Che accade al governo Draghi? Ricordate la defenestrazione di Conte, allo scopo di gestire i miliardi del PNRR

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Che accade al governo Draghi? Ricordate la defenestrazione di Conte, allo scopo di gestire i miliardi del PNRR….
Se io avessi previsto tutto questo
Quando, tra Natale e Capodanno 2021, si orchestrò la defenestrazione di Conte, affinché la classe dirigente potesse gestire in prima persona i miliardi del PNRR, molti pensarono che la cosa sarebbe finita lì. Che il golpe bianco non avrebbe prodotto prima o poi uno sconquasso, magari in tempi ancora di crisi nera come questi. Molti! E invece c’era da aspettarselo. Non tanto per Conte, che si dimostrò un signore allora e che sino all’ultimo ha mediato le spinte opposte che si manifestavano nei 5stelle. Quanto perché imprimere quella sciocca torsione al quadro politico e istituzionale senza che ve ne fosse alcuna necessità effettiva, ma solo per amore di potere e per la fame di risorse pubbliche UE (tante), era come evocare un futuro karma, un karma quasi matematico, che poi si è puntualmente dispiegato.
Quella volta si strattonò la forza più rappresentativa del parlamento, si defenestrò l’uomo della crisi pandemica e dei fondi PNRR, si mancò di rispetto al voto, ingenerando una maggioranza di potere senza arte né parte, di parvenu, di abbronzati; si diede un altro calcio alla politica intesa come mediazione, rappresentanza e partecipazione, per gettarsi nell’avventura, l’ennesima, del tecnico solo al comando, dell’uomo dell’agenda, dello scienziato migliore di tutti, mentre la classe dirigente e le imprese sbavavano dinanzi ai miliardi dell’UE (“li possiamo lasciare ai pezzenti?”). Siete stati così sciocchi da umiliare un uomo, una forza politica, un elettorato intero, una democrazia parlamentare, e oggi vi scandalizzate e vi stracciate le vesti che quel golpe abbia, infine, prodotto una marea, anzi un maremoto di difficile contenimento politico-istituzionale?
Vi dico la verità. Per la prima volta non temo la crisi (tanto l’inflazione, la guerra, il carovita, la siccità, la pandemia, le disuguaglianze sono già qui e peggio di così non si può), non temo le destre (che sono pezzi di establishment anch’esse), non temo che qualcuno ci smantelli la democrazia (che è già bella che smantellata) né che cresca la povertà (cresciuta moltissimo già col Migliore e ancor prima), neppure temo la morale di chi dice: ma così si è dato spazio alle destre (che poi sono gli stessi che insultano Renzi, ma poi lo invitano a fare il campo largo). Non temo nulla, temo solo per i miei figli, a cui ho comunque spiegato che non sarà nemmeno la sinistra a salvarli, ridotta al lumicino e per di più ossequiante e ancillare verso chi comanda davvero. Dunque, resto qui alla finestra, preoccupato dalla guerra, dall’incapacità dell’Europa e dell’Occidente ad affrontarla, dalla sofferenza, dalla morte e dalla paura che circola mentre la prima preoccupazione anche di chi grida ai diritti dell’aggredito è oggi quella di organizzare le sue vacanze, e chissenefrega dei costi altissimi. Abbiamo diritto a divertirci.
Vorrei essere il cinese che aspetta paziente sulla riva del fiume. Ma, purtroppo, la siccità sta prosciugando anche il fiume e c’è poco da aspettare. Speriamo in un miracolo oppure in qualcuno che tiri fuori il coniglio dal cilindro. Una botta di culo, insomma. Eppure a sinistra ci sono anche belle teste, tanta saggezza, tanta onestà intellettuale oltre che tanta passione politica. Possibile che si sia deciso di ammassarla in un angolo, impegnati soprattutto nella ricerca di una sopravvivenza purchessia? È un momentaccio per tutti, evidentemente. La crisi è anche la nostra crisi. Non siamo esenti da cazzate. E forse è solo colpa del caldo, mettiamola così. O del disincanto. O della paura. O dell’insipienza. O del fatto che non ci stiamo davvero capendo niente. Chissà chi lo sa.
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