Ciucci, l’ultimo boiardo di Stato, una carriera nelle autostrade

per Gabriella
Autore originale del testo: Sergio Rizzo
Fonte: il corriere della sera
Url fonte: http://www.corriere.it/economia/15_aprile_13/ciucci-l-ultimo-boiardo-stato-carriera-autostrade-3f67ebf0-e1f0-11e4-b4cd-295084952869.shtml

di Sergio Rizzo 13 aprile 2015

Dall’Iri all’Alitalia, agli aeroporti. Berlusconi lo volle a capo della società che avrebbe dovuto realizzare il Ponte sullo Stretto, Prodi alla guida dell’Anas

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 Pietro Ciucci si può definire l’ultimo dei boiardi di Stato: lui non si offenderà. A 19 anni è ancora un ragazzino, ma è già nella società Autostrade. Dove pian piano scala tutti i gradini fino a raggiungere quello di condirettore generale. Ma il grande salto è quando Romano Prodi, nel 1987, gli spalanca la stanza dei bottoni: la direzione finanza dell’Iri. Della quale prende il timone nel 1993.

«È parente di Antonio Maccanico», sussurrano i maligni facendo notare che la moglie del potentissimo ex segretario generale risponde al nome di Marina Ciucci. Ma il giovane dirigente dell’Iri è abile e sveglio come pochi e non gli è precluso alcun incarico. La presidenza di Cofiri, i consigli di Alitalia, Rai, Stet, Finmeccanica, Comit, Credit, Banca di Roma. Sme, Autostrade, Aeroporti di Roma… Finché nel 2002 Silvio Berlusconi non lo vuole al vertice della Stretto di Messina, la società controllata dall’Anas che dovrebbe realizzare il ponte fra Scilla e Cariddi. Un progetto che l’esecutivo di Romano Prodi stoppa subito quando arriva, nel 2006: ma subito mette Ciucci, che ne era l’autore, a capo dell’Anas. Berlusconi redivivo lo conferma nel 2009 e due anni più tardi lo fa addirittura amministratore unico. Non lo scalfisce il ritorno della sinistra al governo. Nel 2013 Enrico Letta rifà il consiglio di amministrazione e gli affida l’incarico di presidente e amministratore delegato. Ma pochi mesi dopo arriva Renzi e si capisce che la musica è cambiata. Spunta la regola che dopo tre mandati si va a casa. A voler essere pignoli, per Ciucci che è rimasto anche al vertice della Stretto di Messina ininterrottamente per undici anni, sarebbe addirittura il quarto. Ma è stato appena nominato da Letta. E il nuovo governo, che dice di voler cambiare tutto, decide invece di lasciare all’Anas tutto com’è.

A quasi 63 anni Ciucci sta andando in pensione, ed è chiaro che alla conclusione del suo mandato, nella primavera del 2016, non potrà restare un altro giro. I giornali raccontano che è il solo manager pubblico, insieme all’amministratore di Invitalia Domenico Arcuri, a vedersi tagliare lo stipendio, ridotto ai 300 mila euro annui fissato dal governo. Tutti gli altri sono stati più furbi, e sono riusciti ad aggirare l’ostacolo. Il Movimento 5 stelle non rinuncia però a infilzarlo con una interrogazione a proposito di una buonuscita da 1,8 milioni che l’amministratore delegato Pietro Ciucci avrebbe concesso nell’estate del 2013 al direttore generale Pietro Ciucci per la «risoluzione consensuale del rapporto di lavoro» dipendente. Granitico, il presidente dell’Anas non fa una piega. Il presagio che la sua epoca sta per chiudersi, e stavolta in anticipo, arriva con le dimissioni della rappresentante del Tesoro nel consiglio di amministrazione, Maria Cannata. E poi con quelle dell’esponente del ministero delle Infrastrutture, Sergio Dondolini. Nel consiglio resta solo lui. «Non farò le barricate», proclama. È il 25 marzo: oggi fa sapere che quel giorno aveva già preso la decisione di andarsene.

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