di Corradino Mineo, 11 luglio 2014
Tutto bene madama la marchesa. “Accordo sul nuovo Senato”, Corriere della Sera. La velina di Palazzo Chigi recita: esultate! Ed esultano i vice segretari del Pd, esulta Maria Elena Boschi e tutti ringraziano Anna Finocchiaro. Dopo un giorno di passione, con NCD e Lega che hanno sfidato FI e Pd per non farsi escludere dalla ripartizione dei seggi tra i consiglieri regionali e hanno vinto, Esultate e non temete: “Io autoritario – dice Renzi nei soliti retroscena – mi fate ridere”. Repubblica decide di farci il titolo. Poi il rilancio. “Pubblica Amministrazione: entro 1000 giorni tutti i certificati on line o mandati a casa in 24 ore”. Il paese delle meraviglie
Però la riforma del Senato arriverà in aula solo lunedì 14, difficile licenziarla prima del 18, giorno per il quale è prevista la sentenza d’appello contro Berlusconi per il “Bunga bunga”. “Silvio condannato e salta tutto”, scrive Francesco Bei su Repubblica, ma attribuisce la frase al “dissidente” Corsini anche se, con tutta evidenza, intende rivelare una preoccupazione che è del governo. D’altronde il nodo sta proprio là, nel rapporto fra Renzi e Berlusconi.
Scrive sul Foglio la penna amica di Claudio Cerasa: “Renzi ha bisogno di Berlusconi nella stessa misura in cui Berlusconi ha bisogno di Renzi, e se è vero che senza Renzi Berlusconi avrebbe difficoltà a non farsi risucchiare da Cesano Boscone è anche vero che senza Berlusconi Renzi avrebbe difficoltà a non farsi risucchiare dalla palude”. Ecco che il Giornale perde ogni freno inibitorio: “Prima vittoria. Il Senato sbaracca”. “Berlusconi: mi fido di Renzi. Chi vota no (alla riforma del Senato) è contro di me”.
Così Giannelli disegna una “riforma” lupa che allatta Silvio e Matteo, Romolo e Remo (anzi Remolo per dirla con Berlusconi), Sotto la scritta: Senatus Populusque Renzianus. Altan smonta il clima di febbrile e fattiva esultanza: “Trovata l’intesa per il Senato”. “Gia che ci siamo, risolviamo anche Hamas e Israele”. Insomma l’accordo con il condannato sta già costando a Renzi. E costerà ancora di più quando verrà il tempo della legge elettorale. Bersani ha promesso battaglia. Calderoli si prepara: «Rispetto all’Italicum la nostra vecchia legge elettorale, che ho definito una porcata, era un fiorellino. L’Italicum è un porcellinissum”. E Gianluigi Pellegrino, per Repubblica, chiede che venga abolito il premio di maggioranza che scatta per la coalizione con il 37%, e che i collegi diventino così piccoli da ridursi a soli due nomi, un letto a due piazze, per la parità di genere. L’immagination au pouvoir.
Intanto le cose non vanno bene per l’economia. “Borse e produzione gelano la crescita”, scrive il Sole24Ore. Massimo Franco, sul Corriere, sottolinea “la freddezza delle istituzioni europee di fronte alle richieste (italiane) di flessibilità” e insinua che il premier potrebbe voler rinviare “la manovra” (e nuovi tagli) al 2015. Dunque: “la preoccupazione è che il ridimensionamento del Senato e, dopo l’estate, la modifica del sistema elettorale, non portino alla stabilizzazione della legislatura ma alle urne”. Insomma che Renzi abbia in realtà deciso di far saltare il banco e andare al voto. Civati glielo chiede da tempo. Noi dissidenti “nominati”, come ci chiamano le guardie rosse del premier, vogliamo che la scelta torni ai cittadini. Oggi si apre la tre giorni di Livorno: mostrerà – credo – che una sinistra resiste.
Voteremo solo per la Camera? Molto probabile. Perché oltre agli 80 euro, di cui si sarà perduto il ricordo, lo scalpo del Senato sarà l’unica cosa che governo avrà nel sacco. E perché, come dice il professor Villone al Fatto Quotidiano, una volta votata la riforma da Palazzo Madama e ratificata dalla Camera senza modifiche (Renzi non ha voluto ridurre il numero dei deputati proprio per evitare scherzi), “nella seconda deliberazione si può solo dire sì o no. Non ci sono emendamenti, questioni pregiudiziali, sospensive: prendere o lasciare. Dunque, si decide tutto qui e ora”. Ed ha senso (almeno per me) testimoniare qui e ora un leale dissenso.
Volete che azzardi una previsione? Presto Matteo Renzi dovrà fare i conti con la propria solitudine (il fatto che abbia chiesto alla Boschi di vigilare sui ministri perché smaltiscano i 765 decreti attuativi mancanti, conferma che anche i rapporti con Del Rio, dopo quelli con Orlando, non sono più eccellenti). Presto l’uso spregiudicato dei retroscena e dei retroscenisti per inondare di veline i giornali provocherà un effetto boomerang. Già qualcosa si comincia a vedere. E le promesse cominceranno a incantare di meno i grulli. Saprà il nostro eroe, deposta la spocchia, passare dal monologo al dialogo? Lo spero, perché penso ancora che la sue capacità politiche siano una risorsa per il Pd e il paese. Quanto al Senato by Finocchiaro e Calderoli, fra qualche anno si capirà che è inservibile e verrà abolito. Così è, se vi pare.