Collassa la democrazia, ma Berlusconi, Renzi e Salvini sono salvi!

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lucia Annunziata
Fonte: huffingtonpost
Url fonte: http://www.huffingtonpost.it/lucia-annunziata/collassa-il-sistema-ma-si-salvano-i-suoi-capi_a_23241747/?ncid=fcbklnkithpmg00000001

di Lucia Annunziata – 13 ottobre 2017

Legislatura anomala, votata sotto i colpi di una totale rivolta contro il sistema, tra vaffa lanciati come pietre e rottamazioni imbracciate come clava; continuata nel segno dell’evaporazione delle frontiere (fra idee e partiti) e dell’assottigliarsi delle regole; insomma la XVII legislatura della Repubblica italiana che ha avuto inizio venerdì 15 marzo 2013 è di fatto finita oggi, coerentemente con il suo inizio: con un’ennesima lacerazione.

La legge elettorale è stata approvata alla Camera con ricorso alla fiducia, superando il passaggio più difficile. Il voto è avvenuto alla vigilia del decennale del Pd, festeggiato senza (fra gli altri) Romano Prodi, che è stato presidente del Comitato nazionale per il Partito democratico, e poi presidente dell’Assemblea costituente nazionale del partito.

Divina dissonanza, o meravigliosa coincidenza: in fondo la battaglia intorno e dentro il Pd è stata la storia che ha percorso tutta la legislatura, e il suo cambio di pelle è stato davvero il segnale di un cambiamento dei tempi.

L’approvazione di una legge elettorale in queste circostanze prepara una campagna elettorale avvelenata. Ci sono pochi dubbi infatti che, qualunque sia il giudizio che si vuol dare di questa mossa – e il mio è negativo – il ricorso alla fiducia per l’approvazione delle leggi elettorali è un evento eccezionale, avvenuto solo quattro volte nella storia repubblicana. Due di queste quattro sono avvenute in questa legislatura: un altro indicatore, se ce n’era bisogno, che questa è stata una legislatura fra le più instabili.

È in questa identità malata del Parlamento, nell’estrema crisi di questa istituzione, che va cercata oggi l’origine e la ragione del passo finale di queste ore.

Intanto, dal 2013, abbiamo contato tre premier non eletti: Letta, Renzi , Gentiloni – più Bersani che ha vinto il voto ma non ha avuto incarico.

Uno scollamento fra voto e rappresentanza potremmo dire di tripla potenza. Distanza poi riflessa dal collasso anche della stabilità parlamentare, a causa di un numero di cambi di casacca senza precedenti. Al Senato i cambi sono arrivati a 231, portati a termine da 136 senatori – cioè il 42,50% dell’Aula. Alla Camera i cambi di gruppo a oggi sono 297, e hanno coinvolto 203 deputati, cioè il 32,22%. I due rami hanno totalizzato 528 cambi di gruppo da inizio legislatura, con 339 parlamentari transfughi: il 35,68% del totale. Un continuo tremore di poltrone, anticipazione e segno a sua volta di un cambio di identità dei partiti stessi.

Le entrate e uscite dalle varie case politiche raccontano infatti molto bene il cambiamento di pelle dei partiti.

Alla Camera, i gruppi che registrano un saldo ingressi-uscite positivo sono il Misto (+20) con 85 parlamentari “conquistati” e 65 “persi” e Alternativa popolare (+27) con 38 nuovi ingressi e 11 uscite. Record negativo a Forza Italia (-46) con 52 perdite contro 6 ingressi. Non va meglio neppure per M5S e Pd, che perdono rispettivamente 21 e 33 deputati. Stessi trend al Senato, dove è FI a perdere più senatori (53) ed è il gruppo Misto a guadagnarne di più (46). E tuttavia questi stessi trend sono suscettibili a ulteriori cambiamenti: si segnala infatti in corso una nuova tendenza al ritorno verso Forza Italia, ora che il partito è tornato un player nazionale.

Non sorprende che per governare una tale confusa identità collettiva, la fiducia sia stata usata in maniera muscolare: 98 volte dai 3 governi.

Invocata per ben il 51% delle leggi dal governo Gentiloni: incluso il voto per il Rosatellum, vi ha fatto ricorso 22 volte. Il precedente esecutivo Renzi ha usato 66 voti di fiducia, cioè per il 26% delle leggi approvate. Letta ha usato la fiducia 10 volte, per il 27% delle leggi passate.

Tutti questi numeri portano a una conclusione ovvia: la fiducia sulla legge elettorale che chiude la porta su questa legislatura è una scelta che è quasi un’abitudine. Frutto degli sconquassi, e delle forzature, degli assalti e della delegittimazione del Parlamento. È una scelta che svela la fragilità che ha percorso l’intero assetto di questo ultimo quinquennio politico – una storia di questo periodo molto diversa dalle retoriche ufficiali.

Ma non solo di questo si tratta. La fretta di approvare la legge nasce da una fragilità ma ha uno scopo chiaro: aggirare questa incertezza per affermare un meccanismo di autodifesa degli assetti di sistema.

Il Rosatellum infatti conferma la solita dote che tutte le ultime leggi elettorali hanno conferito ai leader politici: quella di designare, attraverso i nominati, un nuovo Parlamento a propria immagine e somiglianza. In altre parole, grazie alla fiducia, in fretta e in sicurezza, si sono garantiti la sopravvivenza Renzi, Salvini, Berlusconi, Verdini, Alfano – mentre al macero andranno tutti gli altri.

In sintesi, alla sua fine, la legislatura XVII può dire di aver ottenuto il collasso del sistema – ma non dei capi di questo sistema stesso, che, con una discutibile manovra istituzionale sono riusciti a mandare all’ammasso tutti, eccetto sé stessi.

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