Fonte: Il Manifesto
di Gian Giacomo Migone – 16 settembre 2018
#Europa. Venerdì alla festa di Leu un bel dibattito fra Paolo Savona, Antonio Panzeri, Stefano Fassina e Sergio Chiamparino. Serve il massimo di unità per rilanciare una visione continentale
Venerdì sera ho assistito ad un ottimo dibattito a Torino. Paolo Savona ha spiegato in maniera pacata e persuasiva il suo documento in cui propone la creazione di un gruppo di studio per una riforma radicale dell’Unione Europea attraverso una politica di sviluppo, premessa indispensabile per una redistribuzione più equa del reddito. Antonio Panzeri è intervenuto con garbo, sostenendo che un’Europa politica è indispensabile per riequilibrare il trattato di Maastricht che, altrimenti, serve soltanto a rafforzare l’egemonia imperante della finanza. Stefano Fassina ha analizzato con radicalità tutti disagi e le ingiustizie da sovvertire, sposando un’«Europa delle patrie» che metta in soffitta quella di Ventotene, secondo il movimento a cui ha appena dato luogo (“Patria e Costituzione”). Sergio Chiamparino gli ha risposto con un autocritica: il Pd, di cui egli fa parte, ha commesso l’errore di inseguire per anni il liberismo egemone, invitando Fassina a non commettere errore analogo, inseguendo il sovranismo crescente in Italia e altrove. Tutti hanno evitato polemiche politiche contingenti, scegliendo la strada di ragionamenti di lungo respiro. Insomma, aiutami a dir bravi!
Poiché non è stata consentita una partecipazione attiva alla larga ed attenta platea presente – unico neo dei pur meritori organizzatori di LeU – approfitto dell’ospitalità del manifesto per aggiungere due considerazioni suggeritemi dal dibattito e che ritengo essenziali.
La prima. Nella fase attuale le istituzioni democratiche nazionali sono state drasticamente erose, quasi ridotte all’impotenza, non solo da fenomeni oggettivi non arrestabili – quali la rivoluzione tecnologica in atto e le migrazioni – ma dalla precisa volontà di un’esigua e privilegiata minoranza che con un clic possono spostare miliardi, sedi fiscali, luoghi di produzione, flussi commerciali laddove a loro conviene. Con la complicità di classi dirigenti nazionali, pubbliche e private, strutturalmente mediocri perché a loro subordinate, presentandosi come male minore rispetto agli impeti reazionari crescenti (ma pure, in prospettiva, ugualmente a loro subalterni: ciò che sta avvenendo intorno a Trump lo dimostra ampiamente). Stranamente nessuno ha fatto cenno al fatto che proprio nei luoghi che hanno dato origine a questi fenomeni, sono nati i primi antidoti – da tenere sempre presenti perché costituiscono una speranza per tutte le sinistre democratiche – nella forma dell’azione politica di Jeremy Corbyn e di Bernie Sanders, grazie a milioni di giovani che seguono il loro esempio. In queste condizioni, Savona – in quanto ministro – può fare poco o nulla, salvo correggere l’immagine che gli stata cucita addosso da media pure asserviti. Da parte sua Fassina, al di là della buona fede da cui è palesemente animato, ha imboccato una strada che lo porta a diventare amico del giaguaro, come ha già accennato Luciana Castellina da queste colonne.
La seconda (considerazione). In un mondo avviato verso un multipolarismo rischioso e violento, perché non governato, oltre cinquecento milioni di europei sono privi di voce a livello globale ove si giocano le partite più grosse (eguaglianza, clima, democrazia, libertà). La stessa Angela Merkel ha osservato che a questo livello la stessa Germania conta poco (e laddove ha contato, aggiungo io, ha commesso un delitto della dimensione della Grecia, tanto per fare un esempio).
Poiché l’Europa, come qualcuno dei partecipanti ha osservato, comunque costituisce uno dei pochi luoghi in cui qualcosa di democrazia e di solidarietà sociale resta, è interesse del popolo europeo, oltre che sacrosanto dovere nei confronti di tutti i sofferenti del mondo («la tua patria è il mondo intero»), dotarsi del massimo di unità, in tempi più rapidi possibili. Che oggi, purtroppo, appaiono molti lunghi, anche se – come afferma il grande storico statunitense Eric Foner – esistono le sorprese della storia. Altrimenti resterà preda divisa, non tanto dei sovranismi, quanto da interessi finanziari già unificati, dalle rivalità militari contrapposte tra Stati Uniti e Russia, dalla meno visibile ma più pregnante presenza dell’unico paese al mondo in cui poteri istituzionali e finanziari, almeno per ora, coincidono perfettamente (la Cina).
Ho più nostalgia del futuro che del passato (cfr. Vittorio Foa), con un’eccezione: i tempi in cui il segretario di sezione del Pci, o di qualsiasi formazione di sinistra, piuttosto che l’animatore di qualche associazione cattolica, introducevano il dibattito presentando la loro pur opinabile visione del mondo, prima di proporre il volantino che rivendicava l’istallazione della mitica fontanella di quartiere.