di Alfredo Morganti – 10 gennaio 2017
La mia domanda è, senza fronzoli: ma perché Matteo Renzi non molla il PD? E lo restituisce, per quanto molto ammaccato, a chi lo aveva prima che lui occupasse le stanze del Nazareno e di Palazzo Chigi?
Lo dico papale papale, tanto per capirci subito, e in tono tutt’altro che provocatorio. D’altronde, di questo partito non ha mai saputo bene che farci, diciamolo. Lo ha disprezzato da sempre: non andava nemmeno alla riunioni di Direzione quando lui era solo un outsider di provincia. Dopo di che ha portato al voto alle primarie anche i passanti, gli ignari, quelli che volevano vedere solo l’effetto che fa, per non parlare di quelli che votavano con la scarpa destra in mano. Il PD gli è servito per carpire la buona fede di molti elettori e militanti (pardon, oggi si dice volontari) che da una vita votano ‘il partito’ comunque sia e comunque vada.
Nel frattempo, gli iscritti sono calati considerevolmente, il ‘marchio’ oggi non vale quasi più niente. L’idea che ho in testa è quella della carta velina o peggio di un partito di notabili in periferia e di comunicatori al centro, più i soliti fedelissimi e poc’altro ancora. L’infaticabile Meli ci racconta che Renzi è ormai pronto allo scouting (io direi al ‘casting’) mediante cui reperire nuovi dirigenti piddini di stretta osservanza (e di grandi, immagino, ambizioni personali) a cui affidare un kit personale. D’altronde, pochi mesi fa durante la pessima campagna elettorale referendaria, aveva già fatto intendere che avrebbe pescato una nuova generazione di democratici nei Comitati per il Sì al referendum. Bella roba dopo la scoppola rimediata!
Se proprio dovessi indicare cosa ‘rottamare’ (parola che odio e che uso qui paradossalmente), non avrei dubbi a proposito: dovrebbe essere rottamato questo partito democratico, senza se e senza ma, e pure senza rimpianti. Per ricostruirlo, magari, o rifare un partito daccapo, e di buzzo buono. Ed è per questo che torno alla esortazione iniziale: Matteo, molla l’osso. Certo, è un osso ormai rosicchiato, senza più nulla attorno. Un’agenzia di comunicazione senza più una cultura politica. Un aggregato di potentati e principati raccolti attorno a capi e capetti. Un contenitore in cui la sinistra interna è penalizzata. Però, il solo fatto che Renzi possa mollare la presa del Nazareno sarebbe già un segnale di speranza, un’opportunità, l’idea che non si siano preso tutto, e che almeno una spoglia pur moribonda l’abbiano mollata. Fateci caso, questo suo parziale ritiro dalla scena pubblica ha già liberato l’aria da annunci, invettive, presenze asfissianti, proclami, chiacchiere su chiacchiere che ammorbavano i media e assordavano. Sembra di essere in una specie di domenica ecologica, che magari non risolve il problema, ma almeno ci fa fare una passeggiata in centro senza essere assediati dalle molestie automobilistiche.
È bastato, insomma, un Gentiloni a ripristinare livelli di decibel accettabili, ad allentare lo stress continuo e i continui inviti a fare, a correre, ad affrettarsi – l’iperattivismo e poi le accuse di gufismo ai critici, le polemiche non sai mai se pretestuose o fondate, i messaggi che non sai mai se debbano solo distrarre oppure vadano ascoltati con attenzione. Ecco, a me non sembra vero che posso accendere la TV senza doverla spegnere subito dopo per l’inflazione di facce, faccette e comizi del Capo. Non pare vero che l’urlatore sia in congedo e il dibattito pubblico abbia ripreso un pochino vigore. Anche qualcuno del suo cerchio starà rifiatando, ne sono sicuro. Oggi Fubini, sul Corriere, scrive una cosa che (condivisibile o meno) da un’idea dell’ubriacatura triennale da cui siamo appena usciti: “Da quando è a Palazzo Chigi, Paolo Gentiloni non ha mai alzato la voce eppure ha preso decisioni per le quali a Matteo Renzi era mancato il coraggio necessario”. E lo ha fatto “senza plateali polemiche”. Ecco.
1 commento
Sono i media che lo sostengono, per gli Italiani e meglio che faccia il mestiere per cui è portato, ossia il venditore di pentole!!