Fonte: L'Espresso
Alessandro Gilioli – 20 agosto 2014
Non è esatto, come hanno scritto nei giorni scorsi diversi giornali e siti, che – finora – Barbara Spinelli è stata «un’assenteista» al Parlamento Ue. In realtà, su 36 votazioni in cui lei è risultata assente, 34 si sono svolte nello stesso giorno, in cui Spinelli era a Roma per un incontro pubblico con Tsipras, programmato da tempo.
È vero, invece, che molti elettori della sua (ex) lista hanno letto della vicenda in giro e hanno subito commentato di tutto, e con parole pesanti contro la “loro” europarlamentare.
Perché l’hanno fatto? Perché il suo assenteismo era credibile? Può darsi. Ma io credo che l’abbiano fatto soprattutto perché sono incazzati neri.
E qui, forse, la cosa merita qualche approfondimento in più.
Già, perché adesso sembra quasi strano a dirsi, ma alla sua nascita la lista Tsipras aveva attivato speranze come non si vedevano da anni, nell’area a sinistra del Pd. Centinaia di comitati locali, iniziative spontanee, banchetti nei quartieri, incontri pubblici e flash mob, gente che tornava all’attivismo politico dopo un lunghissimo distacco, altra gente che vi si avvicinava per la prima volta. A tanti era sembrato possibile costruire finalmente una nuova forza politica, radicalmente a sinistra in termini di proposte e contenuti ma emancipata dai tic più settari e antichi che hanno sempre devastato quest’area.
Personalmente, non sono tra quelli che si sono pentiti di avere dato a questa speranza il proprio voto, il 25 maggio scorso.
Ma sarebbe intellettualmente disonesto non vedere com’è finita, quella speranza lì. Cioè nei litigi esasperati e nel riemergere violento dei peggiori settarismi; con gli “intellettuali” – che da questi difetti si dicevano immuni – che invece non hanno dato certo prova migliore dei “vecchi partitini” e dei loro leader. Anzi.
In più, da dopo quel 25 maggio, la lista è sparita, come soggetto politico. Ultima notizia di un certo rilievo: il voltafaccia di Spinelli in merito al suo seggio, con la conseguente ennesima rissa interna. Poi, adios. Lo ha notato, qualche giorno fa, Matteo Pucciarelli nel suo blog su Micromega. Sottolineando come, a urne chiuse, il mezzo miracolo sia stato «preso e buttato al macero»; e hanno fatto seguito «il disastro, la rarefazione, il pressappochismo, il rifugio identitario, la divisione». Pucciarelli non è esattamente un avversario di quell’area politica, anzi; ed è, tra l’altro, coautore di un libro sullo stesso Alexis Tsipras.
Comunque, non si è più saputo nulla della lista Tsipras fino alla notizia sull’”assenteismo” di Spinelli. Che appunto, era un po’ una cazzata. Eppure su di lei, per questa mezza bufala, si è scatenato di tutto: specie da sinistra, dai suoi elettori, o ex.
E la ragione è semplice: nulla – assolutamente nulla – fa infuriare come la speranza tradita.
E non è certo l’accusa di assenteismo, finora poco fondata, a rappresentare quella speranza tradita. Semmai, all’inizio, è stato il disattendere se stessa di Spinelli sulla questione del seggio. Ma, soprattutto, è stata la sparizione successiva di quella che doveva essere la nuova sinistra italiana: ingoiata dalle vanità, dalle arroganze e dagli anatemi dei suoi (ex?) garanti.
Questo, non si perdona; e questo ha scatenato tanta incazzatura.
E di questo forse bisognerebbe parlare, da quelle parti, se si avesse il coraggio di guardare avanti.