orfini: continuare così non è normale. Civati lancia l’appello per la cosa nuova. A Roma a giugno la data di avvio per i territori.

Alle undici del mat­tino nella sala del Naza­reno si schie­rano cin­que facce pal­lide, occhiaie sca­vate: i due vice di Renzi Ser­rac­chiani e Gue­rini, i due capi­gruppo Zanda e Rosato (quest’ultimo per ora è facente fun­zioni) e il pre­si­dente Orfini. Renzi non c’è: è volato a Herat, in Afgha­ni­stan, a cele­brare la festa della Repub­blica con i sol­dati italiani.

Cir­co­lano le sue foto in mime­tica e jeans: a sor­presa — «per ovvi motivi di sicu­rezza» — ha messo più di 5mila chi­lo­me­tri fra lui, il pastic­cio delle regio­nali e le facce dei per­denti. Come quelle dei cin­que soli­tari diri­genti che invece si con­se­gnano alle telecamere.

Sta­volta niente foto-opportunity del grup­pone alle­gro delle euro­pee, e dire che era appena un anno fa. Ser­rac­chiani espone la tesi della «vit­to­ria chiara e netta che ci fa essere sod­di­sfatti del lavoro fatto in que­sti mesi e ci col­loca nella pro­spet­tiva del 2018 ancora più deter­mi­nati». In effetti di voto anti­ci­pato non parla più nes­suno. Con ’lui’ si vince sem­pre: «Da quando c’è la segre­te­ria Renzi abbiamo ricon­qui­stato molte regioni dal cen­tro­de­stra, ora chiu­diamo con un netto 5 a 2 che signi­fica 10 a 2 per il centrosinistra».

Ma se la vit­to­ria è così netta, per­ché que­ste facce? Bru­cia la scon­fitta ligure, ammette Orfini, «figlia di una sini­stra irre­spon­sa­bile che oggi festeg­gia la vit­to­ria della destra». Orfini non ce l’ha con Pastorino&Civati, ormai fuori dal Pd e quindi fuori dalla sua giurisdizione.

Ce l’ha per esem­pio con Ste­fano Fas­sina che se avesse votato in Ligu­ria avrebbe — ha detto — votato Pasto­rino. E con Rosy Bindi, la pre­si­dente dell’antimafia, che a urne ancora aperte Ser­rac­chiani ha accu­sato di aver fatto «un’operazione di stru­men­ta­liz­za­zione scien­ti­fica»: ma il for­mi­da­bile risul­tato del can­di­dato De Luca oggi con­si­glie­rebbe piut­to­sto di inviarle un mazzo di fiori. Lunedì sarà con­vo­cata la dire­zione del par­tito. Lì, avverte Orfini, «ini­zie­remo un con­fronto». Ma sta­volta non si trat­terà della solita discus­sione. «Biso­gna tro­vare un modus vivendi per­ché andare avanti così non è normale».

Non è la prima volta che il pre­si­dente fa una pro­po­sta del genere. Sta­volta però, per la prima volta dall’elezione a segre­ta­rio, Renzi ha una bat­tuta d’arresto.

La maggioranza renziana è tentata dal «processo» ai dissidenti.

Ma al di là della pro­pa­ganda sulla «vit­to­ria chiara e netta», il crollo dei voti del Pd è ogget­tivo e quindi argo­mento scon­si­gliato per una discus­sione in diretta strea­ming. «I numeri dicono che abbiamo perso 600 mila voti rispetto alle regio­nali del 2010 e oltre la metà dei voti rispetto alle euro­pee del 2014», attacca Fas­sina, «mi aspet­te­rei nelle pros­sime ore un’analisi seria, la capa­cità di rico­no­scere l’errore e di non met­tere la testa sotto la sab­bia. In Veneto abbiamo fatto il risul­tato peg­giore di tutti i tempi, così in Umbria e in Toscana dove pure abbiamo vinto. I nostri elet­tori sono ormai spaesati».

