Coronavirus, perché la Germania ha così pochi morti?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Paolo Valentino
Fonte: Corriere della Sera

Il numero di contagi ha superato quello della Cina. La percentuale di decessi è poco oltre l’1% (e l’Italia è al 12%). Che cosa spiegano questi dati? E sono destinati a cambiare?

dal corrispondente del Corriere della Sera
BERLINO – Mentre il numero dei contagiati da Covid-19 in Germania ha superato di slancio quelli della Cina avviandosi ormai verso quota 100 mila, il tasso di mortalità tedesco continua a rimanere relativamente basso. Sono infatti quasi 1300 i decessi nei sedici Laender federali.

È vero che è una percentuale in costante accelerazione. Giusta la contabilità del Robert Koch Institut (RKI), la letalità della pandemia nella Repubblica Federale è ora dell’1,3%, ma era ancora dello 0,8% appena una settimana fa. Comunque lontano quindi dal nostro drammatico 12% e dal 10% di Spagna, Francia e Gran Bretagna. «Dobbiamo mettere in conto che ci saranno più morti», ha ammesso il direttore del Koch Institut, Lothar Wieler, secondo il quale «siamo all’inizio di un’epidemia e non dobbiamo mollare».

Wieler ha ammesso anche che il numero dei decessi potrebbe essere sottostimato: «Credo siano di più di quelli ufficiali». Ma non è chiaro se si riferisse alla sola Germania o al quadro internazionale. Una delle ragioni di questa sottovalutazione citate dal direttore del RKI è che quando le autopsie si fanno dopo diversi giorni, il che accade spesso a causa dell’intasamento, non ci sono più tracce di Covid-19. C’è anche da ricordare anche che nelle prime settimane della crisi, i test post mortem di Covid-19 non venivano effettuati per nulla.

Ma anche se i decessi tedeschi fossero di più di quelli ufficiali, l’anomalia rimane: in Germania la pandemia è meno mortifera che in altri Paesi. Perché?

Ci sono diverse risposte, secondo gli esperti. Intanto, l’età media dei contagiati, che in Germania è significativamente più giovane che altrove: 49 anni contro i 62 di Italia e Francia. È chiaro che ammalati più giovani hanno più probabilità di sopravvivere degli anziani.

Poi c’è la questione cruciale dei test, che agisce sia sul piano statistico che su quello sostanziale. Nessuno ha fatto tanti tamponi come la Germania, che attualmente viaggia al ritmo di quasi 400 mila test la settimana e si sta attrezzando (anche con i cosiddetti «corona taxi», che fanno i prelievi a domicilio) per arrivare a 100 mila al giorno. «Questo automaticamente abbassa il tasso di mortalità», spiega Hans-Georg Kraeusslich, capo del Dipartimento di virologia della storica Università di Heidelberg. Ma soprattutto, il testing di massa ha consentito di tracciare i contagi in fase iniziale e quindi di intervenire subito con terapie e quarantene: «Prima abbiamo una diagnosi, più alte sono le chance di sopravvivenza», dice Kraeusslich.

Il testing tedesco sta ora compiendo un grande salto di qualità. Entro fine aprile dovrebbe essere operativo il piano che consentirà di verificare l’immunità dei pazienti guariti. In una prima fase saranno 100 mila la settimana. A coloro che al secondo o terzo test del sangue risultano positivi (cioè avranno gli anticorpi nel sangue), verrà consegnato uno speciale passaporto di immunità, che consentirà loro di tornare al lavoro o di essere usati come volontari nell’assistenza alle persone contagiate e isolate. Sarà come creare delle avanguardie per la progressiva ripresa dell’attività produttiva.

Ma il segreto non segreto della bassa mortalità in Germania sta soprattutto nella forte capacità di assorbimento del suo sistema ospedaliero. All’inizio della crisi c’erano 28 mila stazioni di terapia intensiva nei nosocomi tedeschi, pari a 34 per 100 mila persone. Al confronto in Italia ce n’erano 12 e in Olanda 7 ogni 100 mila. Un mese dopo però, il sistema sanitario tedesco dispone di 40 mila posti di terapia intensiva. Anche se la curva comincia ad appiattirsi, Wieler ha tuttavia detto che le misure restrittive devono rimanere in vigore, per consolidarne gli effetti positivi: da qualche giorno l’erre con zero (R0), cioè il numero di persone che ogni contagiato infetta in media, è sceso a 1 dai 5 di due settimane fa. «Dobbiamo scendere sotto 1, prima di pensare a qualche forma di allentamento delle misure», ha precisato il direttore del Koch Institut.

Anche Angela Merkel, nel suo podcast settimanale, ha messo in guardia i tedeschi: «Non saremmo responsabili, se alimentassimo false speranze», ha detto la cancelliera, secondo la quale è «definitivamente troppo presto per identificare una sicura dinamica positiva» nella curva dell’epidemia. Merkel ha confermato che il blocco della vita pubblica continuerà almeno fino alla fine delle vacanze di Pasqua. Probabilmente, anche la «forza tranquilla» della cancelliera sta contribuendo a tenere basso il livello di mortalità della pandemia in Germania.

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