CONCORDIA E DISCORDIA CON LA NATURA
La Natura e la sua protezione hanno acquistato un rinnovato interesse ai nostri sguardi distratti.
Abbiamo in un certo modo preso coscienza della situazione drammatica del clima che cambia, sappiamo delle conseguenti migrazioni, paventiamo gli eventi estremi tra siccità e inondazioni, la tropicalizzazione del sud Europa e la fioritura in zone una volta glaciali. Siamo attenti alle marce per il clima, interessati a comprendere la transizione ecologica, esitanti di fronte a quanti promettono tracciare il cammino per una inversione di marcia.
A ciò si aggiunga la consapevolezza delle devastazioni inflitte alla Terra, le deforestazioni, le estinzioni di specie animali e vegetali. Ci sentiamo precipitati in un disperato inseguimento volto a ripensare il nostro rapporto con la Natura. Qual è lo stato d’animo col quale ci avviciniamo ad essa?
Concordia o discordia con la Natura? Oppure indifferenza?
Come ci sentiamo in relazione alla Natura e i suoi Regni quando passeggiamo per un parco, in riva al mare, sulla sponda del fiume, nel bosco, in montagna? Quando osserviamo uccelli, farfalle, insetti, oppure contempliamo specie vegetali, alberi, fiori?
Il primo sentimento che probabilmente ci assale è di colpa e riprovazione per le ferite inferte, vicine e lontane. Si dibatte molto su come salvare il Pianeta. E poi potremmo sentirci desiderosi di un nuovo atteggiamento rispettoso e fraterno, alla ricerca di una maggiore armonia e di una sincera amicizia. E la scienza appare quale anfitrione di questa nuova amicizia e di un nuovo patto, divenuta com’è agli occhi dei più la compagna affidabile nei momenti in cui si prova timore di fronte alle sfide. Una volta erano le religioni, oggi la scienza ne ha preso il posto. Le decisioni sono sempre affidate alla mediazione politica, ma la scienza viene invocata e consultata.
La scienza ha fatto della Natura il suo campo di indagine, dal piccolo al grande. I grandi successi delle scienze naturali sono legati al fatto che si è imparato a distinguere in modo sempre più sottile i fenomeni naturali, ad analizzarli, a scoprire nessi e complessità. Ad esempio, si è scoperto che la pianta non è un individuo, la pianta è una rete, è una colonia. Una pianta è una rete in sé e per sé, un bosco è una rete di reti. La rete è un modello che viene considerato comune a tutta la vita, paradigma che vorrebbe sostituire il precedente della macchina di cartesiana memoria.
Tutto ciò è esteticamente bello e commovente, e ci può spingere a una meditazione sull’armonia possibile tra Noi e la Natura, scoprire la bellezza della Creazione e farne motivo di venerazione e di ideali. Il nuovo sorprendente fiore che sboccia nel continuo divenire ci commuove. Possiamo godere dello spettacolo delle piante, di un prato fiorito, di un bosco, di una savana, preservarne esemplari e semi, coltivare orti e pianticelle! Possiamo cambiare stili di vita, apprendere ad essere sobri e a non inquinare, rispettare animali e flora. Ma il nostro compito è anche quello di arricchirci spiritualmente, di gettare ponti tra l’ordinamento fisico e lo sviluppo morale proprio di esseri consapevoli.
Perché, a ben vedere, questo differenziare ed analizzare impliciti nel metodo scientifico non fanno altro che spingere verso il basso l’oggetto dello studio, e se tale metodo venisse applicato a noi umani, ci vedremmo classificati come oggetti naturali, degradati al rango i sofisticati prodotti dell’ordine naturale. All’anima sveglia appare qui la discordanza tra le idee della scienza e gli ideali del suo cuore e della sua mente. Quando guardiamo nel nostro essere interiore, quando ci avviciniamo all’essenza del nostro mondo di ideali, sempre che ne nutriamo uno, vi troviamo un mondo completo e perfetto in sé stesso che non può guadagnare né non può perdere nulla per la natura effimera delle cose esteriori.
Perché il mondo della Natura è impermanente, effimero, soggetto al crescere e il deperire, e i nostri ideali no. Possiamo sentire intensamente la grandezza, la bellezza e la saggezza del mondo naturale, ma la grande, bella e saggia Natura non ci dice come il nostro essere si costituisca e sia una individualità. Per la quiete interiore abbiamo bisogno di conoscerci nello spirito. I nostri ideali, se sono veramente entità viventi, sono esistenti in sé stessi, indipendenti dai favori e dai disagi della Natura. Non l’esistenza transitoria della nostra esistenza materiale, ma l’essenza interiore li rende perfetti. Gli ideali del nostro spirito appartengono a un mondo autosufficiente che deve vivere la propria vita e non può ottenere nulla attraverso la cooperazione di una Natura benefica.
Né perdere la rotta per le avversità che ci giungono ad ogni piè sospinto. Certamente, dobbiamo nutrirci e difenderci dalle avversità materiali, ma come saremmo poveri nell’anima se non fossimo in grado di alimentare il nostro mondo di ideali da soli! Certamente vediamo come il pensare, il sentire e il volere dipendano dal nostro essere naturale. Nelle loro manifestazioni sono obbligate a seguire la salute, la malattie, il deperimento e il rinvigorimento del corpo. L’esperienza comune mostra la massima dipendenza della vita spirituale dall’esistenza corporea. Si fa strada l’incubo che, nella esperienza comune della vita, l’auto coscienza possa andare perduta.
Allora la Natura ci appare in nuova luce, un gradino su cui innalzarci con riverenza, coscienti del nostro essere Lei e non esserlo allo stesso tempo.
Scopriamo il tessuto delle leggi che governano gli oggetti della natura. Nella cognizione, lo scienziato possiede il potere di estrarre la legalità dagli oggetti della Natura. Osservo che gli oggetti della Natura non sono liberi perché non possono riconoscere queste leggi; sono invece governati da esse senza conoscerle. Ma visto che le penetriamo con il nostro ragionamento, siamo un gradino sopra dell’ordine naturale e capaci di sviluppare ideali e profonde aspirazioni.
Come esseri con capacità cognitive possiamo aggiungere del nuovo all’evoluzione perché possiamo creare, prima attraverso il pensiero vero e adeguato, poi sviluppando piacere e dispiacere a contatto del bello e del sublime, e poi nel nostro giudizio morale, quando negli ideali procediamo oltre noi stessi. Ciò che l’Io crea nel mondo non perisce. I risultati del pensiero, del giudizio estetico, del giudizio morale li introduciamo oggi nel presente e formano una corrente continua che avanza e non cessa.
E se la Natura ci tenesse in ostaggio, distruggesse ciò che stiamo costruendo, potremmo ogni giorno guardare avanti con gioia e creare di nuovo.
FILOTEO NICOLINI
Immagine. Il mio primo colibrì