Fonte: facebook Mal Volo
di Paolo Degosus – 27 ottobre 2014
Mi pare che Renzi sia stato molto chiaro: “Non saremo un partito di reduci e non permetteremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd”. Il riferimento è naturalmente alla sinistra PD, dunque a Bersani, a D’Alema, a Cuperlo, a Fassina e a una parte sparsa di mondo cattolico. A questa classe dirigente non sarà più permesso di concorrere per la leadership; secondo il segretario Renzi, il suo ruolo si è esaurito. Tradotto tutto questo significa: “andate via, questa non è più casa vostra”.
Il progetto del PD è insomma finito. Forse lo era da tempo. Va del resto detto che il tentativo di unire la tradizione post PCI con la cultura del solidarismo cattolico è rimasta sempre un’ipotesi sulla carta, un argomento giornalistico, un tema dei ristretti convegni a cui abbiamo partecipato per autoconsolarci. E comunque c’è poco da recriminare, il PD è nato intorno all’ideologia del nuovismo e sul tentativo di imbalsamare e rendere il più possibile innocui i nostri antenati: il caso più clamoroso è quello operato sulla memoria di Moro e Berlinguer. Poi certo c’è stata la parentesi di Bersani, ma la sua solitudine della sua segreteria e alcune sue sottovalutazioni hanno impedito una riforma del partito.
Il PD è inoltre nato entro lo schema politico maggioritario. Su questo fronte nemmeno Bersani ha saputo svolgere un’analisi sulle conseguenze politiche. C’è poco da fare: il maggioritario favorisce il leaderismo, l’uomo solo al comando. E il leaderismo, unito alla cultura del nuovismo, è stato a sua volta il nemico dell’istituto del partito politico.
Al nuovismo e allo schema maggioritario si è inoltre aggiunto il disprezzo verso le classi popolari. Qualcuno dirà che non è così, che non è vero. Di fatto il PD è stato il partito dei ceti cognitivi italiani, il partito della presunta Italia migliore, dei laureati, dei presunti cittadini coscienti, informati e cosmopoliti. Il PD non è stato il partito dei più deboli, dei precari, dei non scolarizzati, della provincia. In questo modo abbiamo lasciato che le culture subalterne guardassero a destra: alla Lega, a Forza Italia, a Grillo. Con il trucco delle primarie abbiamo lasciato credere alla nostra residua parte popolare che la partecipazione politica si compisse semplicemente nel voto per un leader, per un capo. Abbiamo fatto credere che la forza di un partito fosse nella comunicazione. Abbiamo fatto credere che l’orizzonte politico di una strategia fosse la scadenza elettorale. Non abbiamo mai avuto il coraggio di parlare al paese dei grandi temi: come dell’Europa, della ridistribuzione della ricchezza, del conflitto tra capitale e lavoro. E ora ci troviamo sottomessi alle politiche straniere, incapaci di alleggerire il peso della crisi ai lavoratori, con il rischio che tra qualche mese l’ultimo baluardo su cui è possibile alzare la leva del conflitto, ovvero l’articolo 18, verrà eliminato. Da parte del PD non c’è mai stato il tentativo di elevare i ceti popolari a classe dirigente, a classe capace di farsi carico del progresso del paese. Abbiamo dunque poco da lamentarci se oggi alla crisi rispondiamo con le ideologie della meritocrazia e della competizione.
