CONSIDERAZIONI DI ALEJO CARPENTIER SULLA GUERRA
Il libro “La Consacrazione della Primavera”# di Alejo Carpentier è un romanzo in cui le vicende dei due protagonisti si intrecciano con la Guerra Civile spagnola e la Rivoluzione cubana. Si trovano nel libro delle considerazioni rivelatrici sulla guerra, intesa come scontro totale senza scampo. Nei tempi che stiamo vivendo, lontani come siamo dai teatri di operazione, ci informiamo di bombardamenti, ritirate ed avanzate con un certo distacco e saturazione. Allora può essere utile, oltre le foto e gli articoli, sapere dalla viva voce di un combattente anonimo quanto si vive al momento
della verità. Cito a memoria: “L’uomo che va alla guerra lascia le sue filosofie nell’armadio della prima caserma dove vestirà la sua uniforme, insieme al suo vestito da civile, la cravatta e le scarpe alla moda. Nessuno parla di morti in una guerra, e quello che si vede smette di essere singolare, ma entra a formar parte del quotidiano. La guerra semplifica tremendamente i problemi: si
tratta semplicemente di vincerla senza che lasciarci le penne. La peculiarità della guerra sta nel togliere all’individuo ogni tendenza a pensare verso dentro. Se si va a combattere, il sapere perché si combatte si trasforma in un pensare verso fuori.
Bisogna allora sviluppare i muscoli del corpo, rianimare istinti addormentati, attivare riflessi
di difesa e auto conservazione, sottomettersi a discipline fisiche, apprendere ad armare il
fucile ed oliarlo bene, migliorare la mira, conoscere il calibro delle pallottole e il suono esatto dello sparo di ogni arma. In attesa del combattimento, nutrirsi di cose che danno piacere immediato, che valgono più di ogni libro di filosofia e di ogni meditazione. Quando è prossima della verità, espressione dei toreri, ogni angoscia metafisica si evapora, ogni
filosofia si situa nella parte bassa del corpo, e quando mancano pochi istanti per uscire allo scoperto te la fai addosso per la paura.
Tutti hanno paura. Tutti abbiamo paura. Ma al momento della verità, fenomeno strano, si
entra in un altro stato, la paura scompare all’improvviso. Sibilano le pallottole, ma pallottola che sibila è già passata, quella destinata a te non la sentirai mai, può penetrarti senza che provi dolore. Allora tutto il problema consiste nell’avanzare salvando la pelle: arrivare a quel muretto di pietre che ti difenderà dalla mitragliatrice, approfittare della minore irregolarità del terreno, raggiungere quella casa bombardata, quella chiesa in rovina dove potrai tirarti a bocca in giù e vedere che cosa c’è dall’altro lato. Se le mitragliatrici tornano a suonare, ti getti a terra e cerchi di passare al di sotto del tiro. Allora la cosa più importante al mondo è quel dislivello del campo che stai attraversando, quel buco nel suolo, un pantano dove sguazzare come un maiale cercando di avanzare. In tali momenti tutto può salvarti la vita: una lapide di cimitero, un cavallo morto, il parapetto di un pozzo. Il
combattente ignora in che tipo di battaglia si trova, non conosce gli obbiettivi generali come i comandi militari. Per lui la battaglia si svolge in quei pochi metri da percorrere. Se c’è nebbia fitta avanza come un cieco guardando il suolo, attento all’udito. Vi sono mattine in cui si è fantasmi tra gli alberi e ci si sente solo con il timore di finire nelle linee del nemico. Altre volte si è immersi nell’acqua, senza poter uscire per ora dal letto di un canale o di un torrente. E questo è tutto quello che si vede della battaglia. Le battaglie diventano battaglie vere quando si vincono o si perdono. Allora ricevono un nome, e se sono importanti passano alla Storia. Ora si incaricano di scriverne in pagine accurate uomini che in generale mai hanno combattuto una guerra. Essi trovano tutto amano e disponibile: il panorama generale, le comunicazioni dello stato maggiore, lo scenario le statistiche di armi e caduti. Si seggono al tavolino e scrivono. Ma il soldato che ha fatto la battaglia non ne sa nulla. Quando smettono di tuonare i cannoni pensa solo a rifocillarsi con qualcosa di buono. Se si annuncia la vittoria, appare certo orgoglio di aver aiutato in minima parte. Di essere stato una modesta pedina in un grande gioco diretto dalla Regina e gli Alfieri.” FILOTEO NICOLINI
# ALEJO CARPENTIER, La Consagración de la Primavera, Siglo XXI Editores, 1978Immagine : Pieter Bruegel il Vecchio, Il Trionfo della Morte.