di Alfredo Morganti – 23 dicembre 2016
Non riesco ad appassionarmi al dilemma “Congresso sì, congresso no”. Mi riferisco al PD, ovviamente. E non solo perché non sono più iscritto a questo partito dall’Italia giusta, dal 2013. Ma perché, come dice Cuperlo, che pure invoca il Congresso subito, “il PD è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire”. Discutiamo di questo allora, prima ancora di invocare assemblee congressuali che magari potrebbero risolversi in un megastreaming dove l’attuale segretario farebbe il mattatore, invocando la revanche postreferendaria. Discutiamo dell’anima del PD, della sua esistenza in vita, di ciò che è diventato, di ciò che invece sarebbe potuto essere. Discutiamo delle sconfitte, degli errori, della cattiva interpretazione che è stata fatta della società italiana e del suo stato, del deserto culturale dentro al Nazareno, del conformismo diffuso, della mutazione antropologica avvenuta in questi anni. Ce ne vorrebbero due di congressi, mica uno. E molti, ma molti mesi davanti a noi, altro che congresso prima del voto, altro che ‘sbrighiamoci’.
Questa discussione, per quanto appassionata, ridarebbe tuttavia un’anima al PD? Me lo chiedo. Basterebbe una bella fase congressuale, ammesso che il partito ne sia capace e la voglia davvero, a rimettere in carreggiata un treno più che deragliato, per certi aspetti finito dentro un fosso? E se facessero il Congresso domani, visto l’attuale PD senz’anima e quasi morto, che ne uscirebbe di bello? Me lo chiedo ulteriormente. L’anima non è un’optional, non se ne può fare a meno. In che modo, allora, possono rinascere i partiti senz’anima: da un grande evento (per quanto congressuale) e dai frizzi e lazzi del segretario descamisados che parla in streaming – oppure rivedendo i paradigmi, rinumerando i principi, ribagnandosi alla fonte sociale, chiamando tutti non alla rivincita (e nemmeno alla vincita immediata) ma alla prossimità col Paese, violentando quasi la propria attuale natura di comitato elettorale del segretario? Questo è il tema. Ma siccome io penso che la fretta domini ogni scelta democratica, e dunque la sciagurata idea che davvero si possa fare qualcosa ‘tutto e subito’, come si diceva nel ’68, alla fine si opterà per l’evento, per il maxi schermo, la convènscio, e i discorsi all’americana. Con tanto di gadget e selfie. Vedrete. La soluzione peggiore.