Il grande nocchiero
«Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!»
(Purgatorio, canto VI, vv. 76-78)
Leggo un titolo a caso: “governo che naviga a vista”…neanche è necessario approfondire ciò che segue, nè di appuntarsi l’autore (un Folli qualsiasi o chi altri)….è ormai un anno che tutti imedia intonano le stesse giaculatorie…..governo debole, diviso, rissoso, incompetente, indeciso a tutto, sentina di ogni trasformismo e becera volontà di potere…che naviga a vista e perciò in procinto di cadere….un coro di acrimoniosi lamentatori, cabarettisti e prefiche a pagamento, esorcisti, jettatori, domatori di belve, aruspici e divinatori…una torma di chiaccheroni e buoni a nulla, mandria di buoi che dan del cornuto all’asino…..
La politica naviga sempre a vista e la sua expertise è appunto quella di saper navigare. Si potrebbe perfino azzardare che il pragmatismo profondo della politica non è la soluzione dei problemi, come pretende con enfasi il decisionismo a-ideologico, ma il gallecciarci sopra. Del resto tirare a campare, barcamenarsi, prendere tempo è la regola di ogni povero cristo. Come diceva Marx, gli uomini si pongono solo i problemi che possono risolvere. Traducendo: decidono solo su prolemi già risoltisi da soli, o in procinto di esserlo. Cioè quando la situazione è ‘matura’. Come avviene in ogni successo psico-terapeutico nel quale i medici guariscono, facendosi anche pagare, pazienti in via di guarigione da sè.
Certo ci sono differenze. In epoca di partiti ideologici e socialmente radicati la navigazione a vista aveva la bussola dei valori. Peraltro comodissima per navigare con la massima spregiudicatezza. Un margine di libertà più che un vincolo. Essendo l’ideologia una promessa di società futura, un ‘progetto sociale’. Cioè uno stato di quiete e compimento che dava legittimità al movimento. Una condizione di stazionarietà che offriva un senso all’accumulazione dinamica e che non per caso era anche l’utopia dell’economia politica classica, da Ricardo a Keynes, passando per Marx. La fatica del lavoro ha un senso nel poterne godere il frutto.
Quando si sentono queste litanie sul semplificazionismo, sulla deburocratizzazione, sulla velocità vien da ridere. Come se la velocità possa sostenersi senza l’aspettativa di potersi riposare. Un esempio plateale di movimento senza fine. Leggevo l’altro ieri una delle tante interviste all’adrenaliana di Bonaccini: un prototipo imbarazzante di idiotismo dromologico. Predicato a una società la cui inclinazione peraltro piega verso la cautela, la circospezione, il risparmio anzichè il consumo, la rassicurazione anzichè il rischio. Il cavallo che non beve di keynesiana memoria. Incitare il depresso ad essere ‘ottimista’ a forza, anzichè navigare a fondo nella demotivazione, è una forma sconsiderata di cura che può portare il paziente a buttarsi dalla finestra. Produrre per produrre a velocità supersonica beni che la gente non vuol consumare…una forma di demenza con velocissimo decorso.
Ma tornando a noi, oggi i partiti han dimesso l’ideologia e sono altra cosa. Non vi è alcuno che abbia una idea di progetto, un modello sociale, cioè un telos trascendente. Tutti sono adagiati in una forma di isterico quanto passivo presentismo. Tutti sono null’altro che aggettivazioni economicistiche. Un fricandò con gli stessi ingredienti. La destra radicale che parrebbe avere un substrato ideologico (un nazionalismo a sostegno di una società gerarchica incentrata sulla tradizione…cosa che in effettti ha una certa efficacia di pubblico) è in realtà anch’essa un fricandò riciclabile a ogni bisogna. Basta prendere le misure ai suoi esponenti per capire che i primi a non credere a quel che blaterano sono proprio loro.
Rebus sic stantibus, in una situazione dove non v’è alcuno che abbia l’ardire di un vero ‘progetto statico di società’, non si capisce percò come il ‘navigare a vista’ possa essere denunciato come il peggiore dei vizi.
Bisogna dare atto a Grillo e ai cinque star, fra le tante cazzate di avere avuto l’intuizione di una rappresentanza random, selezionata secondo la casualità campionaria anzichè i frusti codici in uso nelle scolastiche minori. In una campionatura a cazzo può infatti capitare di intercettare dal nulla, fra i tanti mediomen con annessa quota di cretini puri, anche qualche fuoriclasse. Un leader, un premier per caso che poi rivela qualità in soprannumero rispetto a ogni altro candidato certificato.
Grande nocchiero è Giuseppe Conte, che in poco tempo ha imparato al meglio l’arte della navigazione a vista. E che per questo è fatto segno dell’invidia generale e del caustico dileggio dei tanti sedicenti campioni in disarmo seduti al parterre. Generosi col culo degli altri, saputi di tutto senza obbligo di prova, assennati del poi, del ma anche e del ben altro. Pilota una nave che fa acqua da tutte le parti, con una ciurma scalcagnata, gran parte dell’equipaggio ammutinato, e altra parte paralizzata nella paura. Dove nessuno ha un’idea sulla rotta da tenere e su quale terra approdare. Nave Italia nella tempesta che però egli dimostra di saper tenere a galla. Con infaticabile perizia. Ditemi se è poco, cazzo!