Fonte: Politicaprima
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Il PD si sta riorganizzando e pensa a un collettivo politico, sulla falsariga del “Direttorio” del Movimento 5 stelle.
Se ciò dovesse veramente attuarsi, e mi pare buono, potrebbe essere utile capire o ricordare cosa sia un Direttorio.
Il Direttorio riporta spesso alla mente, in modo negativo, la formula post-rivoluzione francese: esso si espresse in una sorta di restaurazione ove la finanza e l’inciucio fece aggio sui principi di eticità fino ad allora sbandierati dai giacobini. La gente, d’altronde, era stanca di “perdere la testa” per un nonnulla, sebbene lo meritasse e la gestione del Direttorio, rappresentò in Francia, in quel tempo, per la maggioranza, una ventata di libertà dietro la quale si celava il malaffare, sapientemente organizzato dai componenti il Direttorio. La formula direttoriale consisteva in un piccolo numero di persone che, per patto fra loro, gestivano potere, commerci e finanza.
Essa fu poi riabilitata, riveduta e corretta in senso democratico, sul finire dell’ultima guerra e si chiamò CLN Comitato di Liberazione Nazionale; vi facevano parte i personaggi di spessore che erano stati costretti all’esilio o all’emarginazione durante il “ventennio” e perciò potevano dire finalmente le proprie idee. Non era certamente un comitato d’affari come, localmente, la degenerazione del sistema democratico avrebbe poi incentivato sui territori, a partire già dagli anni 70.
La formula migliore del Direttorio si ebbe, in termini di atomizzazione sul territorio, col nome di Collettivo, intorno alla metà degli anni 60. Il benessere era diffuso per cui lo spirito che animava i Collettivi era propositivo piuttosto che rivendicativo. Vi erano collettivi dappertutto, nelle scuole, all’università, nelle fabbriche, nei rioni della città. Insomma la società italiana aveva scoperto la democrazia popolare e lo studente, il cittadino, l’operaio poteva esporre il proprio pensiero per bocca del proprio rappresentante durante la riunione periodica del collettivo.
Questo aveva un coordinatore la cui abilità stava nel mediare le varie istanze, progetti o rivendicazioni che pervenivano durante la riunione e doveva farsi carico presso la segreteria del Partito politico di riferimento, anche se esistevano dei collettivi trasversali dove le appartenenze erano secondarie. Io facevo parte di uno di questi, aggregato dallo “spirito di solidarietà” verso una libera nazione europea invasa dai carri armati sovietici e tra i lettori sicuramente qualcuno si ricorderà di “Cecoslovacchia 68” il cui coordinatore era Marcello Sajeva e contava anche la presenza di Jannazzo, Chinnici, Vesco e mi scuso con quelli che non ricordo. Tale collettivo si adoperava come gruppo di pressione presso l’opinione pubblica e i Politici italiani ma quando questo problema europeo decantò i componenti di questo collettivo trasversale tornarono ai loro studi o ad altro.
La potestà dei collettivi, in generale, proveniva dalla presenza libera di individui aderenti e faceva sì che la partecipazione popolare alla “Politica” era sicuramente maggiore infatti alle tornate elettorali si recavano circa 75/85% degli aventi diritto al voto.
Non può sottacersi il fatto che questo “interesse” propositivo cozzava coi centri di potere che greppiavano sul clientelismo e i collettivi furono boicottati. I coordinatori furono in modo soft tacitati, alcuni assunti in banca o in qualche ente e tutto finì a tarallucci e vino dopo qualche anno. Ma altri malesseri covavano sotto la cenere per esplodere in modo cruento dopo qualche anno. La storia recente della Questione sociale degli anni 80 e 90 è ancora sotto gli occhi di tutti e non occorre rammentarla.
Oggi rivediamo il M5S che rinverdisce la formula sia a livello centrale che periferico con i cosiddetti “meetup” locali e i risultati vincenti di essa portano anche il PD a mettere in atto una sorta di Benchmarking. Possiamo solo sperare che ciò provochi una spirale virtuosa che finalmente migliori la Politica e i rapporti del cittadino con essa.
1 commento
Le interessanti considerazioni di Luigi Consiglio a proposito delle prospettive di un rinnovamento della politica in Italia meritano un approfondimento tecnico e soprattutto politico, con riferimento alla concreta ottemperanza dei modelli partecipativi di partiti, sindacati, movimenti e associazioni al metodo democratico imposto dalla carta costituzionale nei suoi principi fondamentali nell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 del protocollo 1 della CEDU, che riconosce al popolo il diritto alla “scelta del corpo legislativo”, nell’art. 67 Cost. che presuppone l’esistenza di un mandato conferito direttamente dagli elettori, negli artt. 1, 3, 48, 56 e 58 Cost. e negli artt. 39 e 49 Cost., questi ultimi ancora in attesa di una compiuta attuazione con una condivisa normativa di rango necessariamente costituzionale ormai indilazionabile, in stretta connessione con l’altrettanto indilazionabile adeguamento della vigente legislazione elettorale alla sentenze della Corte Costituzionale 4/12/2013,n. 1/2014, e della Corte di Cassazione 4/4/2014, n. 8878/2014, concernenti la non conformità della normativa allora vigente nelle elezioni per la Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica, in attuazione della legge elettorale 21/12/2005, n. 2070 (legge Calderoli, il c.d. “Porcellum”) ai principi costituzionali del voto “personale, libero e segreto” (art. 48 Cost.) e del “voto personale, libero e diretto” (art. 56 e 58 Cost.), con declaratoria: 1) dell’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati); 2) dell’illegittimità costituzionale dell’art. 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica); 3) dell’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, e 59 del D.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati al fine di determinarne l’elezione [ http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=1 ] [ http://www.giurcost.org/casi_scelti/Cassazione/Cass.sent.8878-2014.pdf ], sentenze da cui verosimilmente non si discosterà l’imminente sentenza della Corte Costituzionale, attesa per l’11 gennaio 2017, riguardante il giudizio di legittimità costituzionale normativa elettorale conseguente alla legge 6 maggio 2015, n. 52 (il c.d. “Italicum”, frutto del famigerato “Patto del Nazareno” del 18 gennaio 2014).