Invece di unire le due culture della sinistra popolare italiana, il PD è stato lo strumento per annientarle. Bisogna però prenderne atto: non esiste alcuna possibilità di tornare indietro, di riformare il partito. La mutazione si è compiuta: il PD non ha del resto nemmeno più bisogno di essere un partito, un’organizzazione sociale, un elaboratore di pensiero, un corpo intermedio tra le istituzioni, i luoghi di governo e i cittadini. Il PD è una macchina elettorale che distribuisce strapuntini e garantisce il benessere di chi detiene il capitale. Ora, il problema non è nemmeno più la scissione e l’eventuale partitino politico in cui saremo confinati: la scissione è in atto e il partitino sarà la conseguenza prossima dalla nostra attuale insufficienza culturale e organizzativa. Ci saremmo dovuti muovere dal giorno dopo della vittoria di Renzi alle primarie. Invece abbiamo perso tempo, mentre era chiaro che il nuovo segretario non avrebbe fatto prigionieri. Va allora spostato il problema. La questione è se vogliamo esistere o meno, se ci arrendiamo al renzismo o se invece abbiamo il coraggio di una lunga traversata, di un complesso lavoro di scavo sulla società insieme agli altri residui di sinistra. Mi pare però difficile, se non impossibile tornare a essere forza di governo nel breve e nel medio termine.
1 commento
Chi mi conosce da anni sa che il mio sogno giovanile era di cercare di unire TUTTI coloro in particolare l’anima del PCI, l’anima sociale del Cattolicesimo e anche di altre confessioni o culture politiche Democratiche sotto un’unica bandiera per il riscatto degli ultimi e per abbattere lo sfruttamento (sa di marxismo: meglio) dell’Uomo sull’Uomo. Lo slogan che poi è anche una speranza per un mondo migliore per tutti: “PROLETARI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI” che proviene dal Manifesto del Partito Comunista firmato da Engels e da Marx, oggi in un mondo globalizzato non è più un’utopia ma deve diventare realtà se si vuole che il Mondo prosegua su una strada di emancipazione collettiva e non dei singoli sfruttatori parassiti. E’ evidente che come afferma Degosus (a Gian Franco Ferraris, un grazie per l’ottima scelta del pezzo) che questo processo al momento è fallito. Nel PD cosi com’è stato amalgamato frettolosamente, anche con sé con passaggi intermedi, dopo la crisi dei Partiti (tangentopoli) e la caduta del muro di Berlino chi ha avuto la maggiore perdita d’identità fu l’anima proveniente dal PCI e non si dica come certi editorialisti che affermano invece che fu l’anima egemone. È una sconfitta per tutti, l’anima sana del Cattolicesimo sociale e l’anima delle speranze che sposavano il realismo del Manifesto dei Comunisti. Oggi siamo (in tutto il Mondo non solo in Italia) a un nuovo terremoto culturale e politico finanziario, condotto in ITALIA da Renzi al servizio del Capitalismo ormai globalizzato interamente (anche la Cina fa parte di questo massacro sociale) cosa che ci dice più di ieri che invece il mio sogno giovanile e quello di tanti altri è più che mai necessario renderlo realtà. Ora è inutile piangere e strapparsi i cappelli per gli errori commessi e che stanno rallentando se non bocciando questo processo di unione tra forse Politiche progressiste, che credo, invece vada, imparando dagli errori, rilanciato in modo globale e internazionalista. Non è creando (almeno per ora) un nuovo Partito che potremo internazionalizzare le lotte stile : “Proletari di tutto il mondo unitevi”, anche perché il discorso va allargato ad altri soggetti che ormai per la loro precarietà Imprenditoriale vanno considerati tra questi. Ho già detto in altre sedi che credo si debba ripartire da un partito Europeo (per il momento alleanza) di tutti i Progressisti del sud dell’Europa (è un’ipotesi: sotto la guida e supervisione di Tsipras) e da questa partenza seppur limitata, appoggiata da un Sindacato come l’ex FSM (esiste solo sulla carta) creare le possibilità di crescita facendo bene attenti a chi si consegnano le tessere. Si deve tornare a un Partito vero SOLIDO, cacciando il ciarpame introdotto da Renzi e di quella mala politica professata dai REDUCI (questi SI’) dei Vito Ciancimino e degli Andreotti, i cui aderenti non siano liquame raccolto anche nelle fogne, ma da Uomini che s’impegnino veramente per il BENE COMUNE.