In Umbria Catiu­scia Marini ha perso 15 punti rispetto a 5 anni fa, in Toscana Rossi ne ha persi dieci. Ma il dato su cui bat­tono i dis­sen­zienti è la Ligu­ria: qui alle euro­pee dell’anno scorso il Pd ha preso il 41,7 e 323.728 voti. Dome­nica Raf­faella Paita ha por­tato a casa uno scarso 27,8 che cor­ri­sponde a 183.272 voti.

«Renzi ci ha sem­pre accu­sato di voler tor­nare al Pd del 25 per cento, quello di Ber­sani», ragiona Alfredo D’Attorre, altro depu­tato dato in uscita, «invece sta­volta il suo Pd ha preso anche meno. Assi­stiamo a un’emorragia a sini­stra senza nean­che le vagheg­giate new entry da destra. Spero che Renzi si fac­cia qual­che domande sulle sue poli­ti­che. E se non se le fa è per­ché ormai vive in un videogioco».

L’allusione è alla foto fatta cir­co­lare dal por­ta­voce del pre­mier Filippo Sensi, ’Nom­fup’ sui social, lanotte dello spo­glio: quella con Renzi e Orfini che gio­cano alla play­sta­tion, in una posa ispi­rata a una scena di House of cards.

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D’Attorre non teme il pro­cesso, anzi passa già al con­trat­tacco: «Chiedo una veri­fica demo­cra­tica delle scelte poli­ti­che che hanno por­tato a que­sti risul­tati. Diamo la pos­si­bi­lità al nostro popolo di esprimersi».

E se D’Attorre e Fas­sina sono solo l’ala dura — e soli­ta­ria — della «resi­stenza» della sini­stra Pd, Renzi sa che quasi tutta l’opposizione interna aspet­tava il suo primo inciampo per ripren­dere fiato.

Al senato darà bat­ta­glia sul ddl scuola che da domani sarà già al voto della com­mis­sione cul­tura. Alla camera il rin­novo del capo­gruppo, dopo le dimis­sioni di Spe­ranza, sarà un altro pas­sag­gio delicato.

Il franceschinian-renziano Ettore Rosato, oggi facente fun­zioni, non gode di ampie sim­pa­tie­tra i col­le­ghi. D’altro canto se la scelta cadesse su un nome della mino­ranza ’dia­lo­gante’, i dis­sen­zienti la pren­de­reb­bero come un pre­mio per il sì alla legge sulla scuola: sarebbe una pro­vo­ca­zione. Per di più il voto sul capo­gruppo è segreto.

La road map della sini­stra Pd da adesso in poi incro­cerà quella della sini­stra fuori dal Pd.

Oggi, in occa­sione della festa della Repub­blica, Pippo Civati rivol­gerà un appello per orga­niz­zare la start up della nuova cosa, soprat­tutto a par­tire dai ter­ri­tori. Già fine giu­gno, pro­ba­bil­mente il 21, ci sarà a Roma il primo appun­ta­mento di avvio.

Nella sinistra-sinistra il voto è stato molto eloquente.

Mas­si­mi­liano Sme­ri­glio, capo dell’organizzazione di Sel e numero due di Zin­ga­retti nel Lazio, passa in ras­se­gna il risul­tato: in Ligu­ria, in Toscana e in Puglia la sini­stra elegge. Nelle Mar­che, in Veneto e in Cam­pa­nia no: «Andiamo bene dove c’è un inse­dia­mento ter­ri­to­riale e dove c’è con­tesa sull’elettorato del defunto cen­tro sini­stra con una pro­po­sta inno­va­tiva», così se lo spiega. «Quando ci sono chiu­sure mino­ri­ta­rie invece andiamo male. Dob­biamo par­tire subito verso il nuovo sog­getto: una rete che non potrà pre­scin­dere dai ter­ri­tori e dai risultati».

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