di Alfredo Morganti – 26 ottobre 2015
Se c’è una cosa che davvero mi allontana in modo strutturale da Renzi e dal suo nuovismo è la concezione della storia, del suo ruolo e di quello dei Padri (della loro memoria, del loro riscatto, della potenza rivoluzionaria che essi continuano a conservare) a cui dobbiamo attingere per trasformare il presente. Renzi parte invece dalla convinzione che i Padri vadano rottamati, il passato spezzato, la continuità dissolta. Lo fa per ragioni politico-ideologiche, perché la sinistra in questa continuità (conservatori e rivoluzionari!) ci sta tutta. Ma lo fa anche perché ci crede tecnicamente alle grandi trasformazioni fatte contro il passato, spezzandone la consistenza, negandolo, rottamandolo. Niente di più sbagliato, niente di più controproducente, niente di più sciocco. Tronti, parlando di Berlinguer su l’U****, mi rinfranca sostenendo le stesse motivazioni. “Berlinguer – dice – non avrebbe spezzato la storia, non avrebbe abiurato il socialismo come fecero i suoi successori”. “La rivoluzione è un processo, non è mai stata una rottura, nemmeno nel ’17 in Russia”.
Berlinguer, chiosa il filosofo-senatore, “non è mai stato e mai sarebbe stato un nuovista”. Per questo la critica al sistema capitalista ci chiede di essere “innovatori e conservatori” assieme. Anche perché, dico io, il nuovismo, in quanto ideologia, non è innovatore ma solo conservatore, per quanto giochi alla rottamazione. È conservatore perché punta piuttosto a spezzare le reni della sinistra, riuscendo laddove erano mancati i campioni della destra, per ultimo Berlusconi. Sono i nostri Padri il filo rosso della trasformazione, dunque, il loro riscatto, la loro storia, la storia che vive in loro e in noi, ben più che improbabili futuri che non ancora esistono. Perché esiste davvero solo il presente trafitto dalla contraddizione principale, quella tra oligarchie ricche e classi subalterne, primi e ultimi. Nel 1984, oltre trent’anni fa, sull’inserto orwelliano dell’Unità, Cacciari già suggeriva: “Basta col futuro, compagni, pensiamo al presente”. Senza dimenticare il passato, aggiungo io, anzi utilizzandolo quale leva ribaltatrice del mondo.