Libera intervista degli alunni del Liceo Ginnasio Statale di Napoli a Vincenzo Musacchio, giurista, docente di diritto penale in varie università italiane e da ultimo presso l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma. E’ direttore della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise e presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise.
Professore il tema del femminicidio in Italia ha la dovuta attenzione secondo lei?
Il nostro Paese ha iniziato l’anno con nove vittime di femminicidio, a oggi sono circa sessanta, nonostante i progressi compiuti con le nuove leggi e le tante manifestazioni di massa contro la violenza di genere. Questa situazione a mio giudizio richiede la necessità di approfondire meglio le cause di questo fenomeno aberrante. Personalmente esprimo grande preoccupazione l’aumento della violenza contro le donne nonostante le innumerevoli attività anti femminicidio. Noto negli ultimi anni un forte deterioramento dei valori e mancanza di rispetto per l’integrità delle donne, per i loro corpi, per quello che rappresentano nella nostra società.
A suo avviso, l’Italia è affetta da una violenza specifica contro le donne?
Ultimamente si sono trasformare le relazioni tra donne e uomini in semplici lotte di potere, piuttosto che relazioni basate sull’affetto e sul rispetto. Vige l’assioma: se non fai ciò che voglio, ne pagherai le conseguenze. Questo è inammissibile in un Paese che dovrebbe definirsi civile e progredito. Questa involuzione accade nonostante l’esistenza di leggi sulla prevenzione e la punibilità della violenza di genere a livello nazionale. Occorrerà quindi lavorare molto sull’educazione dei bambini e la loro socializzazione.
Come si può porre rimedio a questo stillicidio di vite umane?
Come ho più volte affermato un ruolo di primo piano possono svolgerlo l’istruzione, il lavoro, le famiglie e le opportunità nella vita. L’educazione alla sessualità o alle questioni di genere nelle scuole diventa oggi una necessità improcrastinabile. E’ importante creare una dimensione educativa in cui ragazze e ragazzi ricevono a scuola e in famiglia nozioni di rispetto delle relazioni di genere, che comprendono diversi orientamenti sessuali e dialoghino per risolvere i problemi. Quando cresceranno, i nostri giovani dovranno aver assorbito una forma di vita sociale che non si basa su lotte di potere ma sui sentimenti e sulla ragione.
Noi come possiamo essere d’aiuto?
Tanto per cominciare, e non lo dico per nulla in tono polemico, è necessario per i media ridefinire le loro politiche d’informazione a proposito della violenza di genere. L’entità del problema che affrontiamo colpisce sia le donne sia gli uomini e spetta ai media assumersi la responsabilità di superare la loro attenzione spesso connessa a ipotesi lucrative e contribuire a una più ampia riflessione nella società. Io credo che le leggi non cambino necessariamente la realtà e che sebbene siano stati compiuti progressi in termini di diritti, non ancora si è riusciti a frenare la violenza contro le donne. Io credo profondamente nella componente culturale. E’ il vero antidoto a questo veleno, altrimenti, questa violenza non si fermerà.
Lei che insegna da anni ai ragazzi cosa suggerisce di fare?
In generale, ma, anche nel caso specifico, provo a far capire loro che i problemi si possono risolvere attraverso le parole, il dialogo e la comprensione e non attraverso la violenza e la prevaricazione. A mia figlia che ha solo nove anni e che mi ha chiesto il significato della parola “femminicidio” le ho spiegato che è una mancanza di rispetto dell’altra persona e della sua dignità che a volte porta a uccidere. Lei mi ha chiesto perché? Perché noi siamo tutti uguali, ma qualcuno pensa di essere superiore all’altro al punto da arrivare a fare del male.
In conclusione ritiene possa porsi freno a questa violenza?
I pilastri della lotta alla violenza di genere sono: l’istruzione, l’educazione e la formazione. Oltre alla protezione delle vittime e alla condanna dei colpevoli, è fondamentale agire sulla prevenzione. E’ necessario un intervento culturale e formativo ad ampio spettro d’azione perché la violenza non è solo frutto di raptus, ma si annida nella cultura maschilista purtroppo ancora esistente. La formazione, non solo dei magistrati e delle forze di polizia ma di tutti quelli che entrano in contatto con le vittime, è uno degli impulsi più appropriati su cui puntare per risolvere il problema della violenza di genere. Occorre una rivoluzione culturale.